La luna e i calanchi

Il 29 agosto, ad Aliano, in Basilicata, inizia il festival di paesologia ideato e curato da Franco Arminio, con ospiti, laboratori ed eventi nel segno del paesaggio e della lentezza

ALIANO

25 agosto 2013. Piccolo centro con poco più di 1000 abitanti, è situato nella parte centro-meridionale della Basilicata, racchiuso tra il torrente Sauro ed il fiume Agri, un tempo navigabile.
Il posto, oltre alla celebrità derivatagli dal Cristo si è fermato a Eboli, è famoso anche per i suoi calanchi, tra i più suggestivi d’Europa. I calanchi, dorsali costituite da una successione di rocce sedimentarie sollevatesi durante l’orogenesi terziaria, solcano delle enormi colline di argilla bianca, che per la loro estensione e varietà creano un paesaggio suggestivo. L’intero paesaggio è percorso da strade carrozzabili che permettono di gustare da vicino tutta l’incredibile bellezza.

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IL SITO E IL PROGRAMMA DEL FESTIVAL

La Casa dove abitò Carlo Levi

“… la casa dove finalmente dopo pochi giorni… andai ad abitare era, si può dire, l’unica casa civile del paese… Era composta di tre stanze, una in fila all’altra. Dalla strada, un vicoletto laterale sulla destra della via principale, si entrava in cucina, dalla cucina alla seconda camera, con cinque finestrelle, che fu la mia stanza del soggiorno ed il mio studio di pittura”.

La riapertura della casa abitata da Levi, con gli interventi di restauro, è di nuovo visitabile ed accogliente; lo scopo del restauro è stato quello di non trasformare e non offendere quanto da Levi osservato, studiato e commentato. Una casa per certi versi banale, ma che possiede quella magia che solo i luoghi entrati in un grande romanzo hanno la fortuna di trasmettere.

“La casa era modesta, costruita in modo economico, e non bella, perché non aveva carattere, non era né signorile né contadina…l’alloggio era quasi vuoto… E soprattutto era una casa, un luogo dove avrei potuto esser solo e lavorare…Mi affrettai dunque a salutare la vedova, e a cominciare la mia nuova vita nella mia residenza definitiva…. Contento della nuova solitudine, stavo sdraiato sulla mia terrazza, e guardavo l’ombra delle nuvole muoversi sulle creste lontane, come una nave sul mare…Uscivo spesso nelle belle giornate, a dipingere: ma lavoravo soprattutto in casa, nello studio o sulla terrazza… Sulla mia terrazza il cielo era immenso, pieno di nubi mutevoli: mi pareva di essere sul tetto del mondo, o sulla tolda di una nave, ancorata su un mare pietrificato…”

“Il padrone di casa mi aveva avvertito che sarei stato spesso disturbato dal rumore del trappeto, il frantoio che era sotto alle mie stanze; ci si entrava dall’orto, per una porticina di fianco agli scalini che portavano in casa. Avrebbe lavorato anche di notte, il trappeto mi aveva detto. Quando girava la vecchia mola di pietra, trascinata in tondo da un asino bendato, la casa tremava, e un rombo continuo saliva dal pavimento…”

Il Cimitero
“… era il limite estremo, in alto, del terreno che mi era concesso. La vista di lassù era più larga che da ogni altro punto, e meno squallida. Non si vedeva tutto Gagliano, che sta nascosto come un lungo serpente acquattato fra le pietre… seduto in terra, il biancore delle argille scompariva, nascosto dal muro: i due cipressi ondeggiavano al vento e tra le tombe nascevano, strani in questa terra senza fiori, dei cespugli di rose. Nel mezzo del cimitero si apriva una fossa, profonda qualche metro, con le pareti ben tagliate nella terra secca pronta per il prossimo morto… in quei giorni di calura avevo preso l’abitudine, nelle mie passeggiate al cimitero, di scendere nella fossa e di sdraiarmi nel fondo. Il terreno era asciutto e liscio, il sole non arrivava laggiù, e non lo arroventava… Nei dintorni del cimitero non andavo soltanto per ozio, in cerca di solitudine e di racconti. Era quello l’unico luogo, nello spazio consentito, dove non ci fossero case… Perciò lo scelsi come primo soggetto dei miei quadri: uscivo, quando il sole cominciava a declinare, con la tela e i colori, piantavo il mio cavalletto all’ombra di un tronco di ulivo o dietro il muro del cimitero, e mi mettevo a dipingere…”

Il Paesaggio

“… spalancai una porta-finestra, mi affacciai ad un balcone, dalla pericolante ringhiera settecentesca di ferro e, venendo dall’ombra dell’interno, rimasi quasi accecato dall’improvviso biancore abbagliante. Sotto di me c’era il burrone; davanti, senza che nulla si frapponesse allo sguardo, l’infinita distesa delle argille aride, senza un segno di vita umana, ondulanti nel sole a perdita d’occhio, fin dove, lontanissime, parevano sciogliersi nel cielo bianco”.

Apriamo oggi una finestra, una qualunque finestrina di legno sconquassato dall’interno di una delle molteplici dimore di pietra con ringhiere di ferro intrecciato di cui il paese è disseminato; osserviamo i panorami, i colori, i calanchi, le valli; sembreranno ancora quadri dipinti ispirati alle pagine del testo.
“… questa strana e scoscesa configurazione del terreno fa di Gagliano una specie di fortezza naturale, da cui non si esce che per vie obbligate”.

Aliano è ancora oggi isolato tra le creste dei suoi burroni e sebbene i “sentieri” descritti da Levi siano stati attualmente asfaltati, l’impressione di inoppugnabilità che si prova osservando il paese dalla valle, conferisce al luogo un’aria misteriosa ed austera che stimola la curiosità ed invita alla sua graduale scoperta.

“… ed ogni intorno altra argilla bianca senz’alberi e senz’erba, scavata dalle acque in buche, in coni, piagge di aspetto maligno; come un paesaggio lunare… e da ogni parte non c’erano che precipizi di argilla bianca, su cui le case stavano come librate nell’aria”.

Il paesaggio collinare che circonda Aliano è così suggestivo che si stenta a distaccarsene senza provare una forte nostalgia. E’ il “Genius loci” che pervade il visitatore e lo attira come d’incanto verso le aride distese del deserto alla ricerca di qualcosa che si muova, di un rumore o di un’eco remota.



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