Un marchingegno che crea cocaina “free blood”. Un’opera di Antanas Mockus presentata all’ultima Biennale di Berlino come applicazione della “pedagogia nell’arte”. Perché “Se fosse filosofia, io direi che questi atti simbolici sarebbero aforismi. (A. Mockus)”
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/foto-tessera.jpg[/author_image] [author_info]di Alessandro Ingaria. Vivente. Laureato in giurisprudenza, con un passato di consulente gestionale per imprese profit e non, nel 2008 inizia una rivoluzione esistenziale: da cittadino del mondo, lavora in Afghanistan, in Latino America e in Est Europa, sperimentando soluzioni biopolitiche innovative sulla tematica dei diritti umani. Intensa l’attività creativa, da autore di articoli per riviste e periodici online (tra cui Peacereporter) a ideatore di progetti audiovisivi sull’analisi complessa delle comunità umane odierne. E’ uno dei fondatori del movimento Geronimo Carbonò. www.geronimocarbono.org[/author_info] [/author]
Messico, altro lato del mondo. Troppo lontano per ricordarcene quando andiamo a comprare la nostra dose di cocaina. Eppure, questo nostro gesto ludico, ricreativo, incide direttamente su questo Paese in guerra. Messico, periodo 2006 – 2013: il conflitto ha causato quasi 90mila morti. Anonimi nella loro morte.
Antanas Mockus, l’uomo che ha cambiato Bogotá, città simbolo di violenza e narcotraffico, ha stupito ancora. Da filosofo e matematico si è trasformato in politico, per poi diventare artista. Invitato all’ultima Biennale di Berlino, ha proposto un’opera che potesse essere “l’applicazione della pedagogia nell’arte”. Mockus racconta che “nei processi politici, l’arte è importante”. Perché quando la politica non ha soluzioni è l’arte che deve inventarle.
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Nell’epoca moderna, prosegue Antanas, la cosa più importante è la comunicazione basata sulle emozioni condivise dalle persone. E solo l’arte, nella storia, ha dimostrato di poter convogliare le emozioni. La creazione che lo ha visto protagonista alla 7th Berlin Biennale, è stata l’installazione di un marchingegno, di ricordo surrealista, provvisto di carrucola. Ad un’estremità della corda vi erano la bandiera del Messico ed alcuni libri, sospesi su una bacinella di acido che avrebbe potuto distruggere il tutto. Il meccanismo calava di uno scatto ogni morto ammazzato in Messico, vittima della guerra della droga.
Inesorabile quindi il destino dei due simboli; salvo che ogni visitante firmasse un contratto in cui si impegnava a non consumare cocaina, o ridurne l’uso, per un periodo almeno pari alla durata della manifestazione, ossia 66 giorni. Un boicottaggio amichevole della cocaina insanguinata, in cui lo spettatore poteva anche donare una goccia del suo sangue. Un atto di responsabilità, per comprendere l’importanza dei singoli gesti di ciascun essere umano. Ogni volta che un visitatore firmava il contratto, il meccanismo faceva alzare bandiera e i libri di uno scatto, evitandone la distruzione. L’opera, intitolata “Blood Ties”, era una macchina per produrre cocaina “free blood”.
Mockus non è nuovo all’utilizzo di strumenti pedagogici per governare una cittadinanza. Rielabora e applica nella vita reale la filosofia politica di Jürgen Habermas e il concetto di “violenza simbolica” definito da Pierre Bourdieu. Di quest’ultima, Mockus opera un’inversione di segno, dal negativo al positivo: utilizza lo stesso meccanismo non più per riprodurre i pregiudizi e le ingiustizie, ma per liberare i comportamenti civili e solidali. Tramite la rappresentazione dell’automatismo del macchinario, in cui si proietta la società dell’ingranaggio, Mockus costringe lo spettatore ad agire sull’anonimato della morte attraverso la presa di coscienza dei “legami di sangue” di un marchingegno in cui tutti sono coinvolti.
Per chi volesse conoscere meglio il “fenomeno Mockus”, già sindaco di Bogotà e principale avversario di Juan Manuel Santos alle elezioni colombiane del 2010, e iniziare a credere che la “democrazia partecipativa” esista veramente, si segnala il libro: “Un sindaco fuori dal comune. La democrazia partecipativa esiste. Storia di Antanas Mockus, Supercittadino di Bogotà” di Sandro Bozzolo (Emi, Bologna 2012).