Francia, crisi di identità

Da un po’ di tempo, in Francia si sono moltiplicati i gesti violenti a opera di gruppi di estrema destra. La morte di Clément Méric non può essere vista come un fatto isolato né un incidente

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/IMG_1484.jpg[/author_image] [author_info]di Cora Ranci, da Parigi. Dottoranda di ricerca in Scienze Politiche a Bologna, dove studia il caso Ustica. Come giornalista ha collaborato con PeaceReporter, E il mensile, Colors Magazine, L’Unità e Presseurop, occupandosi di esteri e di diritti. E’ coautrice del video documentario “Terra in moto” che racconta l’Emilia dopo il terremoto del 2012. E’ milanese, di solito vive a Bologna, ma attualmente si trova a Parigi perchè crede che ogni tanto sia necessario cambiare punto di vista.[/author_info] [/author]

Parigi, 5 giugno 2013. Doveva essere un pomeriggio tranquillo. Una vendita privata di vestiti, nel quartiere Saint-Lazar, sulla rive droite, in pieno centro. Un negozio di abbigliamento sportivo, molto frequentato dai giovani. Un pomeriggio come tanti altri. E invece, è finita con la morte di Clément Méric. Di lui, si sottolineano tre cose: 18 anni, antifascista, studente al primo anno di SciencesPo. Era là, con gli amici, forse anche lui attratto dalle magliette della marca inglese Fred Perry: la stampa ha poi spiegato che anche i naziskin, come gli antifascisti, amano le magliette Fred Perry. E infatti, eccoli là: teste rasate, magliette nere con le scritte “White power” e “Blood and honour”. Come sia iniziata la rissa, non è chiaro. Qualche provocazione verbale, e poi, in strada, la violenza. C’era anche Esteban Morillo, 20 anni. Diversi testimoni hanno raccontato che il suo pugno, mentre uccideva Clément, brillava. In casa sua la polizia ha poi trovato altri due tirapugni.

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Si è detto, e si continua a dire in Francia, che la morte di Clément Méric è stata un “incidente”. Che Esteban non aveva intenzione di uccidere. Che c’è stato chi “ha provocato”, e che nessuno ha voluto la morte di Clément. E’ stata una disgrazia e i colpevoli vanno puniti, ma – si legge tra le righe di alcuni autorevoli giornali, come Le Figaro – in fondo se la sono cercata. Questa interpretazione è rafforzata dalla notizia, riportata pochi giorni fa, di un video in cui si vedrebbe Clément aggredire per primo Esteban alle spalle. La violenza del giovane naziskin, quindi, sarebbe scaturita per difesa. E si dimentica che a essere uscito di casa con un tirapugni non è stato Clément. Perché dotarsi di un tirapugni, se non si ha intenzione di fare male? L’autopsia ha confermato che sono stati i colpi ricevuti in faccia a causare la morte di Clément, e non, come si era detto all’inizio, un colpo alla testa cadendo per terra.

Oramai la macchina mediatica si è attivata e il messaggio che passa è che sono entrambi, i naziskin e gli attivisti dei collettivi di Action antifasciste, “estremisti” e “violenti”. Domenica scorsa a Parigi c’è stata una manifestazione antifascista in memoria di Clément. Ci sono andata: un corteo tranquillo, che al suo passaggio ha però lasciato qualche vetrina rotta. Come spesso capita, per il gesto di pochissimi, la stampa ha parlato di “manifestazione violenta”. Ora Clément Méric divide: per la sinistra è vittima dell’odio fascista, mentre per i più conservatori è l’espressione della violenza estremista che colpisce a sinistra come a destra.

