[author] [author_image timthumb=’on’]https://fbcdn-sphotos-b-a.akamaihd.net/hphotos-ak-prn2/208826_10151525732097904_583330344_n.jpg[/author_image] [author_info]Leonardo Brogioni, fotografo, fondatore di Polifemo. Per QCodeMag autore della rubrica HarryPopper[/author_info] [/author]
Prediciottesimo o pre-diciottesimo sta diventando uno dei vocaboli più cercati e sicuramente più cliccati nel web. Migliaia le visualizzazioni su YouTube dei video realizzati da studi professionali per celebrare il passaggio alla maggiore età di giovincelli, prevalentemente meridionali, in vena di esibizionismo. Video da proiettare alle feste o semplicemente da mostrare agli amici, che però sono diventati un fenomeno virale. Poco importa se i commenti sui social network sottintendono un gradimento minimo e un sarcasmo massimo (tamarro, trash, kitsch le parole più usate). Non conta essere ridicoli, basta esserci, mostrarsi e apparire, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi modo. Come coloro che salutano la telecamera del Tg stando dietro all’inviato sul luogo dell’evento. Consapevoli della propria impertinenza ma presenti in tv, anche grazie ad essa. Il look eccessivo, le pose glamour, le ambientazioni assurde rendono tutto imbarazzante ma proprio per questo vistoso, visibile, liberamente fruibile e commentabile.
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Di bello c’è che i protagonisti se ne infischiano del loro aspetto fisico e si mostrano apertamente con tutti i loro difetti, incuranti dei chili in più o dei centimetri in meno, in barba alle modelle anoressiche e al pericolo di una loro imitazione. Questa prorompente voglia di giocare ce li rende simpatici e sicuramente li dimostra più liberi di tanti intellettuali che hanno paura della loro immagine. D’altro canto è chiaro che i modelli di riferimento dei protagonisti di queste opere popolari sono esclusivamente televisivi: le ragazze emulano la modella-velina, i ragazzi imitano i modelli-tronisti, in un’atmosfera che vorrebbe (ma non può) stare tra il calendario erotico e il “dolce-gabbanesimo” imperante tra i teen ager.
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Un’ulteriore dimostrazione – se mai ce ne fosse bisogno – della forza manipolatrice dei mass media e della scarsa cultura visiva dei professionisti dell’immagine: abbigliamento e ambientazione sfiorano la farsa, con minigonne leopardate davanti a discariche abusive, mitra imbracciati su corpetti avvolgenti e filtri sugli obiettivi delle telecamere con effetti da matrimonio. Ma soprattutto è l’assenza totale di narrazione a rendere tutto amatoriale e di basso livello. Tutto è affidato alle immagini, alla sequenza ininterrotta di pose provocanti e sexy, tutto sembra dire che dietro c’è il vuoto, che non c’è niente da raccontare ma solo da mostrare. E qui sta anche una frattura geografico-culturale, forse tra nord e sud, sicuramente tra metropoli e provincia.
Una divisione tra chi considera questi video l’espressione massima del trash e chi invece li commissiona per rendere ogni scaraffone bello a mamma sua. Il bel paese è culturalmente diviso, ma il brutto unisce e rende liberi. Viva?
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