Tunisi, la lunga estate calda

Una grande manifestazione dell’opposizione rende il clima di incertezza del Paese, nel quale è difficile prevedere gli sviluppi

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/08/Clara-Capelli-NFC-Tunis-2013-Picture.jpg[/author_image] [author_info]di Clara Capelli, da Tunisi. Dottoranda in economia dello sviluppo con la passione per la lingua araba, si occupa di mercato del lavoro in Nord Africa e Medio Oriente. Ha lavorato in Cisgiordania, Libano e Tunisia, ma non ha ancora capito quale Paese le piaccia di più. [/author_info] [/author]

Quarantamila, dice il Ministero degli Interni. Centomila, duecentomila, trecentomila, rispondono gli organizzatori. I numeri sono fondamentali in questa estate tunisina. Dopo l’omicidio di Brahmi, l’opposizione è scesa in strada a protestare contro il governo (a interim) di Ennahda e dei suoi alleati,  l’Assemblea Costituente che avrebbe dovuto terminare i lavori a ottobre dell’anno scorso,  il deteriorarsi delle condizioni di sicurezza, le difficoltà di un Paese che nonostante la rivoluzione fatica a decollare dopo anni di autoritarismo e corruzione. Diverse manifestazioni, poi il funerale di Brahmi e l’organizzazione di un sit-in permanente nel quartiere Bardo, dove ha sede l’Assemblea Costituente. Ogni sera migliaia di tunisini si riuniscono per intonare slogan e cori contro Ennahda e il suo governo, chiedendone a gran voce le dimissioni.

Tunisia Protests

I primi giorni dopo l’omicidio anche i sostenitori di Ennahda hanno fatto sentire la loro voce, negando le responsabilità del partito nella morte di Brahmi, vittima secondo loro di lobby colluse con il deposto regime di Ben Ali (la cosiddetta « contro-rivoluzione » ) per far sprofondare la Tunisia nel caos a riprendere il potere.  Il sabato stesso del funerale avevano organizzato anche loro un sit-in per difendere la legittimita’ del governo in carica, sicuramente preoccupati che lo scenario egiziano potesse replicarsi in per gli islamisti tunisini. Per un paio di giorni i due gruppi hanno manifestato occupando i due opposti poli della piazza su cui sorge la sede dell’Assemblea. Separati da transenne e da un ampio spazio “cuscinetto”, guardandosi da lontano e urlando l’uno sui cori dell’altro. Tuttavia i numeri hanno immediatamente dato ragione agli oppositori del governo, i pro-Ennahda non hanno mai superato il migliaio e il loro sit-in è presto sparito.

Fino a sabato 3 agosto: Ennahda indice una manifestazione nella piazza della Kasba a Tunisi, cuore della città. Una dimostrazione di forza per rispondere al « i‛tisam el-raHil », il sit-in per il dissolvimento dell’Assemblea Costituente e del governo. Sono in tantissimi a rispondere all’appello di Ennahda : si dice addirittura cinquantamila, molto più probabilmente la cifra attentibile è intorno a quindicimila. Alcuni hanno parlato di persone pagate dal partito per andare alla Kasba a protestare, ma è una voce difficile verificare.

Comunque sia, sabato 3 agosto la Kasba ha sfidato il Bardo. Dopo otto giorni di sit-in la piazza era certamente più organizzata, con un palco attrezzato, gazebi dove firmare la petizione del movimento Tamarrod (ispirato all’esperienza egiziana), venditori di bandiere, bevande, panini e addirittura popcorn. Ma la partecipazione non cresceva e, soprattutto, il governo non sembrava cedere. Il primo ministro Laarayedh aveva escluso ogni possibilità di dimissoni, limitandosi a chiamare all’unità nazionale e la promettere che la quarta bozza della costituzione verrà terminata in un mese e che le elezioni si terrano il 17 dicembre (anniversario dell’immolazione di Mohammed Bouazizi) Ci voleva una scossa per ridare slancio alla protesta, evitare che divenisse una semplice festa senza un’effettiva forza di mobilitazione e pressione politica.

Il 6 agosto la scossa è arrivata. Non era un giorno come un altro. Ricorrevano infatti i sei mesi dall’omicidio di Choukri Belaid e per questo l’opposizione aveva chiamato una manifestazione. Era importante presentarsi in tanti per dare un segno al governo. E in tanti si sono presentati.

