Felix e il Papa: dalla fine del mondo per salvare la terra

Il 3 luglio scorso, in Vaticano, incontro storico tra Francesco I, Adolfo Perez Esquivel e Felix Diaz, qarashe della Comunidad Originaria Qom, popolo indigeno dell’Argentina

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/iopapà_brenta.jpg[/author_image] [author_info]di Francesca Caprini. Giornalista freelance. Con l’associazione Yaku, che ha contribuito a fondare, si occupa di cooperazione internazionale in America latina. Arriva in Bolivia nel 2005, poco dopo la guerra dell’acqua di Cochabamba e da allora l’acqua diventa il cardine di una ricerca che si dipana fra attivismo, militanza, collaborazione al fianco dei popoli indigeni, lotte locali. Insieme al suo collettivo, ha scritto “La Bolivia che ha cambiato il mondo ” [ed. carta] e “La visione dell’acqua – viaggio fra la cosmogonia andina e l’Italia dei beni comuni” [ed. Nova Delphi]. Fa parte del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, con il quale ha seguito e costruito la battaglia referendaria Acqua Bene Comune. Vive fra Trento e Roma e, ultimamente, frequenti viaggi in Colombia. www.yaku.eu[/author_info] [/author]

Incontro storico in Vaticano per un colpo d’occhio unico: un premio Nobel per la pace, un indigeno argentino – quasi due metri di altezza, i lunghi capelli bianchi sciolti sulle spalle, la casacca con i colori del suo popolo, i Qom – e un papa. Tre esponenti dei diritti umani – ognuno con la propria linea politica e spirituale – per un’udienza significativa.

Il papa è naturalmente il neoeletto Francesco, quello che viene “dalla fine del mondo” e sembra non dimenticare chi in quella fine del mondo ancora vive e combatte. Il Papa argentino, che la settimana scorsa ha accettato di incontrare due suoi insigni connazionali – Adolfo Perez Esquivel e il qarashe della Comunidad Originaria Qom, Félix Díaz, insieme alla moglie  Amanda Asijak.

moglie felix

Felix Diaz è il referente della Cumbre de los Pueblos y Organizaciones indigena dell’Argentina, la piattaforma che riunisce gli aborigeni argentini. Accompagnato anche dal Reverendo Francisco Nazar, Vicario episcopale per le popolazioni originarie di Formosa, ha voluto incontrare il papa per denunciare le terribili sofferenze – e la formidabile resistenza – delle popolazioni originarie. Sfruttati, depredati, minacciati, assassinati: la tragedia degli indigeni, in Argentina come nella quasi totalità dell’America latina – con parziale eccezione per la Bolivia – continua da cinque secoli in un colpevole silenzio: cancellate le loro radici culturali, privati dei loro territori, discriminati fin dall’accesso ai servizi basici, gli indios stanno soccombendo in una guerra non ufficiale.

In Argentina si parla di almeno 700 comunità per circa 500.000 persone – ma la cifra è sottostimata. Impossibilitati ad accedere anche ai diritti che la riforma costituzionale del ’94 aveva loro riconosciuto – la titolazione delle terre, ad esempio – mapuche, guarnì, chiriguanos e le altre etnie aborigene vengono in Argentina ignorate più che da altre parti. E questo nonostante le parole della presidenta Cristina Fernández de Kirchner: “ Chiedo perdono alla popolazioni indigene per l’egoismo, le dimenticanze, l’avarizia”, diceva a Salta, appena eletta.

I Qom non fanno eccezione: circa 90.000 persone in un territorio che non è nemmeno il 10% di quello originario, lottano ogni giorno per difendersi dai produttori di soia che in accordo con i governi locali e centrale spingono per lo sfollamento forzato di questa gente o per il loro internamento nelle speciali riserve, dove denutrizione, pneumonia o tubercolosi fanno meglio dei sicari dei terratenientes.

Quando papa Bergoglio era vescovo di Buenos Aires, aveva appoggiato la vertenza che vedeva i Qom opporsi al governo di Formosa, e aveva già incontrato Felix. Negli ultimi anni, la famiglia di Felix è stata pesantemente toccata dalle violenze. Solo poco tempo fa suo fratello è morto in seguito ad uno sgombero forzoso realizzato dalla polizia, e così sua nipote. Ombre di tristezza e forza che traspaiono negli occhi di chi da anni è abituato a resistere.

Felix, che significato ha avuto per te l’incontro col papa?

E’ stato molto importante per tutti noi. La speranza è che possa fare pressione sul Governo argentino perché la tematica indigena rientri nell’agenda nazionale. In questo momento siamo considerati dei ribelli e come tali trattati. Abbiamo avuto l’appoggio del tribunale Interamericano per i diritti umani, ma lo stato non ci ascolta. Dall’aprile del 2011 sono già 8 i morti ammazzati della mia comunità.

Il Governo argentino non vi ha ancora ricevuto. Eppure avete avuto l’appoggio, fra gli altri,  del Premio Nobel per la pace, Perez Esquivel, che vi ha accompagnato qui a Roma, e delle Madres de Plaza de Majo.

Noi siamo scomodi perché lanciamo accuse precise. Per mesi ci siamo accampati nella Piazza di Maggio, a Buenos Aires, per denunciare gli omicidi dei nostri fratelli e siamo stati sgomberati con lacrimogeni e manganelli.  Il governo della regione di Formosa è coinvolto. E’ infastidito perchè andiamo all’estero e diamo visibilità alla nostra causa. Gildo Insfran, governatore di Formosa, ha stretto un’alleanza molto forte con la presidente Cristina Kirchner, come d’altronde aveva fatto in passato con tutti gli ultimi presidenti democratici dell’Argentina: Alfonsin, Menem, Duhalde, Nestor Kirchner.

Un passaggio dell’incontro col papa che ti è rimasto impresso.

Che il dialogo è fondamentale per gli esseri umani. Non è né una lotteria, in cui uno può vincere o perdere, né un affare. E’ uno strumento per avvicinarsi gli uni agli altri.

L’appoggio del Papa è stato significativo. Quali le prossime tappe della vostra resistenza

Papa Bergoglio ci ha dato il suo appoggio ricevendoci, ma non può fare molto di più. Ora tocca al governo argentino. Scuola, Chiesa, spoglio delle terre hanno creato in noi una forma di dipendenza da cui vorremmo uscire. Dobbiamo poter autosostentarci. Cii tolgono i terreni coltivabili ed abbiamo gravissimi problemi di accesso all’acqua potabile, per cui i bambini soffrono di malattie che da voi si curano con una pastiglia, lì uccidono. Ci stiamo appoggiando ad una rete di avvocati, oltre che alle organizzazioni internazionali, per poter avere una voce.

Anche Amnesty Internacional nel suo Report annuale, esprime la sua ”preoccupazione” per la situazione dei cosiddetti popoli originari dell’Argentina. Il documento, in particolare, sottolinea l’inottemperanza alla Legge d’Emergenza 26.160, che proibisce lo sgombero delle comunità indigene fino a quando non venga realizzato uno studio sulla delimitazione dei loro territori. La responsabilità per non aver dato seguito agli accordi sui diritti umani, secondo l’organizzazione, ricade in primis sul Governo Nazionale.

Felix intanto si prepara a tornare alla sua terra. “Stare qui a Roma è stato un sogno. Vedere le opere che parlano della storia dell’umanità fa riflettere. Ma l’importante sono le persone, che quando si ascoltano, sentono sempre lo stesso battito del cuore”.



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