La prima associazione italiana di giornalisti investigativi, un centro d’inchiesta sul modello di realtà internazionali, che si autofinanzia per garantire ai suoi lettori qualità e libertà
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/943219_10152746783285324_1168975150_n.jpg[/author_image] [author_info]Cecilia Anesi, IRPI. Giornalista e videomaker, co-fondatrice di un centro di giornalismo d’inchiesta in Italia, l’Investigative Reporting Project Italy (IRPI). Dopo essersi diplomata al Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico a Duino (TS), si è laureata in Giornalismo alla City University di Londra. Ha co-diretto il documentario La Selva di Chiaiano – il parco delle sorprese e Toxic Europe , che ha vinto il Best International Organised Crime Report Award 2011.[/author_info] [/author]
Da quando e’ stato lanciato pochi mesi fa, Investigative Reporting Project Italy (IRPI) ha gia prodotto e collaborato ad una serie di inchieste transnazionali. Dagli sprechi dell’Unione Europea a Gaza, al triplo concentrato di pomodoro cinese venduto come italiano in Inghilterra, al racconto della “fabbrica dell’olio d’oliva extravergine”, ai paradisi fiscali e gli sfrenati acquisti di mobili di design italiano effettuati con soldi pubblici dal Vice Presidente argentino Boudou.
Molti i progetti “in the making”, e altrettante le idee per il futuro. Si lavora a nuove inchieste in piu’ campi e anche a veri e propri ‘piani’, come quello sulla trasparenza della spesa pubblica che IRPI sta portando avanti in collaborazione con Open Knowledge Foundation.
Ma cos’è IRPI? È un’associazione di giornalisti investigativi, la prima del suo genere in Italia, che punta a diventare un vero e proprio ‘centro per il giornalismo d’inchiesta’ sul modello di molti altri gia esistenti nel resto del mondo (ICIJ, OCCRP etc).
L’obiettivo e’ quello di indagare traffici illeciti di ogni sorta, scelte politiche o imprenditoriali sospette, guardando con occhio attento agli sprechi nella spesa pubblica, perché sia corretta e depurata dalle clientele politiche e dai nepotismi; IRPI denuncerà affari e interessi della criminalità organizzata, spesso legata a doppio filo con la politica; denuncerà altresì la devastazione ambientale e le conseguenze di politiche aziendali che privilegiano il profitto allo sviluppo sostenibile.
IRPI crede che il giornalismo debba essere il cane da guardia della democrazia, un ‘watchdog’, secondo lo spirito che anima la miglior stampa anglosassone. Per questo, IRPI lavorerà sia con giornalisti italiani sia stranieri, in collaborazione con altre organizzazioni estere di giornalismo investigativo.
Nelle inchieste sul crimine transnazionale, di stampo mafioso o meno, ci avvarremo di contributi cross-border con giornalisti di tutto il mondo, dimostrando che anche la società civile può impugnare lo strumento dell’interconnessione globale.
Investigative Reporting Project Italy (IRPI) è un progetto nato grazie all’incontro fortuito dei suoi futuri fondatori a Kiev, nell’ottobre 2011 nel corso della settima edizione della Global Investigative Journalism Conference (GIJC). Al loro ritorno in Italia otto giornalisti, Guia Baggi, Leo Sisti, Cecilia Anesi, Giulio Rubino, Lorenzo Borero, Cecilia Ferrara, Guido Romeo e Alessia Cerantola, si sono posti un interrogativo: perché non esportare anche da noi quel tipo di giornalismo di cui si era discusso in Ucraina davanti a 500 giornalisti di tutto il mondo? Sono seguiti mesi di grande fervore, piani elaborati, scambi di idee con famosi colleghi americani ed europei, subito scelti come nostri advisor, consulenti. Poi, la partenza. E’ stata così costituita un’associazione non profit, IRPI, appunto, la prima di questo genere in Italia, che si dedicherà al giornalismo d’inchiesta. Oggi IRPI conta tra le sue fila anche Mara Monti, Lorenzo Bagnoli, Gianluca Martelliano e Antonella Beccaria e molti altri collaboratori da tutto il mondo.
IRPI finanzierà le sue inchieste in modo innovativo, presentando progetti a ‘charities’, cioè a enti benefici, e a primarie fondazioni internazionali, europee o americane, che hanno a cuore il futuro del giornalismo investigativo e nei loro statuti prevedano di sostenerlo. Punteremo su progetti spesso in competizione con quelli di altre organizzazioni giornalistiche, convinti, come siamo, che solo la concorrenza aiuta a crescere, senza scorciatoie ‘all’italiana’, senza ‘apparentamenti’ politici che aborriamo.
Le sovvenzioni, così ottenute, serviranno a coprire i costi delle ricerche e consentiranno di vendere a giornali italiani o internazionali i servizi di IRPI. Siamo anche disposti, come avviene soprattutto nel giornalismo inglese e americano, a ‘co-produrre’ inchieste con singole testate, sia italiane sia internazionali. Prevediamo anche forme di ‘crowd-funding’, un moderno sistema di finanziamento che ‘parte dal basso’.
Con un mix equilibrato di datajournalism (due dei lavori di IRPI sono stati candidati al Data Journalism Award 2012) e ricerca sul campo, le inchieste di IRPI puntano a scavare in profondità per poi, in modo semplice e chiaro, presentare ad un pubblico internazionale i risultati.
IRPI crede che l’inchiesta necessiti di nuovi formati cross-media di presentazione, per rendere cosi anche casi complessi fruibili alla maggior parte delle persone. Per questo, si punta dove possibile a creare dei format innovativi di presentazione delle inchieste, ritagliando uno spazio alternativo di pubblicazione, essendo – lo spazio, oltre al compenso – un qualcosa sempre piu difficile da ottenere dai media mainstream.