Racconto di un popolo in attesa, Teheran aspetta che si mantengano le promesse del nuovo presidente iraniano
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/1011723_10151970663739115_31057545_n.jpg[/author_image] [author_info]di Tiziana Ciavardini, da Teheran. Vive attualmente in Iran. E’ antropologa culturale e giornalista. Ha trascorso gli ultimi vent’anni nel Sud Est Asiatico, Estremo e Medio Oriente. Laureata presso La Sapienza, dal 2002 è stata ricercatrice presso il Dipartimento di Antropologia dell’Università Cinese di Hong Kong (CUHK). È Presidente dell’Associazione Ancis Anthropology Forum, Centro Internazionale di Studi, con sede a Roma. Negli ultimi dieci anni si é interessata alle cerimonie rituali iraniane e alla cultura persiana. Ha collaborato con il centro Dialogue Among Civilizations (dialogo tra le civiltà) promosso dell’ex presidente iraniano Khathami. Ha organizzato convegni presso il Senato della Repubblica e la Camera dei Deputati di Roma con incontri dedicati al pluralismo religioso. Ha partecipato a molteplici congressi nazionali e internazionali sul dialogo interreligioso e interculturale; è autrice di articoli divulgativi volti alla conoscenza delle culture e delle religioni. [/author_info] [/author]
É un popolo in attesa quello iraniano, un popolo che vuol veder realizzate le 46 promesse che il neo eletto presidente Hassan Rouhani ha fatto durante la campagna elettorale.
In questo mese di Agosto a due mesi dall’elezione e a un mese quasi dall’insediamento, Tehran si mostra come sempre, niente che faccia presagire a un cambiamento.
Ho girato nei bazaar, nelle strade, nei negozietti aperti fino a tarda notte, nelle zone residenziali e in quelle meno ricche. Ho intervistato i miei amici che studiano fuori l’Iran tornati per le vacanze estive e quelli che oltre all’Iran non hanno mai visto altro paese. Ho piú volte chiesto, indagato, cercato, interpretato e ottenuto risposte alle mie domande.
Cosa prevedete per il futuro di questo paese? La risposta é piú o meno sempre la stessa: attendiamo Rouhani.
Una studentessa di medicina che parla perfettamente inglese e italiano mi ha raccontato la situazione di questi giorni. Lei ha viaggiato, é una ragazza moderna anche se é figlia della Rivoluzione Islamica perché nata circa trent’anni fa e conosce molto bene la realtá fuori dell’Iran. Una ragazza semplice che mi chiede di non pubblicare il suo nome tantomeno la sua foto. É abbronzata e ha lo smalto di diverso colore su ogni unghia, forse una moda iraniana degli ultimi tempi. Una banalitá forse ma questa moda non é stata trascurata dal Governo Iraniano visto che ci sono multe che vanno dai 40 ai 50 Toman (10 euro circa) per evidente abbronzatura e smalto diverso sulle mani. Un’altra, l’ennesima restrizione per queste donne considerate fuorvianti e non consone alle leggi islamiche. Mi ha raccontato di come stanno vivendo i giovani questi mesi dall’elezione di Hassan Rouhani: “Abbiamo votato Rouhani perché ha fatto molte promesse – per l’economia, per noi giovani, per i posti di lavoro, per le donne e per i diritti umani – se solo tenesse fede alla metá per noi sarebbe giá una grande vittoria. Noi gli abbiamo creduto adesso dobbiamo solo attendere e vedere cosa accadrá”.
In effetti le parole di Rouhani hanno fatto intendere che terrá fede alle promesse fatte: “Le persone hanno votato per la moderazione – ha detto – vogliono vivere meglio, avere dignità, e godere di una vita stabile. Vogliono riconquistare la loro posizione meritevole tra le nazioni. Ho promesso al popolo durante la campagna elettorale che il governo risponderà a tutte le sue richieste. Il mio compito come Presidente è di adempiere tali promesse, ascoltando l’opinione della gente, comprese le potenziali critiche”.
Per avere una lista delle promesse e monitorare le azioni del ‘governo Rouhani’ é anche nato il ‘Rouhanimetro’ che ha la finalitá di monitorare i primi 100 giorni del governo e verificare se il neo-Presidente iraniano manterrá le promesse fatte in campagna elettorale. Il Rohanimetro ideato dall’Institute for Global Studies della Munk School presso l’Universitá di Toronto in Canada ha giá iniziato il conto alla rovescia dei 100 giorni. Il sistema suddivide le promesse di Rohani nelle seguenti categorie: economica, politica interna, politica estera e socio-culturale. Di 46 promesse ad oggi solo alcune sono in via di realizzazione.
Economia e Nucleare
Rouhani ha affermato che all’inizio del suo Governo il problema primario da affrontare sará quello dell’economia che in questo momento è vicina al colasso. L’Iran sta vivendo infatti il suo peggiore isolamento politico ed economico degli ultimi vent’anni. Inflazione che ha causato una dura crisi economica causata in parte dalle sanzioni imposte dagli Stati Uniti, nel vano tentativo di frenare il programma nucleare iraniano. Malgrado Rouhani abbia piú volte affermato di voler “parlare il linguaggio del rispetto piuttosto che quello delle sanzioni” ha anche confermato che non fermerá il programma nucleare iraniano. Il che in parole povere palesa che si sta cercando una nuova forma di dialogo: piú morbido, accondiscendente, pacifico, cosí lontano da quell’atteggiamento cupo e risolutivo che avevamo attribuito al precedente presidente M. Ahmadinejad. Il risultato peró non cambia.
L’Iran continuerá con il programma nucleare, ci sará forse piú trasparenza permetteranno le ispezioni AIEA e mostreranno quello che loro vogliono mostrare, alcune sanzioni forse verranno eliminate ma amaramente il risultato sará lo stesso di prima.
