Un percorso di vita, approdato a Torino, dall’Iran. Per diventare scrittore. Hamid Ziarati commenta il momento che sta vivendo il suo Paese: le elezioni presidenziali.
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/Schermata-2013-06-14-alle-09.27.47.png[/author_image] [author_info]di Alessandro Rocca. Nato a Torino, giornalista pubblicista, fotografo freelance, regista e autore di documentari. Ha scritto, diretto e sceneggiato il film-documentario “La lista del console”, Media UE – Excellent Award Indie Film Festival 2012. Ha collaborato alla realizzazione della trasmissione tv di Rai 3 “Radici” – Viaggio alle origini delle migrazioni” e alla realizzazione di oltre 60 documentari e reportages in più di 50 paesi del mondo per trasmissioni tv tra cui: Il Pianeta delle meraviglie, Timbuctù, Geo&Geo, Alle falde del kilimangiaro. Ha realizzato reportages ed inchieste per Effetto reale (La7). Finalista al Premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi nella sezione produzione nel 2004 con il documentario “Nos existimos”, sulla condizione degli indios e dei senza terra in Amazzonia. Premio Hermes per la comunicazione turistica (2005) con il documentario “Andalusia”.Regia del documentario “Somalia-Italia”, con Francesco Cavalli, presentato al Premio Ilaria Alpi del 2007 e all’interno di Piemonte Movie 2009 – Ha scritto nel libro “Carte false” (ed. Verdenero), curato da Roberto Scardova, sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in Somalia – Collaborazioni giornalistiche e fotografiche con: Famiglia Cristiana, Wired, Oasis, Africa, Avvenire. [/author_info] [/author]
Hamid Ziarati, in Italia dal 1981, dove ha studiato e si è laureato in ingegneria, ha incominciato a scrivere sentendo l’esigenza di raccontare l’Iran anche attraverso gli occhi e le storie dei bambini, come nel suo primo romanzo Salam Maman, pluripremiato e in Quasi due, il suo terzo romanzo. Ne Il meccanico delle rose, racconta il suo paese, attraverso la storia di un uomo che dà il titolo al libro e che ha creduto di essere protagonista della sua vita, ma è stato una comparsa in quella degli altri. Un affresco di un paese, il suo, mai nominato, ma sempre molto presente nella narrazione.
Hamid in Iran si vota per il dopo Ahmadinejad, difficile prevedere cosa succederà, vista anche l’assenza di sondaggi attendibili. In lizza alcuni candidati conservatori, considerati vicini all’ayatollah Khamenei: il negoziatore per il nucleare Said Jalili, il sindaco di Teheran, Mohammad Baqer Qalibaf, il consigliere diplomatico della Guida, Ali Akbar Velayati e l’indipendente Mohsen Rezai. I moderati si raccolgo intorno al religioso Hassan Rohanie vicino all’ex presidente Rafsanjani e ad un altro ex capo di Stato, Khatami. Quest’ultima forza politica è espressione di un’area moderata e riformista forse rimasta ai margini dopo le repressioni del 2009. Cosa ti aspetti da questo voto e cosa si aspetta il tuo Paese?
Difficile prevedere o aspettarsi qualcosa. La delusione di 4 anni fa è molto forte. Non dimentichiamo che due candidati sono agli arresti domiciliari da tre anni, e non posso comunicare con i familiari se non qualche volta.
Io personalmente non vado a votare perché vorrebbe dire per quanto mi riguarda legittimare la repubblica islamica. Però non votare può anche voler dire perdere un’occasione di mandare al potere una sorta di nostro Gorbaciov. Ovvio che la popolazione ha grandi aspettative, anche se già il sistema di candidatura è viziato all’origine, perché quando ti presenti non è detto che il consiglio dei Saggi ti ammetta poi alla corsa elettorale. Di fatto tutti i candidati sono espressione del potere centrale. Anche se qualcuno è più moderato di altri. Ma vengono tutti da quel sistema.
Ad esempio Rafsnajni non è stato ammesso, gli hanno detto che è troppo vecchio e non avrebbe retto il peso e le responsabilità di una eventuale elezione. Lui per tutta risposta ha messo un video su youtube dove lo si vede fare una lunga passeggiata in montagna per dimostrare che è ancora in forze.
