Foresta Bianca

Non c’è storia che non meriti di essere raccontata. Non c’è storia che non meriti di essere ascoltata.

di Alessandra Fava

Quante volte ci imbattiamo in personaggi, narrazioni, racconti straordinari, ascrivibili alla Non storia. Lo avevano capito quelli degli Annales che sancirono la fine del grande protagonista che fa la storia (alla faccia della grandeur di Napoleone) e l’inizio della storia fatta di uomini, tutti gli uomini. Ma più che a Marc Bloch, Brodel o Le Goff, i curatori del progetto Foresta bianca si appellano allo scrittore Georges Perec. Perchè hanno scandagliato anche loro la straordinarietà della normalità scoprendo una quantità di cose. Con la differenza che le loro istruzioni per l’uso hanno passato in rassegna non un condominio, ma un comune di 31 mila abitanti, chiedendo ai viventi di scegliere una fotografia e raccontare che cosa ricordano. Le interviste sono state fatte dai giovani del paese tra marzo e luglio 2012. Detto così potrebbe parere un esperimento di una noia mortale e invece Foresta bianca diventa uno spaccato della vita italiana dalle guerre in Abissinia a oggi, vista gli occhi degli abitanti di Rosignano marittimo, comune che assembla sette aree, dal borgo turistico di Castiglioncello alla Rosignano Solvay dell’omonima fabbrica e l’entroterra del Gabbro, per citarne alcuni.

La prima declinazione del progetto è una mostra, appena conclusa a Castello Pasquini di Castiglioncello, in provincia di Livorno realizzata da Armunia in collaborazione con il Comune di Rosignano Marittimo con il sostegno della Regione Toscana. Qui t’imbatti in un trattato di costume, iniziando da Tobruk e Asmara con un paio di giovanotti mandati in Abissinia negli anni Trenta dal regime fascista. E ritrovi un’Italia ancora contadina, sbalestrata dalla guerra e dal dopoguerra, vestita di stracci rappezzati, un’Italia oggi dimenticata dove scrivevano magari che eri nato un anno e invece era quello prima. E non mancano battesimi e matrimoni che quando ci si sposava ben che andasse il viaggio di nozze era in treno, fino a Torino. Poi gli anni Cinquanta, che se ti facevi una foto, fondo scogli e mare (che è un po’ il cavallo di battaglia che attraversa i decenni), ti mettevi in posa come Rita Hayworth o Gina Lollobrigida: ”una posa un po’ da vamp”, racconta la proprietaria della foto. Vamp, altra parola dimenticata. E capitava allora di vedere il mare solo a dieci anni, perchè quella ventina di chilometri nell’interno era una barriera inespugnabile. Vallo a raccontare a un ragazzino con lo smarphone.

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Poi arrivano le prime auto, gli spostamenti, l’euforia, le sciate in montagna, il boom dei consumi, il salotto buono. I vestiti si fanno più sgargianti, le foto a colori, anche se stinte o arrossate dal tempo.

”E’ un esperimento di autobiografia comunitaria”, spiega uno dei curatori, Stefano Laffi sociologo di Codici, un gruppo di ricerca sociale, con sede a Milano. ”Foresta bianca attraverso le immagini di famiglia e le storie delle persone, vuole dare forma a un racconto collettivo del territorio, capace di fondere la dimensione privata con quella pubblica, costruito insieme alle persone che lo abitano”, racconta l’altro inventore della mostra, l’artista Matteo Balduzzi, curatore di progetti di arte pubblica.

Ma Foresta bianca ha altre appendici. Intanto un sito che raccoglie cento storie e oltre 1200 fotografie (http://www.forestabianca.it/unprogettopubblico.html). Poi ci sono stati i manifesti per le strade del comune con le foto della gente in bella vista. E ancora degli articoli sul quotidiano toscano Il Tirreno con lunghe interviste ad alcuni dei protagonisti delle foto (http://www.forestabianca.it/iltirreno.html), ad esempio un pescatore di Caletta. Inoltre Rai Radio3 che ha dedicato varie puntate al progetto all’inizio di quest’anno. Molte foto sono finite in un catalogo Di mare di amore di fabbrica, a cura di Matteo Balduzzi e Stefano Laffi, (edizioni Quodlibet, Macerata, 2013): ”il libro della mostra è il libro di testo che avrei voluto a scuola – conclude Laffi – ci si imbatte nel fascismo e nella militanza comunista, nella civiltà contadina e nei processi di industrializzazione, nelle catene migratorie e nelle grandi guerre mondiali”.  Per di più il progetto è un work in progress, con la possibilità di aggiungere altre foto degli abitanti del comune di Rosignano Solvay. Alla mostra in una sala c’era un tavolo da lavoro con dei listelli di legno: i residenti erano invitati a portare delle foto e costruirsi da soli la cornice bianca da aggiungere alle altre. Ecco perchè una foto diventa foresta di foto. E la foresta è bianca come le cornici.

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