***

Vado alla manifestazione con Ahmed, un amico egiziano in vacanza a Tunisi. Uno di quelli che « stava a Tahrir ». Vuole di vedere se i tunisini sono bravi come gli egiziani a fare la rivoluzione. Prendiamo un taxi in centro, l’autista è restio, « troppo traffico per il Bardo ». Non ci vuole troppo a convincerlo e alla fine riesce a portarci abbastanza vicini alla zona del sit-in. La gente sta arrivando da ogni direzione : in macchina, in autobus, in taxi, a piedi. Soprattutto a piedi. Alcuni, curiosi, osservano ciò che succede dai loro balconi. Io e Ahmed ci uniamo al fiume di persone che si dirigono verso la sede della Costituente. Si cammina con tranquillità. Lentamente, certo, ma senza essere soffocati dalla folla.

L’atmosfera è allegra, tanti esibiscono con orgoglio la bandiera tunisina, spesso usandola a mo’ di mantello. Ci sono grandi aspettative perché un paio di ore prime il presidente dell’Assemblea Costituente Ben Jaafar – membro del partito di Ettakatol, in coalizione con Ennahda – ne ha sospeso i lavori finché governo e opposizione non raggiungeranno un accordo. Origlio le conversazioni, mi pare di capire che i partecipanti siano soddisfatti, sperano che la manifestazione raggiunga numeri tali da sfruttare le nuove condizioni politiche e costringere il governo a fare un passo indietro.

Non mancano le immagini di Brahmi e Belaid ; spuntano un po’ ovunque. Ahmed si guarda intorno « Be’, c’è tanta gente. Però ci si muove bene, a Tahrir sei pressato come una sardina ». Procediamo e osserviamo i manifestanti mentre inveiscono contro Ennahda e il suo leader Ghannouchi o cantano compunti l’inno nazionale. Namoutu namoutu wa yahya el-watan.  Moriamo moriamo e viva la patria. Questa parte rimbalza  da una parte all’altra del corteo, ripetuta con un’espressione immancabilmente solenne. Mi viene in mente l’inno italiano « siam pronti alla morte l’Italia chiamò » Non so quanti davvero siano effettivamente pronti a morire per la patria, ma sono parole forti, evocative. Si tratta di un momento collettivo importante, il fatto di essere in tanti incoraggia e rende tutto possibile : insieme per un obiettivo comune, anche se nella realtà scontrarsi con problemi differenze divisioni che hanno ben poco di eroico.  « Non è male il loro inno, mi piace » dice Ahmed.

Ecco, ora si inizia a vedere da lontano la sede dell’Assemblea Costituente. Mi guardo intorno e mi rendo conto che dietro di me ci sono tantissime persone, tutte arrivate dopo di noi senza che quasi me ne accorgessi.. Tantissime e diversissime. Accanto a me tre signore di mezza eta’, potrebbero essere mia madre, vestite con cura e armate di bandierine della Tunisia. Le agitano eccitate come bambine, come se fosse un gioco nuovo. Di fronte a noi, un gruppo di signori sulla sessantina che discutono animatamente fra loro, ogni tanto si interrompono per urlare con veemenza slogan contro Ghannouch. Poco piu’ avanti due fidanzatini – entrambi avvolti nella bandiera nazonale –fanno foto col cellulare.

Ecco irrompere un gruppo di ragazzi sui vent’anni, calzoncini canottiera e tatuaggi. Cantano e saltellano, non si curano di pestare i piedi agli altri, ma sono davvero contagiosi con il loro entusiasmo. Coinvolgono tutti quelli che sono intorno a loro ; alcuni montano sulle spalle dei compagni e da lì dirigono i cori. « Secondo me sono dei tifosi di calcio. In Egitto sono stati fondamentali, sono abituati a prenderle dalla polizia, sanno come muoversi e come affrontare i lacrimogeni. E poi sono bravissimi coi canti. Sì, è gente dello stadio quella » commenta Ahmed mentre si infastidisce perché uno di questi ragazzi gli è appena atterrato su un piede.

Cerchiamo di accelerare la nostra marcia e di farci largo tra la folla. Sorpassiamo alcune famiglie con bambini – molti promossi a ruolo di porta bandiera, ruolo che svolgono con piglio, contenti di fare «  i grandi » – un signore piuttosto anziano che si sgola contro il governo e riusciamo ad avvicinarci alla sede del Bardo. Bandiere ovunque e tantissima gente che senza sosta chiede dissolvimento di governo e ANC. Hal el-ta’ssisi wajib ! Hal el-Hukuma wajib ! La dissoluzione dell’Assemblea Costituente è un dovere, la dissoluzione del governo è un dovere.