In campagna elettorale poi tutti fanno promesse. E la gente nutre molte speranze su chi promette meno stato di polizia, più lavoro, più diritti. Ma oltre alla crisi internazionale sul popolo Iraniano pesano anche le sanzioni dell’embargo imposto dalle Nazioni Unite. E ripeto, anche i moderati, sono semplicemente conservatori un po’ più progressisti, che fanno le stesse promesse da 33 anni. Anche 4 anni fa Muosavi prometteva, ma poi fosse andato al potere cosa sarebbe riuscito a fare? Oggi quello che fa le promesse che più si avvicinano alle aspettative della gente è il religioso Hassan Rohani, vicino all’ex presidente Rafsanjani. Forse può essere lui il nostro Gorbaciov.
Cosa pensi del ritiro dalle elezioni di Esfandiar Rahim Mashai, il delfino di Ahamdinejad? Pare avesse minacciato rivelazioni scandalistiche.
La politica in Iran è un palcoscenico e tutti ne approfittano per fare proclami, promettendo, minacciando, ma poi alla fine è solo fumo. Chiunque in Iran sarebbe in grado di tirare fuori uno scandalo nel panorama politico. Nessuno di quella classe politica può dire di avere le mani pulite ne di affari, ne di sangue versato.
Cosa pensi della dichiarazione del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu che ha dichiarato “le sedicenti elezioni in Iran non avranno alcuna importanza e non porteranno alcun cambiamento. Ci sarà sempre un uomo solo al potere, a caccia di potenza nucleare”.
Non ha tutti i torti, perché in Iran anche se ci sono le elezioni, il potere assoluto è in mano a un uomo solo, l’ayatollah Khāmeneī, guida suprema politica e religiosa della repubblica islamica, che comanda l’esercito e ha la facoltà di destituire il presidente della repubblica in qualsiasi momento. Anche nei confronti di Ahamdinejad più volte è intervenuto chiedendogli di ritrattare o rivedere le sue dichiarazioni. Ha potere sulla politica estera ed interna ed è così da 30 anni.
Che ruolo può avere una scrittore della diaspora, e in generale un personaggio che fa cultura , nei confronti dei movimenti di cambiamento che ci sono in Iran?
L’unica cosa che posso fare è informare l’opinione pubblica occidentale, la gente comune, di ciò che è accaduto e di cosa sta accadendo. Anche perché i governi, compreso quello italiano sono sempre stati consapevoli di quello che succedeva in Iran, anche quando, con 2 righe su un foglio, alla fine degli anni 80, gli Āyatollāh hanno mandato al patibolo 5 forse 6000 persone, non si sa il numero esatto, qualcuno parla di 30 mila, erano oppositori politici. E l’Italia nei primi anni 90 era il secondo partner commerciale dell’Iran dopo la Germania. Io tento di raccontare le cose alla gente, partendo dal basso per arrivare in alto.
C’è una correlazione, una continuità fra la rivoluzione fallita degli anni Ottanta e le rivolte del 2009?
No, sono due momenti distinti. Negli anni 80 volevamo annientare 2500 anni di monarchia assoluta per arrivare ad uno stato democratico. Nel 2009 quello che hanno fatto i giovani è cercare di rovesciare un sistema che era travestito da repubblica, ma islamica, ed era di fatto una dittatura che per 30 anni ci ha fatto vivere un medioevo islamico. Questo hanno tentato di fare nel 2009.
Nonostante i social network, la sensazione è che anche durante le rivolte dell’Onda verde del 2009 l’Iran sia rimasto un po’ isolato, è così?
L’Iran è rimasto un paese decisamente isolato, anche perché sono stati pochissimi i giornalisti che ostinatamente hanno continuato a venire e raccontare quello che stava accadendo. Nel frattempo è anche aumentato lo stato di polizia e tutto è diventato più difficile. Ma il popolo Iraniano non si è assopito, molte sono state le rivolte e le proteste di cui non è giunta notizia in occidente, che hanno avuto luogo in diverse zone del paese e che sono state soffocate nel sangue.
Se fossi stato in Iran saresti sceso in piazza?
Sicuramente si, sarei sceso in piazza perché era un’occasione per rovesciare il regime. E lo avrei fatto andando dietro ad uno di quei personaggi, in particolare Mir-Hosein Musavi, che è stato espressione di quel regime. Non dimentichiamoci che è stato per 8 anni primo ministro negli anni 80.
Forse in Occidente e in particolare in Italia abbiamo una visione un po’ distorta del tuo Paese. L’opinione comune è che sia un paese di fanatici all’inseguimento del nucleare. Cosa non abbiamo capito e com’è per davvero l’Iran di oggi?
Ti faccio un esempio che ti fa capire meglio cos’è l’Iran oggi. E’ come confondere il berlusconismo e Berlusconi con l’Italia e gli italiani. Gli italiani vivono tutti come Berlusconi?