Se allarghiamo lo sguardo, ci rendiamo conto che le cose non stanno così. Da un po’ di tempo, in Francia si sono moltiplicati i gesti violenti a opera di gruppi di estrema destra. La morte di Clément Méric non può essere vista come un fatto isolato né un incidente: quasi ogni settimana la stampa francese riporta di aggressioni da parte di persone appartenenti a movimenti di estrema destra. Lo scorso aprile, a Lille, quattro skinhead di età compresa tra i 18 e i 50 anni hanno assaltato e saccheggiato un bar gay, ferendo un dipendente del locale. Settimana scorsa, nella cittadina meridionale di Agen due ragazzi di 25 anni sono stati aggrediti da sette skinhead nell’ambito di un festival di musica rock di ispirazione libertaria: uno dei due, di origine magrebina, è stato coperto di insulti razzisti. A fine maggio, ad Argenteuil, banlieue a nord-ovest di Parigi, due ragazze velate di origine araba sono state aggredite da due uomini rasati e vestiti di nero. Secondo quanto riportato dalla stampa, una di loro era incinta, e avrebbe perso il bambino.

 

Da dove viene tutta questa violenza? Sono arrivata a Parigi tre mesi fa, nel pieno delle contestazioni contro i matrimoni gay. L’approvazione definitiva della legge voluta dal governo Hollande e votata dall’Assemblea Nazionale il 12 aprile scorso non ha placato le proteste. Il 26 maggio, 150mila persone (1 milione secondo gli organizzatori) hanno invaso la spianata des Invalides per l’ennesima manif pour tous contro i matrimoni tra persone dello stesso sesso e soprattutto contro la loro possibilità di adottare. Accanto alla Francia conservatrice, cattolica e di centrodestra, sfilavano anche gruppi di estrema destra vicini al Front National di Marine Le Pen, come Generation Identitaire, Troisième voie e Jeunesse nationalistes révolutionnaires (dopo la morte di Clément Méric, questi ultimi due movimenti sono stati dissolti per volere del governo). Nell’ambito delle imponenti manifestazioni, questi gruppi hanno trovato lo spazio per la violenza e gli scontri non sono mancati: l’ultimo corteo si è chiuso con un bilancio di 36 feriti e quasi 300 fermi, quasi tutti appartenenti alle formazioni di estrema destra. Ecco, forse, da dove viene tutta questa violenza. L’ha scritto chiaramente il quotidiano Libération all’indomani della morte di Clément Méric: “Grazie ai cortei l’estrema destra ha potuto tornare nelle strade e ha trovato uno spazio di espressione, e forse di implicita legittimazione, per manifestare la sua voglia di azione. Stiamo riscoprendo, dopo anni in cui navigava lontano dai radar, una frangia che si posiziona all’estrema destra dell’estrema destra istituzionalizzata”.

 

Se le manif pour tous hanno aperto uno spazio di espressione per i gruppi di estrema destra, non bisogna dimenticare che è il contesto di crisi economica il terreno fertile per il proliferare del fenomeno, come vediamo in misura diversa anche in altri paesi europei. Nel novembre 2012, Parigi ha perso la sua tripla A e il settimanale britannico The Economist ha dedicato una copertina alla Francia, “bomba a orologeria dell’Europa”. Il governo Hollande ha già approvato una serie di inasprimenti fiscali, sono in vista forti tagli agli enti locali e una riforma del lavoro. Le grandi aziende, sia private che a partecipazione pubblica, hanno bilanci spaventosi e per far fronte alle perdite crescenti la Peugeot-Citroën sta pianificando riduzioni di impianti e personale. In questo contesto, puntare sui diritti significa per Hollande tentare di indorare la pillola e di recuperare il consenso di cui non gode più: dopo i mariage pour tous, infatti, è in programma l’estensione del diritto di voto amministrativo agli stranieri residenti da cinque anni.

 

Diritti in cambio di austerity, dunque, in una Francia in cui si respira un clima teso e dove nemmeno la morte violenta di un diciottenne riesce a unire nello sgomento e nell’indignazione. Da quasi un mese la stampa discute animatamente cercando di ricostruire la dinamica che ha portato alla morte di Clément Meric. Il punto non è capire chi ha aggredito per primo l’altro, se Clément o Esteban. Comunque siano andate le cose, bisogna dire forte e chiaro che questi gruppi di estrema destra predicano e praticano la violenza contro altre persone. E che questo non può essere in alcun modo giustificato.



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