[author] [author_image timthumb=’on’]https://fbcdn-sphotos-b-a.akamaihd.net/hphotos-ak-prn2/208826_10151525732097904_583330344_n.jpg[/author_image] [author_info]Leonardo Brogioni, fotografo, fondatore di Polifemo. Per QCodeMag autore della rubrica HarryPopper[/author_info] [/author]
Quando ho letto che la mostra era allestita all’interno di un centro commerciale ho sentito la puzza sotto il naso, l’odore del pregiudizio. Tanto che, sbucando dalla fermata Cour Saint-Èmilion della metro linea 14, non riuscivo a capire dove fosse. Ma ce l’avevo davanti. Proprio lì infatti si trova il Bercy Village: due lunghe file di piccoli edifici ad un piano con i tetti a punta, fino al 1960 sede di un mercato vinicolo. Nel vialetto che le separa si vedono ancora i resti delle rotaie per i treni che portavano il vino dalle chiatte sulla vicina Senna alle tante cantine in pietra bianca. Archeologia industriale, poi – alla fine degli anni ‘90 – una ristrutturazione perfetta per ospitare locali e negozi in modo discreto e intelligente. Lontano anni luce dagli incubi ad aria condizionata dei parallelepipedi nelle periferie milanesi. “Un centro commerciale atipico” si legge sulla brochure “un luogo dove un nuovo approccio al commercio si coniuga con manifestazioni culturali”. Vero, ma io lo definirei anche l’ennesima lezione parigina di utilizzo efficace di spazi pubblici. Nei suoi passages (corridoi di collegamento tra l’esterno e il vecchio mercato) è allestita la mostra fotografica “Seeuropeans” di Alessandro Albert e Paolo Verzone. Più di trenta ritratti in grande formato (stampe 140 x 177,94 cm) di bagnanti ripresi su svariate battigie europee.
Un lavoro iniziato nel 1994, quando due baldi giovani (oggi padri di famiglia) si inventarono “un progetto fotografico comune con una sola fotocamera, con la quale hanno ripreso centinaia di anonimi per costruire l’album di una rara famiglia, che non esiste. Un album che è frutto di un lavoro paziente, rigoroso, interessato. Il contrario dell’immagine rubata” (questo l’ho letto sul pannello di presentazione alla mostra).
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Oggi che “Seeuropeans” è diventato un classico della fotografia documentaria posso tirar fuori dal mio archivio un testo che i due autori scrissero alla fine del loro progetto, direi una decina ci anni fa. Lo pubblico senza neanche chiedere loro il permesso (sono certo che mi perdoneranno), sia perchè ritengo che in poche righe siano riusciti a spiegare il loro intento e il loro percorso, sia perchè – a questo punto – è diventato un reperto storico. Eccolo qui
“Il progetto nasce nell’estate del 1994. A quell’epoca questo lavoro non aveva un nome ed era iniziato con l’idea di ritrarre in banco ottico 10×12 le persone che frequentavano le spiagge di Rimini, in Italia, e Brighton, in Inghilterra. La scelta di questi due luoghi era in ragione del contrasto, contrasto che a noi interessava particolarmente, mentre la scelta di focalizzare la nostra attenzione sulle spiagge derivava dal fatto che sono luoghi di confine tra terra e mare in cui le persone sono ciò che non sono nella loro comune vita, in poche parole vanno lì unicamente per rilassarsi. È stato dopo che ci è venuto in mente di continuare il lavoro ampliandolo alle spiagge di tutta l’Europa. Si sono quindi aggiunte, nell’estate del 1999, le spiagge di Tylosand in Svezia e di Nizza in Francia, e il lavoro è stato battezzato “Seeuropeans”. Nell’estate 2000, avendo vinto il Premio Marangoni, si sono aggiunte le spiagge di Venus e Neptune in Romania, nell’estate 2001 le spiagge di Ibiza, Finlandia e Lettonia, e nel 2002 Tarifa e Gibilterra, che chiudono questo lavoro con un totale di circa 500 lastre.”
Qui voglio solo aggiungere due parole sull’allestimento, perchè ciò che mi ha colpito è stata proprio la collocazione delle opere nel luogo di passaggio di un centro commerciale (seppur atipico).
I comuni cittadini vanno al centro commerciale, i comuni cittadini vanno in spiaggia, e qui le due pratiche sono messe insieme, in una mescolanza che diventa riconoscimento reciproco e immedesimazione. Il coinvolgimento di persone che non sono certo degli addetti ai lavori, la proposta culturale rendono questa scelta azzeccata, importante e lungimirante. L’intento divulgativo prevale sull’elitarismo di certi ambiti artistici e la puzza sotto il naso svanisce.
La mostra si chiude il 2 settembre, ma se siete a Parigi non perdetela, sapendo – in caso contrario – che potete consolarvi con il libro “Seeuropeans“, fotografie di Alessandro Albert & Paolo Verzone, prefazione di Christian Caujolle, Collection Librement, 120 pagine, formato 22 x 22 cm, ISBN 978-2-919436-05-7, prezzo: 25,00 € (ben spesi!).
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