La resistenza dei copti d’Egitto

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/08/IMG_4409.jpg[/author_image] [author_info]di Samuel Bregolin, dal Cairo. Diplomato come perito agrario, ha seguito letteratura contemporanea a Bologna. Si occupa di agricoltura biologica, reportage, poesia, giornalismo e viaggio. Ha viaggiato in Francia, Italia, Inghilterra, Spagna, Ex-Jugoslavia, Romania, Bulgaria, Turchia, Tunisia e Marocco. Ama raccogliere e raccontare storie dal basso e dalla strada. Ha collaborato con Il Reporter, Colonnarotta, Lindro e Turisti non a Caso. Collabora con Viaggiare i Balcani, OggiViaggi, Il circolo del Manifesto di Bologna, Articolo3, Il Reportage, Qcode Mag. [/author_info] [/author]

24 agosto 2013. Nel governo provvisorio egiziano sono entrati a far parte tre ministri di fede cristiana, in Egitto è la prima volta che succede. Fino ad oggi i copti non hanno mai avuto un’influenza politica, ne una voce pubblica. Ora le cose potrebbero cambiare.

A Tanta, dove Mina vive, la messa si svolge ogni domenica mattina, il sabato sera i fedeli si riuniscono per cantare i salmi e comprare i pani votivi. Mina è un copto, un cristiano ortodosso d’Egitto, porta al collo una catenella d’oro con una croce appesa e si reca ogni settimana alla santa messa.

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Per lui, come per ogni copto in Egitto, la vita non è semplice. Sotto una superficiale velina di tolleranza lo stato islamico di fatto impedisce la convivenza. “I musulmani dicono agli stranieri che tutto va bene”, dice Mina, “ che andiamo d’accordo, che siamo una grande famiglia: ma questo non è vero”.

Lo testimoniano le frequenti violenze notturne e gli scontri tra musulmani e copti che avvengono vicino ai principali luoghi di culto ortodossi, ad Alessandria e al Cairo. Lo dimostrano gli attentati fatti contro le chiese copte nel corso degli anni, che causarono morti e feriti, e che ebbero una visibilità quasi nulla sui mass media egiziani.

La storia della chiesa copta nasce nel primo secolo dopo Cristo quando San Marco, in fuga dalla Roma di Nerone si trasferì qui, cominciando a professare la nuova religione. Dopo duemila anni lo stato egiziano riconosce ufficialmente tre milioni e trecentomila copti in Egitto. Ma sono probabilmente molti di più: le statistiche sono di difficile interpretazione a causa del sabotaggio interno alle istituzioni e ad alcuni copti che per timore preferiscono non farsi riconoscere. Eppure, afferma Mina: “Noi cresciamo con questo sentimento di protezione, per questo siamo orgogliosi di essere cristiani e vogliamo rivendicarlo”

Sicuramente nessun copto ha mancato di dare l’estremo saluto al Papa egiziano, il patriarca di Alessandria che è deceduto il 17 marzo 2012: Shenouda III. Lasciando dopo più di quarant’anni di regno il patriarcato a Teodoro II. Una lunga fila di persone si snodava quel giorno al Cairo, dalla cattedrale, dove era esposto il corpo del defunto pontefice, fino alla  stazione Ramses, lontana alcuni chilometri.

Uno dei simboli copti più comuni è una croce tatuata sul palmo della mano destra. Questi tatuaggi avvengono al santuario di Saint Simon, al centro del Cairo, nel quartiere di Mokattam. Il santuario è un luogo particolare, molto diverso dai luoghi di culto cattolici che abbiamo l’abitudine di vedere in Italia. Esso è scavato nella roccia, ha un’enorme gradinata simile a quelle dei teatri greci e ricorda più un luogo pagano che monoteista.

Qui, al Santuario di Saint Simon, oltre a tatuare le croci sulle mani si effettuano anche gli “esorcismi”, così come viene chiamato il rito di conversione che un arabo deve fare per lasciare l’Islam e abbracciare la religione ortodossa.

Sulle conversioni è lotta tra religioni: nessuno vorrebbe perdere fedeli e tutti combattono per guadagnarne. Secondo i copti è un onore entrare nel cristianesimo invece per i musulmani è una vergogna e un crimine.

Ma oltre alle ragioni di stato è sopratutto la popolazione a subire le conseguenze di questa situazione. “Per un copto”, continua Mina, “è molto più difficile ottenere un lavoro pubblico, e quasi senza possibilità uno privato. Sicuramente impossibile ottenere posti dirigenziali o di responsabilità. Non c’è nessuna legge scritta, ma basta mostrare la carta di identità e la voce religione mette in risalto questa differenza, ma se non fosse per questo basterebbe già il nome a fare la differenza, Mina per esempio è un nome copto, il più comune qui in Egitto”, conclude con tristezza,“basta il mio nome per far capire chi sono, e comportarsi di conseguenza”.

Non è stato solo l’ultimo anno di governo coi Fratelli Mussulmani al potere, la situazione è praticamente la stessada sempre. Da molti anni ormai le donne copte, che non portano il velo sui capelli, sono osservate con disaccordo. In queste condizioni diventa difficile anche fare compere, portare i figli a scuola e costruirsi un’esistenza dignitosa.

Alcune organizzazioni per i diritti umani hanno messo in luce episodi di marginalizzazione e di vessazione alla comunità cristiana. Sono numerosi i casi di donne copte – secondo i racconti della comunità –  rapite e convertite all’Islam per essere date in moglie a uomini musulmani.

Nel 1981 un gruppo di fondamentalisti uccise 17 cristiani e ne ferì 112. Le conseguenti proteste furono represse dell’allora Presidente Sadat che mise agli arresti il Patriarca ortodosso. Fu l’unico caso del Novecento in cui un primate della chiesa fu vittima di detenzione, ad esclusione dei paesi comunisti.

Il primo gennaio 2011 ad Alessandria D’Egitto, approfittando delle festività per la fine dell’anno, un integralista musulmano si fece esplodere all’ingresso di una chiesa copta, causando 23 morti. Le prime indagini, subito abbandonate e insabbiate, fecero emergere la collaborazione di apparati statali e servizi segreti.

Nel frattempo per Mina le giornate passano aspettando che qualcuno consideri il suo diploma in farmacia. Continua a dirsi orgoglioso di essere un copto, e non vuole nasconderlo. Anche se, oltre allo sfogo del momento, quando usciamo per strada, fa sempre attenzione che il crocefisso che porta al collo non esca dalla maglietta.



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