Anarchica, moglie di Pino Pinelli, il ferroviere anarchico ucciso la notte del 15 dicembre dopo il ‘misterioso’ volo dalla finestra della questura di Milano, non ha mai smesso di cercare verità e giustizia
Licia Rognini, vedova Pinelli è morta oggi, 11 novembre. Era nata il 5 gennaio del 1928, a Senigallia. La sua vita ve la racconta una delle figlie, Claudia, che l’ha scritta in maniera mirabile in un ritratto sul portale enciclopediadelledonne.it. e che riportiamo oltre.
A noi di Q Code e a chi scrive, restano parole dense di significato e di forza. Coraggio, è la prima, tenacia e testardaggine, sono le altre due, ma la più grande è Verità, quella che ha sempre chiesto, oltre alla giustizia, rispetto all’assassinio dell’anarchico Giuseppe Pinelli, marito e padre delle figlie Silvia e Claudia.
La storia di Licia e di Pino Pinelli è quella drammatica e sempre sconvolgente dei giorni di Piazza Fontana. Il 12 dicembre esplode la bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, a Milano, la pista anarchica è immediata – e fasulla -. Intanto i responsabili, ordinovisti, destra eversiva, agenti della Strategia della tensione che innerva i servizi segreti dello Stato, spariscono o costruiscono depistaggi. Quella sera stessa Pino Pinelli viene raggiunto e invitato dal commissario Luigi Calabresi a seguirlo in motorino in Questura. Ci va. Ci entra vivo e ne esce morto dopo il volo da una finestra della stanza degli interrogatori dopo troppe ore, scaduti anche i termini legali Era la notte del 15 dicembre, pochi minuti dopo la mezzanotte. Suicidio, malore attivo; la memoria di Pino Pinelli fu infangata, la verità sfregiata. I resoconti di Camilla Cederna nel suo libro Pinelli sono incredibili da rileggere.
Dario Fo girerà l’Italia e i tribunali con Morte accidentale di un anarchico.
Licia Pinelli ci verrà raccontata in un libro in particolare, quello che scrisse Piero Scaramucci – indimenticabile direttore di Radio popolare e a quei tempi cronista di controinformazione.
“Nel 1982 Licia sente il bisogno di raccontare quanto ha vissuto, di lasciare traccia di questo percorso. In un lungo dialogo intervista con Piero Scaramucci nasce il libro Una storia quasi soltanto mia. Il libro verrà ristampato nel 2009 da Feltrinelli”, scrive la figlia Claudia.
Nel frontespizio del racconto che la figlia fa della madre viene proprio riportata una frase di come Licia Pinelli affrontò quella intervista, che aveva chiesto. Licia Pinelli dice a Piero Scaramucci: Per darti una idea visiva. Io sono qui che sto parlando con te, sono abbastanza tranquilla. E dentro di me c’è qualche cosa, come un’altra persona che volta la faccia dall’altra parte e non ti guarda neppure.
Leggetelo è doveroso; una famiglia come tante altre viene distrutta e che assurge a simbolo, ma con una moglie, vedova e madre che in quegli anni esprime forza, consapevolezza e capace di crescere la famiglia con una capacità di lavoro impressionante. Contro ha una parte corrotta dello Stato.
Una storia quasi soltanto mia. Un titolo geniale. Una pagina di vita quotidiana la rubiamo perché spiega più di tante parole
E quindi torniamo alla vita di Licia Rognini Pinelli. Scrive la figlia Claudia:
“La storia di Licia comincia a Senigallia, una cittadina di mare, nelle Marche: nasce di sette mesi, ed è la prima prova che deve affrontare e che supera, tenacemente attaccata alla vita.
La sua famiglia si trasferisce a Milano quando Licia ha 18 mesi. Il padre, falegname anarchico, viene assunto alla Pirelli, la madre continua il suo lavoro di sarta a domicilio.
Vivono in una casa di ringhiera in Viale Monza, due locali con il bagno all’esterno, in comune con gli altri inquilini. Una casa che diventerà ancora più piccola con la nascita dei suoi due fratelli, nel ’33 e nel ’36. Bambina, corre per il quartiere con gli amici della ringhiera. Le condizioni economiche della famiglia non le permettono di continuare gli studi che interrompe dopo “l’avviamento” e a 13 anni comincia a lavorare. Le rimarrà un grande amore per i libri e per tutta la vita sarà un’accanita lettrice.
Vive con entusiasmo e speranza la fine del fascismo, e per un periodo si avvicina alla gioventù comunista, ma ha un carattere troppo indipendente e lascia, non adattandosi a seguire regole che sente un po’ troppo strette. È curiosa, in cerca di nuovi modelli ed esperienze e con questo spirito si iscrive a un corso di esperanto, al circolo filologico milanese. Qui conosce quello che diventerà il suo compagno, Giuseppe Pinelli, detto Pino, un giovane anarchico pieno di entusiasmo e ideali. L’esperanto è la lingua universale che li accomuna in un ideale di pace e uguaglianza tra gli uomini. Una lingua che lui già conosce e vorrebbe insegnare e che lei vorrebbe imparare. Siamo negli anni ’50. Entrambi hanno una grande curiosità verso la vita, un grande amore per la lettura; la loro disponibilità verso la gente, verso le idee nuove e le esperienze, li porta in contatto con moltissime persone degli ambienti più diversi. Si sposano nel 1955″.
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Qui vi mettiamo alcuni link, per sentire dalla sua voce il racconto di quella terribile notte che ha sconvolto per sempre una famiglia e la vita di Licia Pinelli
Alle figlie Claudia e Silvia, agli anarchici, a tutti quell* che sono stati vicini personalmente e politicamente a Licia Pinelli e alla sua famiglia va il nostro pensiero riconoscente di Q Code Mag.