Il triangolo portoghese

Un reportage da Lisbona per riflettere su come quello dei paesi Pigs come spendaccioni colpevoli sia una leggenda, che si nutre di stereotipi, che non fanno riflettere invece su acquisti militari assurdi che vengono imposti a coloro cui poi si chiede di tagliare sanità e scuola

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/Schermata-2013-06-20-alle-18.34.04.png[/author_image] [author_info]di Marcello Sacco, da Lisbona.Nato a Lecce, vive da anni a Lisbona, dove lavora come professore, traduttore e giornalista freelance[/author_info] [/author]

“Il triangolo no, non l’avevo considerato”, cantava Renato Zero molti anni fa. E la storia dei sottomarini venduti alle marine militari greca e portoghese ha del sorprendente, di fatto, perché neanche il cittadino europeo medio considera spesso gli strani effetti dei triangoli su scala comunitaria. Naturalmente Renato Zero parlava di triangoli amorosi, ma quel cittadino medio ha sovrapposto, alla classica gelosia coniugale, la gelosia salariale: il sospetto che qualcun altro, da qualche parte in Europa, in questo preciso momento se la stia godendo con il mio stipendio mentre io lavoro. La leyenda negra dei Pigs in fondo nasce così: sono i Paesi porci (un tempo si sarebbe detto “cicale”, ma questa ormai è galanteria d’antan), gli spendaccioni intenti a campare a spese delle nazioni virtuose e laboriose.

Foto di Gianluca Cecere, tratta dal progetto Postcards from the Crisis

 

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Tra il 2010 e il 2011, con il Portogallo già sull’orlo della bancarotta, a distanza di pochi mesi entrarono nell’estuario del Tago i sommergibili da guerra Tridente e Arpione. Il primo con una certa pompa magna, il secondo già più discreto, incrociarono minacciosi i traghetti zeppi di pendolari che ogni giorno fanno la spola tra Lisbona e i suburbi della sponda meridionale del fiume. Erano diretti alla base navale di Alfeite. A storcere il naso, all’epoca, non furono soltanto i “soliti pacifisti”, ma anche i guerrafondai più aggiornati, i quali opinavano che per le esigenze belliche moderne i sommergibili erano un po’ superati. Il 5 marzo 2009 l’ambasciatore statunitense a Lisbona scriveva, in un cablo rivelato da WikiLeaks, che gli acquisti della Difesa portoghese erano motivati solo da complesso d’inferiorità e voglia di giocattoli cari; oltre ai sottomarini citava l’esempio di 39 caccia, di cui solo 12 in grado di volare, di contro agli scarsi mezzi per la lotta al narcotraffico, che trova la costa portoghese piuttosto permeabile. In un’intervista recente, invece, l’ex premier socialista Antonio Guterres, attuale Alto Commissario Onu per i Rifugiati, giustificava l’opzione strategica del suo governo affermando che i sommergibili sono l’arma giusta per quei Paesi poveri che vogliono una Marina militare all’altezza.

La scelta veniva dal governo socialista già negli anni ’90, dunque, ma l’acquisto fu ratificato con il contratto del 2004. A capo del governo c’era José Manuel Durão Barroso, attuale presidente della Commissone europea; alla Difesa Paulo Portas, oggi vice-premier e ministro degli Esteri, sempre pronto a criticare le spese pazze del passato e allungare il muso minacciando scissioni a ogni misura particolarmente dura imposta dalla troika. Di recente ha fatto discutere la provocazione del socialista Mario Soares, secondo il quale Portas non farà mai cadere il governo, proprio perché è ricattabile sui sommergibili.

