Mãe Africa

[author] [author_image timthumb=’on’]https://fbcdn-sphotos-e-a.akamaihd.net/hphotos-ak-prn1/30586_117755678246365_6400426_n.jpg[/author_image] [author_info]Alfredo Somoza è presidente di Icei, direttore di dialoghi.info e collaboratore per Esteri, Radio popolare. www.alfredosomoza.com[/author_info] [/author]

Il giorno del 50° anniversario della fondazione dell’OUA, l’Organizzazione per l’Unità dell’Africa, a Addis Abeba la presidente brasiliana Dilma Roussef ha fatto un annuncio storico, passato però quasi inosservato: Brasilia ha deciso di cancellare 840 milioni di dollari USA di crediti nei confronti di 12 Paesi africani.

I maggiori beneficiari saranno la Repubblica Democratica del Congo, il cui debito verso il Brasile ammonta a 353 milioni, e la Tanzania, con debiti per 237 milioni. Piccole cifre nel balletto della finanza internazionale, ma significative sia per i Paesi “condonati” sia per il Paese che ha compiuto questo gesto.

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Il Brasile è il Paese americano che si sente più vicino ai destini dell’Africa in virtù del comune passato coloniale, durante il quale dal Continente Nero furono sbarcati nei suoi porti circa 8 milioni di schiavi da sfruttare nelle piantagioni di cacao e canna da zucchero. La popolazione afrobrasiliana, che conta oggi decine di milioni di persone, ha segnato in modo indelebile la storia, la cultura, la musica, lo sport brasiliani. I primi passi diplomatici del Brasile nei confronti dell’Africa risalgono agli anni Novanta del secolo scorso, epoca in cui sfumava la storica presenza portoghese. I Paesi lusofoni – Mozambico, Capo Verde, São Tomé e soprattutto l’Angola petrolifera – sono stati i primi con i quali Brasilia ha stretto rapporti commerciali e di cooperazione.

[blockquote align=”right”]Diventato nel frattempo la settima potenza economica mondiale, il Brasile compie dunque il grande gesto della cancellazione del debito a vantaggio di una serie di Stati africani. [/blockquote]Negli ultimi dieci anni l’avanzata brasiliana in Africa, continente nel quale la Cina già stava scalzando le storiche presenze britanniche e francesi, si è fatta inarrestabile. Sono state aperte venti nuove ambasciate che hanno portato il numero complessivo a 37, record per un Paese latinoamericano. A rendere evidente il notevole interesse politico di Brasilia sono stati i viaggi a suo tempo compiuti dal presidente Lula, che hanno dato un contributo fondamentale al balzo quantitativo degli scambi commerciali, passati dai 5 miliardi di dollari USA del 2000 agli attuali 26 miliardi. Il Brasile ha investito in modo consistente nel campo dell’energia e dell’agricoltura, nel quadro di uno sforzo strategico mirato a diversificare il suo commercio estero, sempre più orientato sull’asse Sud-Sud. Diventato nel frattempo la settima potenza economica mondiale, il Brasile compie dunque il grande gesto della cancellazione del debito a vantaggio di una serie di Stati africani. Una decisione che pochi altri Paesi hanno finora preso e che, anche per questo, presenta più vantaggi che svantaggi: qualifica infatti la potenza sudamericana come “amica” dell’Africa perché ha una storia che la lega al Continente nero e perché anch’essa è stata colonia portoghese. Una retorica che unisce elementi di verità a strategie di marketing, ma che in ogni caso “paga”, in un momento in cui l’Africa è in cerca di autonomia dopo la dissoluzione degli equilibri post-coloniali.

 

Parallelamente al Brasile, anche la Cina sta adottando con successo questa strategia. Cina e Brasile, due Paesi BRICS  che in questi mesi vedono rallentare i rispettivi tassi di crescita, ma che sul lungo termine considerano vincente investire in Africa. Questo perché immaginano che, prima o poi, il grande continente dimenticato non sarà più solo un serbatoio di materie prime ma anche un mercato di consumatori di beni e servizi. Beni e servizi che già la Cina sta vendendo con successo, ma che anche un Paese come il Brasile è in grado di offrire. Nello scenario di crisi prolungata dei mercati consumatori “ricchi”, l’Africa diventa una frontiera dell’economia del futuro. È la prima volta che per l’Africa si registra un interesse di questo tipo. Non è detto che questa sia la volta buona per una svolta definitiva, ma sicuramente è una grande novità.



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