Ahmed fa subito i paragoni con l’immensa Tahrir. « Qui quanta gente ci sta ? Qualche migliaio. No, a Tahrir di piu’». Finalmente mi decido a fargli notare che Tunisi non è il Cairo in termini di dimensioni, ma sono interessata a capire cosa pensa dei partecipanti, perché a me sembra che la composizione sia davvero eterogenea e rappresentative delle diverse anime del Paese. « Si, direi che c’è un po’ di tutto » mi risponde « Tante donne, tanti giovani, ma anche tanti adulti dell’età dei nostri genitori. E poi secondo me ci sono tutti gli strati sociali ». Mi indica un gruppetto di signori dall’apparenza nettamente borghese, proprio a fianco di alcuni ragazzi dagli abiti sporchi e usurati, un aspetto dimesso che è quasi certamente segno di un’estrazione sociale non fortunatissima ; piu’ in là delle ragazzine abbigliate alla moda si fanno delle foto mentre una coppia acquista da bere per i suoi tre bambini. «  Noi in Egitto non abbiamo la classe media » mi spiega Ahmed « o siamo poveri o siamo ricchi. Qui è abbastanza vario ».

« Però – prosegue – vedo poche donne velate ». Protesto, secondo me ce ne sono diverse: dalle ragazze giovani in compagnie delle amiche, alle madri di famiglia e alle signore più avanti con gli anni. Proprio di fronte a me ce se sono un paio, anche abbastanza appassionate nei cori di protesta. Cattura la mia attenzione una donna piuttosto anziana, il velo tipico delle contadine, probabilmente in compagnia dei figli ; mentre loro urlano e cantano, lei si guarda intorno spaesata, stringe nella mano una bandiera tunisina. Faccio notare tutto questo ad Ahmed, che tuttavia non è convinto : « Sono tutte sicuramente dall’altra parte, quella di Ennahda. Da noi è diverso, addirittura ci sono molte col niqab che osteggiano i Fratelli Musulmani ».

La serata procede, la zona circostante il palco è animata da ragazzi sui vent’anni, alcuni coi rasta e magliette con slogan marcatamente schierati. Si arrampicano sui semafori, si fanno aiutare dagli amici, scandiscono i cori con determinazione. Qualcuno usa il megafono, ma la maggior parte può solo massacrare le sue corde vocali. Asshaab yurid isqat el-nizam. Il popolo esige la caduta del regime. Basta Ennahda, basta Ghannouchi, basta troika. Hurreya, libertà.

È tardi, io e Ahmed siamo stanchi e, soprattuto, devo andare al lavoro. Di nuovo ci facciamo largo fra la gente, ci infiliamo in una viuzza laterale in cui si trovano diversi piccoli fastfood. Molti stanno mangiando, altri sono seduti sul ciglio della strada e si riposano. I pullman sono tutti parcheggiati li. « Ho letto che hanno organizzato delle vere e proprie trasferte da ogni dove in Tunisia per venire stasera a manifestare », spiego ad Ahmed.

Troviamo finalmente un taxi. « Allora, secondo te ce la fanno ? ». chiedo. « Non lo so, dipende se Ennahda la capisce che deve dare loro retta. Vediamo cosa succederà dopo la fine del Ramadan. Però non male, sono bravi, sono contento di essere venuto stasera ».

Io intanto ripenso alle persone che ho osservato stasera. Tante e diverse, non finirò mai di ripeterlo. Quanto mi piacerebbe vedere una mobilitazione simile in Italia : persone come i miei genitori scendere in strada a rendere pubblica la loro indignazione, senza il pregiudizio secondo il quale « la piazza è prerogativa dei sovversivi ; ragazzi come i miei amici dedicare un pomeriggio o una serata a dire « non sono d’accordo », anziché rimanere a casa perché « non c’è nessuno che li rappresenta », come se ci potesse essere un’agenda personalizzata per ogni manifestante.

Riconosco ingenuità e debolezze,  ma quello che ho visto al Bardo mi è piaciuto. Ha ragione Ahmed, sono bravi. Tutti bravi.



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