Il documentario del regista belga Damien de Pierpont, L’oro blu, mette in scena il problema della gestione idrica portando l’esempio di quanto accade in Marocco nella regione attorno a Marakech. La ‘perla del sud’ ha sempre subito dei periodi di siccità prolungati sebbene ogni anno accolga due milioni di turisti che consumano una quantità di acqua cinque volte maggiore a quanto utilizza la popolazione locale
Questo sovrasfruttamento genera moltissimi problemi: le falde freatiche si stanno prosciugando; gli strati più poveri della popolazione devono consacrare molto più tempo alla ricerca di acqua potabile e i piccoli contadini vedono i loro raccolti sempre più ridotti per colpa della mancanza cronica di acqua. Ma per altri questa situazione appare deci- samente molto più rosea: grazie allo sfruttamento massimo dell’acqua, i complessi alberghieri fioriscono ai margini del deserto in mezzo ad un’abbondante e rigogliosa vegetazione, proprio come nei prospetti che i turisti sfogliano nelle agenzie di viaggio. Le piscine sono piene, i campi da golf verdeggianti e prosperano le coltivazioni intensive irrigate alla perfezione.
[sz-youtube url=”http://www.youtube.com/watch?v=u9srUZrbi-E” /]Ma chi gestisce e distribuisce questo bene prezioso sempre più raro chiamato acqua? Oggi giorno la sua gestione è affidata ad enti pubblici mentre i comuni sono responsabili solo della sua distribuzione. Ma confrontata ad una domanda sempre maggiore, la città si appresta a concedere la totalità della gestione idrica ad una società privata.
L’autore del documentario lascia prendere posizione ai diversi attori coinvolti riguardo alla problematica data dalla prevista privatizzazione del mercato idrico: da un lato troviamo i fautori della privatizzazione: Abdelali Doumou, presidente del consiglio regionale di Marakech, Omar Jazouli, sindaco di Marakech, e Dominique Pin della società Suez Environnement (multinazionale nel commercio mondiale di acqua, figlia della società francese La Lyonnaise des Eaux, attiva in Francia nell’approvvigionamento idrico già dal 1880). Dall’altro invece troviamo Mehdi Lahlou, membro dell’ACME (associazione per un contratto mondiale dell’acqua) e i contadini i cui oliveti hanno risentito della perdurante siccità e degli sprechi idrici generati dall’industria alberghiera. Infine, Christian Vesin del parco di divertimenti Oasiria, il quale non ha questi problemi nella sua oasi alberghiera ben protetta e costantemente ben irrigata: può infatti permettersi di scavare dei pozzi profondi e pompare l’acqua dalle profondità della terra – coltivando con successo gli olivi che servono in primo luogo per abbellire il paesaggio.