Il fatto è che i due giocattolini costavano circa 700 milioni di euro, da pagarsi in comode rate fino al 2026, grazie a una specie di prestito (“swap sintetico”, per l’esattezza) garantito da una banca svizzera e una portoghese, a cui, fatti tutti gli aggiornamenti e indicizzazioni del caso, lo Stato dovrà pagare più di un miliardo. Per orientarci: il nuovissimo ospedale di Cascais è costato 100 milioni. Poi il primo giocattolo si è pure rotto dopo pochi mesi. Le acque atlantiche sono ben diverse dal Baltico, si è detto per giustificare l’avaria. Fortunatamente era ancora in garanzia e a riparare il Tridente son venuti i tecnici dalla Germania. Sì, perché a venderli era stata una ditta tedesca, la MAN/Ferrostaal di Essen, che nello stesso periodo riusciva a piazzarne altri quattro alla Grecia. E qui si chiude il triangolo, la saldatura tra formiche e cicale, la magica simbiosi di vizio e virtù. Quando le statistiche rivelano che il Portogallo ha ricevuto dalla UE fondi pari a 9 milioni di euro al giorno per 25 anni e ci si domanda poi dove siano finiti tutti quei soldi, la storia dei sommergibili tedeschi qualche piccola spiegazione forse la dà.

A essere sinceri, pur nella deplorevole complicità, un certo differenziale di virtù si fa ancora notare nella persecuzione del crimine. Già da tempo la Ferrostaal faceva discutere in Gemania per i suoi modi poco chiari nel procacciarsi gli affari in giro per il mondo, dai dittatori nigeriani alla guardia costiera argentina. Il giornalista tedesco Jörg Schmitt ne parla in questo articolo del 2010, lasciando intendere che la ditta avrebbe spesso agito come intermediaria anche a nome di altre imprese. In Portogallo ci arrivò tramite il console onorario a Monaco, Juergen Adolff, nominato proprio da Barroso nel ‘94, quando era ministro degli Esteri del governo di Cavaco Silva (attuale presidente della Repubblica). Ora la giustizia tedesca ha fatto il suo corso, condannando a una multa la Ferrostaal e due dei suoi ex dirigenti, che hanno patteggiato la pena ammettendo il pagamento di tangenti grazie a cui il consorzio tedesco (che includeva la Thyssenkrupp e i cantieri navali di Kiel) vinse l’appalto sui concorrenti francesi. In Grecia le indagini sono andate più in alto, toccando il livello politico. Quando Akis Tsochatzpoulos, ex ministro della Difesa del Pasok, è stato condannato per evasione fiscale, nel marzo scorso, si trovava già in prigione per lo scandalo dei sottomarini.

E in Portogallo? In Portogallo il processo è approdato in tribunale alla fine dell’anno scorso, ma procede a rilento e su nessun politico pendono capi d’imputazione. Il Pubblico Ministero non è riuscito a reperire parte del carteggio tra il ministro della Difesa e il consorzio bancario che ha avallato l’operazione, in cui lo spread, una volta ottenuto l’appalto, è stato inspiegabilmente rinegoziato al rialzo. Né il processo in corso riguarda strettamente le tangenti che i due dirigenti tedeschi hanno ammesso di aver pagato agli interlocutori portoghesi, bensì presunte irregolarità in un secondo contratto, quello che prevedeva delle contropartite all’acquisto dei sommergibili, una sorta di vendita delle indulgenze che si accompagna al peccato della spesa militare e servirebbe a beneficiare l’economia e la società civile. Le clausole sulle infrazioni erano così blande, denuncia il deputato comunista Antonio Filipe, che conveniva infrangerle. Inoltre il nuovo governo ha stracciato quel contratto per firmarne uno nuovo, in cui la contropartita all’acquisto dei sommergibili è il restauro di un hotel di lusso in Algarve che la ditta tedesca aveva già previsto di restaurare e i cui costi sono già lievitati da 150 a 600 milioni di euro.

La difesa dei dieci imputati (tre tedeschi e sette portoghesi) ha dedotto che l’esistenza di questo nuovo contratto rende obsoleto il processo in corso e ha chiesto l’archiviazione del caso. Per sapere se in Portogallo il triangolo è virtuoso o vizioso bisognerà aspettare il parere dei giudici, che forse conoscono anche il resto della canzone di Renato Zero, quando dice che “la geometria non è reato”.



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