Chi sono le pescatrici che da decenni solcano i mari spagnoli e italiani? Quanti stereotipi sociali abbattono e verso verso quali futuri navigano insieme a noi? Con Il sale di Penelope, il reportage in forma di podcast selezionato a Festivaletteratura 2021 dalle giurie dei pitching di Meglio di un romanzo per essere sviluppato a puntate sul sito del Festival e su Q Code Magazine, le autrici Ilaria Potenza e Paula Blanco ci guidano attraverso il Mediterraneo alla scoperta delle loro voci. Dopo la testimonianza della redeira galiziana María Ángeles, protagonista della prima puntata, oggi approdiamo a Ganzirri, un borgo marinaro a pochi chilometri da Messina, per ascoltare la storia di Giusi Donato e della sua famiglia, legata a doppio filo al destino della pesca.
DONNE DI MARE: UN MESTIERE NATO DAL MITO
di Ilaria Potenza e Paula Blanco
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Proprio come raccontava María Ángeles, la redeira galiziana che abbiamo incontrato nella prima puntata del Sale di Penelope, anche la storia di Giusy è legata a quella del nonno, uno storico pescatore di Ganzirri. Stavolta siamo in Italia, in Sicilia, in un villaggio dove la pesca definisce il ritmo della vita dei suoi abitanti. A circa tredici chilometri dalla città di Messina si trova uno dei borghi marinari più famosi per i suoi vicoli caratteristici e le costruzioni basse. La città di Messina è tradizionalmente legata al mito di Nettuno, dio del mare e protettore della città, nonché colui che divise la Sicilia dal resto della penisola italiana con un colpo di tridente. A Ganzirri sarebbe esistito un tempio dedicato proprio a Nettuno, situato sul lago Margi. Dopotutto al mare bisogna votarsi come fosse un dio, accoglierlo con timore e permettergli di cambiare la propria vita.
Giusy Donato ha 35 anni e condivide il mestiere di pescatrice con sua sorella Antonella, che di anni ne ha 38. Ci dicono che sono le uniche due pescatrici in Sicilia, ma non ne fanno un discorso di vanità: il loro è piuttosto un racconto appassionato che sa di onde e di vento, della fatica dell’alba, di studio e ritorno alle origini. Giusy è laureata in lingue, Antonella dopo Scienze politiche pensava invece a una vita lontana dal borgo. Poi ha vinto il mare, un destino di famiglia. Oggi Giusy e Antonella sono “I Mancuso”, dal cognome di nonno Marco, una cooperativa di pesca turismo che nel tempo è diventata anche un punto di riferimento per la promozione di Ganzirri.
La flotta peschereccia siciliana conta più di tremila imbarcazioni e rappresenta di gran lunga la flotta regionale più grande d’Italia. Il suo primato viene anche confermato dai numeri in termini di occupazione: il settore della pesca offre lavoro a quasi ventimila persone, che si dividono principalmente tra le attività sui velieri, quelle di trasformazione, di vendita e dei servizi portuali. Nonostante oggi siano poche le donne pescatrici in Sicilia, Giusy ci fa notare che nella sua regione è in realtà molto forte la tradizione marinara femminile. Si pensi alle pescatrici delle Isole Eolie: sono esistite per davvero, eppure nel tempo hanno acquisito una specie di aura leggendaria. A parlarne è Macrina Marilena Maffei, un’antropologa e studiosa di cultura marinara che approfondisce il patrimonio narrativo dell’arcipelago eoliano all’interno del suo volume Donne di mare edito Pungitopo. Diffondere la storia delle pescatrici eoliane risulta allora essenziale perché se da una parte gli studiosi locali ne ignorano l’esistenza, dall’altra i pescatori non vogliono parlarne poiché per loro la figura della pescatrice sembra rappresentare l’emblema della miseria di una comunità e di un’epoca. Discuterne aiuta inoltre a tramandare voci e tecniche di lavoro, dal momento che la pesca è un settore che include ancora poche giovani donne.
Intervenire sulle nuove generazioni risulta allora importante per dare una prospettiva a questa professione. E buone notizie in tal senso arrivano dal Veneto, dove è possibile frequentare la prima scuola di pesca italiana. La presenta Chiara Bortolas, presidente regionale delle imprenditrici di Coldiretti, che definisce chi fa questo mestiere, tra le altre cose, un custode dell’ambiente perché riconosce le sue trasformazioni legate all’inquinamento e al cambiamento climatico. Chiara Bortolas si aspetta però che le stesse attenzioni siano ora riservate anche alle condizioni di lavoro delle pescatrici, soprattutto se si considera questa professione come un’opportunità per i più giovani.