Non servono analisti e teorie strategiche fatte a tavolino per delineare una situazione tanto evidente. La massima autorità della Repubblica Islamica e la figura dominante nella politica iraniana non è il presidente ma il leader supremo, l’ayatollah Ali Khamenei e la costituzione iraniana conferisce al capo supremo tutte le principali istituzioni dello Stato. Malgrado nella sua prima conferenza stampa dopo essere stato eletto, Rohani abbia detto che avrebbe cercato di rendere il programma nucleare più trasparente e migliorare le relazioni con le nazioni occidentali, non dobbiamo farci ammaliare dai giochi di parole.
‘Trasparente’ in questo caso non significa ‘fermare’il programma nucleare, anzi preannuncia che si sta cercando una strategia per farlo sembrare il meno innocuo possibile. Non dimentichiamo che Hassan Rouhani e il partito di centro sono i promotori e coloro che traggono benefici del sistema politico teocratico. Non si metterá in disaccordo contro l’establishment iraniano per non incorrere negli stessi sbagli di Ahmadinejad. L’attuale Presidente é stato uno dei principali consiglieri del Leader Supremo e capo del Consiglio di sicurezza nazionale dell’Iran: sarebbe irrazionale sostenere che possa mettersi contro questo sistema e parrebbe illogico credere che possa mettere a rischio il suo potere attuale per favorire gli Stati Uniti.
La stessa ‘politica’ verrá usata in altri campi.
La mia permanenza a Tehran dal secondo mandato di M.Kathami ad oggi ha mostrato una chiara visione del ‘cambiamento’ se cosí lo possiamo chiamare tra i vari Governi. Sotto la presidenza di Mohammad Khatami (1997-2005) si era assistito ad un miglioramento della situazione dei diritti umani, si sperava e si era in parte ottenuta una delicata apertura al dialogo. La speranza di un cambiamento con l’elezione di Mahmoud Ahmadinejad nel 2005, é rapidamente svanita. Lo stato di cose é ulteriormente precipitato nel 2009 durante le manifestazioni a seguito delle contestate elezioni presidenziali del secondo mandato. Le forze di sicurezza arrestarono migliaia di persone durante i cortei e centinaia nelle loro case.
Decine di prigionieri politici, compresi prigionieri di coscienza, rimangono tuttora dietro le sbarre scontando pene inflitte per ipotizzati reati contro la sicurezza nazionale e dopo processi iniqui. La situazione delle minoranze etniche e minoranze religiose, tra cui ahwazi arabi, azeri, baluci, curdi, così come baha’i, convertiti cristiani e sufi è notevolmente peggiorata. Coloro che divergono dalla politica di stato come giornalisti, blogger, sindacalisti e attivisti per i diritti delle donne, affrontano quotidianamente restrizioni sul diritto alla libertà di opinione, di espressione, di associazione e di riunione. L’Iran rimane ad oggi uno dei paesi che maggiormente ricorre alla pena di morte anche per i minorenni.
Durante la campagna elettorale Rouhani aveva parlato di una “carta dei diritti civili” che garantirebbe l’uguaglianza di tutti i cittadini basata su razza, religione o sesso; maggiore libertà per i partiti politici e le minoranze, la garanzia di processi equi, la libertà di assemblea e la protezione legale per tutti. Il neoeletto ha criticato la segregazione di genere nelle strutture educative e ha fatto diverse promesse per migliorare la situazione dei diritti delle donne. Tra le sue promesse vi era anche l’istituzione del primo Ministero per le Donne nella storia del Paese ma a circa un mese dal suo insediamento di questo Ministero non vi é traccia. Si potrebbe pensare che abbia arginato il problema con l’elezione nel suo Governo di Elham Aminzadeh, quale vice-Presidente con delega agli affari legali. Una donna, una sola, quando nel criticato governo Ahmadinejad di donne ve ne erano ben tre.
Anche l’Italia attende il cambiamento
L’Iran e l’Italia erano fino a qualche anno fa ottimi partner commerciali. L’Italia piú di tanti altri é un paese che storicamente è legato all’Iran dai tempi di Enrico Mattei negli anni ’50. Il vice Ministro italiano Lapo Pistelli cosí come riportato da qualche giornale ha effettuato subito dopo l’insediamento di Rouhani una visita lampo di qualche giorno nella capitale iraniana. Visita che per l’importanza del dialogo con i vertici iraniani del nuovo Governo non ha avuto la risonanza mediatica che meritava. In una intervista Ansa lo stesso Pistelli ha affermato: “Non si é trattato di una fuga solitaria – ma fortemente voluta dal ministero con la piena consapevolezza, informazione e condivisione di Palazzo Chigi, del Quirinale e con la preventiva informazione degli alleati europei e americani e anche di Israele. Qualsiasi opinione si possa avere sulla politica internazionale iraniana siamo davanti a una potenza regionale che non puó essere rimossa concettualmente dalla politica estera del nostro Paese”. Senza dimenticare che per l’Italia il dialogo con l’Iran significa anche posti di lavoro viste le aziende italiane che vi lavorano.
Dunque: attendiamo. Ci sará forse con Rouhani un tenue e morbido cambiamento ma le questioni gravi quali nucleare, diritti umani, discriminazioni, non cambieranno. Se l’Iran ci vuole incantare dovremmo almeno avere la consapevolezza di esserne a conoscenza. L’Iran rimarrà una teocrazia, il leader Supremo detterá le leggi anche del Governo Rouhani e di certo il nuovo Presidente non apporterá quella democrazia tanto ambita da una parte della popolazione iraniana che rimane per ora un sogno utopico.