La guerra dei video

Rio de Janeiro – P2 non è il nome di una loggia massonica in Brasile ma é la sigla con cui i brasiliani chiamano la polizia parallela che agisce a lato di quella militare.

Testo e foto di Giuseppe Bizzarri

Protesto no primeiro dia de visita de Papa Francisco no Rio de J

Secondo le immagini di un video divulgato dalle reti sociali, alcuni soldati della P2, travestiti da manifestanti –avrebbero lanciato lunedì una molotov contro i commilitoni del reparto militare dello “Choque”, i quali facevano da cordone di sicurezza per impedire a più di mille dimostranti di avvicinarsi al palazzo Guanabara, dove la presidente del Brasile Dilma Rousseff, assieme a 650 invitati, ha dato il benvenuto a Jorge Mario Bergoglio, Francesco, il Papa, il quale é  impegnato a partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro. La molotov di lunedì scorso è stata lo stoppino per accendere una violenta repressione da parte della polizia militare nei confronti non solo dei manifestanti, ma anche della stampa nazionale e internazionale.

La prova dell’inquietante azione della P2 verrebbe dalle sequenze di un video registrato durante gli scontri, in cui si vedono due manifestanti con il volto coperto accendere la molotov e lanciarla contro i soldati. Nelle immagini susseguenti, si vedrebbero poi gli stessi attentatori, di cui uno sbarazzarsi della propria maglietta, dirigersi vero i militari senza essere minimamente fermati. Le immagini sono state esaminate da Maurício de Cunto, un esperto, il quale, a causa della cattiva qualità delle riprese, non riesce a confermare, ma neanche smentire che gli uomini in cui appaiono nelle sequenze sarebbero le stesse persone.
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Il video è stato comunque rimosso dal web, ma non a tempo per impedire al New York Times di fare un reportage sulla guerra delle immagini tra dimostranti e militari  nelle manifestazioni sull’asfalto carioca e nelle altre città del gigante risvegliato. Non lasciano però dubbi i numerosi video inviati sul web dai collettivi per scagionare lo studente Bruno Ferreira, venticinque anni, accusato dalla polizia di portare in uno zainetto venti molotov e tentare di uccidere un militare con uno degli ordigni nella manifestazione di lunedì. Aggredito dai soldati dello Choque in rua Pinheiro Machado, a poca distanza dal palazzo Guanabara, lo studente, che protestava come gli altri manifestanti contro Sérgio Cabral, il governatore dello stato di Rio de Janeiro, ha ricevuto scariche elettriche con una pistola Taser, nonostante fosse già svenuto sull’asfalto. Ferreira è stato portato dai militari in meno di ventiquattro ore a Bangu, il penitenziario di Rio de Janeiro.
Una procedura di per sé illegale (nonostante ora frequente nelle manifestazioni di Rio de Janeiro), quella di portare i sospetti a Bangu, poiché i fermati dovrebbero essere portati al commissariato, dalla polizia civile, la quale esegue le indagini. Ad ogni modo lo studente che registrava in video la manifestazione è stato scagionato dagli altri che lo stavano riprendendo. In nessun momento Bruno appariva nei video di possedere uno zainetto e tantomeno le moltov, bensì le immagini mostrarono lo studente colpito a terra dalle manganellate e dalle scariche elettriche dei militari.

La brutta avventura di Bruno rammenta il  passato non molto distante del  regime militare Brasile, in cui l’ex guerrigliera Dilma era torturata dai militari durante il regime dei generali. Il clima golpista lo ricorda ancora di più il fatto accaduto nei giorni scorsi al professore di sociologia presso l’Università Federale di Rio de Janeiro, ma anche ex segretaria di Stato per i diritti umani, Paulo Baia, il quale è stato sequestrato per poco più di un’ora da quattro uomini armati e incappucciati, i quali lo hanno messo a forza su un auto e costretto a girare con loro nel centro di Rio de Janeiro. Il sociologo – esperto in proteste – ha raccontato alla polizia civile che i rapitori l’hanno minacciato per avere dato interviste sul ruolo della polizia militare nelle manifestazioni. “Non fare più intervista e non citare in nessun modo il nome della polizia militare, altrimenti sarà l’ultima intervista che darai”, ha detto Baia alla stampa brasiliana.

Secondo l’avvocato Carlos Viana e lo studente di medicina Felipe Camisão, i quali danno assistenza volontaria ai dimostranti feriti e arrestati durante le proteste, non era una pallottola di gomma, ma calibro nove, quella che ha colpito Roberto Caruso, mentre era con la fidanzata alla manifestazione di lunedì. La polizia nega che Caruso sia stato colpito da un proiettile, ma la smentita dei militari è giunta quando il ferito è stato trasferito dall’ospedale universitario Gafréé e Guinlé a quello municipale Souza Aguiar.



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