Una pietra sul passato

Un libro racconta un borgo al confine tra Lazio e Campania, finendo per raccontare attraverso i suoi sentieri e l’epopea dei cavatori di pietre la storia contemporanea dell’Italia

di Christian Elia 

Coreno Ausonio è un borgo nella provincia di Frosinone, al confine tra Lazio e Campania. Il basso Lazio, si dice di questi sentieri. L’anima di questo posto sono le sue pietre. Non solo quelle delle case, come ovunque, ma quelle delle cave di pietra, pane e lacrime della gente del luogo per tanto tempo.

Una pietra sul passato, edito da Ediesse nella collana Carta Bianca, che riserva sempre belle sorprese, è il libro di Carlo Ruggiero, arricchito dal fotoreportage di Matteo Di Giovanni. Racconta questa gente, questo borgo e le sue pietre. Quattro itinerari, per raccontare sessanta anni di storia. Che iniziano, con uno scalpellino abruzzese, che dà vita alla prima cava della zona, nel dopo guerra. Da quel momento, Coreno Ausonio entrò nel futuro, con la polvere addosso.

“Quegli enormi squarci bianchi che mozzavano le colline lì intorno mi incuriosivano già da allora. Così come le facce ruvide e le mani callose di quella gente, il via vai dei grossi camion lungo le strade strette, che ci costringevano a spezzettare le partite a Pallone”, racconta Carlo Ruggiero in un’intervista. “E poi c’erano quelle pietre. Erano ovunque, a migliaia, gigantesche e bianche come il latte. Coreno, in realtà, per me allora aveva i contorni di un villaggio da far west. Con il saloon, il barbiere e le strade polverose. Un pezzo di vecchia America trapiantato nel Basso Lazio”. Non ci sono parole per descrivere meglio questo viaggio nel passato, nel ventre di quell’Italia che da stracciona provò a farsi Merica, per non migrare più. Anche a costo di sventrare il proprio territorio.

la fotogallery di Matteo Di Giovanni

 

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Non vi aspettate, però, un saggio o un’inchiesta, perché questo libro ha il tocco del bel reportage narrativo, quel genere che ha saputo cogliere come la realtà non ha bisogno di nessuna finzione per essere letteratura. Anzi, c’è più letteratura nelle mani di un cavatore di Coreno, che in mille romanzi. L’incontro con il compagno di viaggio Di Giovanni rende al meglio il divider la strada, il linguaggio che si sporca, si contamina, per raccontare la realtà da differenti punti di vista, con alfabeti che si traducono a vicenda.

Tratto dal libro: “Questo è un suolo difficile da vangare. Ci si deve buttare sangue e sudore per dissodarlo con l’aratro. E ad ogni solco si rischia di spaccare il vomere contro un sasso sepolto. […] L’equazione è sempre stata molto semplice: poca acqua più troppi sassi, uguale miseria. I vecchi di Coreno lo dicevano sempre: «Noi abbiamo solo le pietre, e le pietre non danno pane». E per molti secoli avevano avuto ragione. Poi per qualche decennio hanno avuto torto marcio. Ora se ne può discutere”.

Partire da un borgo sperduto per raccontare la storia contemporanea dell’Italia. Può apparire operazione ambiziosa, ma questo libro si pone con il tocco del rispetto e dell’amore. Le storie che si fanno Storia, al netto dei singoli scenari, sono memorie collettive di miseria, ubriacatura da promesse di ricchezza, fino alla disillusione del ricordo, alla malinconia del rumore. In fondo a Coreno, una volta nella vita, ci siamo passati tutti.



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