Chiesa, preservativo, secolarizzazione e un video shock

Guardate l’immagine qui sotto, mettiamo anche il video. Ha dato origine a un processo con un giro di aule e avvocati fin dal 2010. Ma al di là della storia processuale, che vi racconteremo in poche righe, pone un tema interessante e di dibattito.

di Angelo Miotto

 

Schermata 2013-07-28 alle 23.07.53

La campagna fu orchestrata dalla Gioventù socialista di Andalusia, nel 2010. A quei tempi il segretario deri giovani in questione era Juan Carlos Ruiz Fuentes. Realizzarono un video, in cui l’ostia diventa un preservativo, che toglie l’Aids dal mondo.

In breve: dopo tre anni di corsi e ricorsi, l’ex segretario venerdì scorso ha detto che se ha offeso le idee  e la sensibilità di qualcuno chiede scusa. L’avvocato dell’organizzazione radicale cattolica in aula gli ha risposto che lo perdona. Lo stesso avvocato che aveva asserito davanti al Tribunale che non il preservativo è come una roulette urssa rispetto all’HIV, perché l’unico metodo sicuro al cento per cento è l’astinenza.

Il giudice che ha istruito il caso aveva chiesto l’assoluzione per l’ex segretario dei giovani andalusi socialisti, perché non era provata l’intenzione specifica di voler offendere attraverso la comparazione fra l’ostia nelle mani di un sacerdote e poi il preservativo che appare. Ricordiamo che la sanzione richiesta era di un anno di carcere e 144mila euro. Dopo una prima archiviazione il caso era stato ripescato dall’Audiencia provincial.

Ecco qui il video

[sz-youtube url=”http://www.youtube.com/watch?v=duRtpKWyp8Y” /]

Ma, al di là dell’esito processuale, che dopo le scuse in questione non dovrebbe subire scossoni.
Rimane il dibattito sulla scossa che si trasmette, per attirare l’attenzione di più persone possibili su vari argomenti.

Ovviamente un conto è attirare curiosità, o morbosità, per prodotti di consumo, altro è cercare di creare un messaggio di impatto, anche scioccante, per una causa di militanza, o di contenuto esclusivamente politico. A metà, forse, c’erano le campagne del primo Oliviero Toscani, che però erano comunque al soldo non di un ministero o della presidenza del consiglio, ma di Benetton (con questo non si vuol dire che un provato non possa fare pubblicità progresso, ma è sempre bene ricordare le fonti).

Il messaggio in questione urta uno dei nervi più scoperti dell’istituzione Chiesa: il preservativo.
Nonostante i racconti e le cronache numerose in questi ultimi anni di assemblee e adunate di centinaia di migliaia di giovani e i resti in lattice ritrovati sul campo prima di preghiera e poi di battaglia. Stessi racconti potranno anche arrivare fra qualche ora dalle spiagge di Rio.
Eppure proprio perché spesso la Chiesa è agli avamposti per motivi di ‘lavoro’ diciamo, quale quello dell’evangelizzazione e della trasmissione dell’euanghellion, ecco che da sempre i più laici si sono chiesti perché mai in quei Paesi in cui il tasso di contagio è legato a una sottocultura maschilista e tradizioni primitive non dico i missionari non spargessero a piene mani, ma consigliassero, non demonizzassero l’uso del preservativo. In realtà si deve spostare l’attenzione: non è tanto ai missionari – che sicuramente sono più pragmatici sul territorio di quanto chieda la dottrina – ma all’istituzione Chiesa che nel preservativo, ma non solo, vede il nemico della Secolarizzazione che tanto male le ha fatto e tanto male farà.
L’azione annunciata in questi mesi del nuovo papato, ma non ci addentriamo qui nell’analisi, va in questa direzione, in una campagna di forte recupero sociale, ferrea però sui ‘fondamentali’.

Allora più che un punto di vista è una domanda e una richiesta, quella di un sereno dibattito, che vi rivolgiamo.

Discutere, in rete, è sempre più difficile, forse su questo siamo tutti d’accordo. La logica del social network porta all’impressione di aprirsi a comunità aumentate e nello stesso tempo mostra delle chiusure e una facilità alla degenerazione del dibattito che sempre più spesso appaiono preoccupanti. Ecco, qui ci si può provare. Oppure tenetevelo come un interessante dibattito a casa con gli amici e un bicchiere di vino, se non avete voglia di scrivere. Su Q Code mag sarebbe bello, altrimenti ci rimarrà il gusto di aver fornito uno spunto di discussione.

 



Lascia un commento