Estate nel pallone

La trattativa, sulla base di 120 milioni di euro, tra Real Madrid e Tottenham per Gareth Bale si arricchisce di un parere inatteso

di Christian Elia

Il calcio, ad agosto, è una sala d’attesa. Sei consapevole che, prima o poi, entrerai. Il tempo, però, pare come sospeso. I giornali devono, ogni giorno, inventarsi qualcosa, promettere, immaginare, illudere. Come in una estenuante campagna elettorale. Ogni estate ha il suo tormentone e quella 2013 non fa differenza. La sceneggiatura di questo agosto ha per protagonista un giovanotto gallese: Gareth Bale.

Esterno sinistro, così forte tecnicamente e fisicamente che potrebbe coprire la fascia mancina da solo, uno e trino, terzino – mezz’ala – ala. Bale ha appena compiuto 24 anni, gioca per il Tottenham Hotspur, una delle squadre di Londra, glorioso passato, presente in fieri. Un tecnico che sembrava il nuovo Mourinho, Villas Boas, poi sembrava un demente, ora sembra un buon allenatore. Qualche altro buon giocatore, ma è lui, Bale, il numero 11, il campione.

Gareth-Bale-Spurs

Faccia da ragazzo del college, nel senso di quelli che possono essere allo stesso tempo il killer e il buono di un film horror.  Quattro milioni di sterline all’anno, il suo stipendio di tutto rispetto, guadagnato con una stagione monstre: 21 reti in 33 partite.

Il Real Madrid, isterico dopo aver subito il brand Barcellona per anni e superato dal Bayern Monaco quando era il momento di approfittare dell’appannamento dei blaugrana, freme. Lo vogliono a Madrid, Bale, costi quel che costi. Anche perché a Barcellona è arrivato pure Neymar, e tremano le gambe a immaginare l’asso brasiliano in coppia con Messi. A Madrid per Bale son pronti a tutto, anche alla follia. Si parla di un’offerta da 120 milioni di euro. Avete letto bene, proprio 120 milioni da versare nelle casse del club londinese.

Nel teatrino del pallone ci sono copioni sempre uguali, anche dopo più di cento anni. E’ quella coazione a ripetere che rappresenta uno degli ingredienti dell’immarcescibile fascino del gioco del calcio. Il tormentone estivo, infatti, non vale nulla se non c’è la polemica sulla ‘moralità’ di certe cifre. E allora quanto varrebbe oggi Pelè? – tuonano barbieri e ragionieri, capitani di industria e pubblicitari, in una rovente livella dell’ovvietà.

Questa volta, però, il tormentone si arricchisce di un protagonista inatteso: l’antisemitismo. Il Tottenham, infatti, è considerato una sorta di squadra simbolo per gli ebrei londinesi. Nasce nel 1882, fondato da membri di un club di cricket chiamato Hotspur. La squadra di calcio prende il nome del quartiere della capitale britannica, noto in passato per la densità di ebrei. Solo questo, nulla più, ma diventa un simbolo. Il club, per capirci, vende cibo kosher allo stadio.

Ecco che lo sceicco yemenita Ahmed al Dossari, vicino ad al-Qaeda, decide di dire la sua sulla vicenda Bale: “Mercanti senza scrupoli. Ebrei che saranno puniti per la loro avidità”. Non fosse tragico, sarebbe una farsa. Ti immagini questo tizio che vive nascosto in una grotta in Yemen, con i droni Usa che gli ronzano sulla testa, pronti a seccarlo, e lui non trova niente di meglio da dire. Fate attenzione: non una parola sull’abnorme cifra, con cui in Yemen si ricostruirebbe il sistema di istruzione o la sanità pubblica, ma l’affondo e l’offesa agli ebrei. Avidi, come da stereotipo, mentre neanche una parola sui folli madrileni. Il calcio, purtroppo, è sempre specchio del suo tempo.



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