Intervista a Frank Mugisha, attivista Lgbt ugandese, tra pena di morte per i gay e la morte di David Kato, attivista come lui
di Ilaria Lonigro, tratta da D.it
Oggi il mondo urla ”no” all’omofobia, alla transfobia e alla bifobia, declinazioni di un odio che colpisce a ogni latitudine chi ha un orientamento o un’identità sessuale diversi da quelli etero.
La giornata è stata voluta 6 anni fa dall’Ue in ricordo della cancellazione, nel ’90, dell’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità.
Anche l’Italia festeggia e ospita a Firenze uno dei più grandi attivisti mondiali per i diritti Lgbti (lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali), l’ugandese Frank Mugisha, 32 anni, direttore della ong Smug, Sexual Minorities Uganda, che, finanziata soprattutto dagli Usa, lotta per i diritti Lgbti. Stasera presenterà, alle 20,15 al cinema Principe, il premiatissimo docu-film ”Call me Kuchu”, un ritratto in presa diretta dell’ultimo anno di David Kato, insegnante ugandese e compagno di lotte di Frank che fu ucciso brutalmente nella sua casa il 26 gennaio 2011 a soli 46 anni. Alla presentazione ci sarà anche Kerry Kennedy. La settima figlia di Bob ha fatto conoscere al mondo Frank Mugisha premiandolo nel 2011 con l’RFK Center Human Rights Award, un riconoscimento che gli ha cambiato la vita. ”Oggi il mio lavoro è più legittimato e so che non mi arresteranno nel mio Paese” ha raccontato Frank in un’intervista esclusiva a D.it. Quando ci raggiunge ha appena concluso una lezione sui diritti umani a una platea di ventenni alla Fondazione Campus di Lucca. È incredibilmente minuto nel suo completo blu, ma quando parla diventa un gigante.
LA LEGGE “KILL THE GAY”
Un disegno di legge in Uganda, soprannominato ”kill the gays”, propone la pena di morte per gli omosessuali. Nessun parlamentare si è opposto?
Siamo riusciti a convincere quattro membri. Non hanno preso una posizione sull’omosessualità, solo sulla legge. Hanno chiesto che vengano tolti alcuni articoli perché vanno contro le leggi internazionali o sono già previsti dal nostro codice.
Un buon messaggio, no?
Sì, ma si tratta di 4 parlamentari su oltre 300.
Com’è punita oggi l’omosessualità in Uganda?
Anche con l’ergastolo grazie alle leggi sulla sodomia e a quelle che puniscono gli atti contro natura. Ma dovrebbero coglierti nell’atto, metterti una telecamera in camera. Non è mai successo.
Un bacio omosessuale è reato?
Sì, è considerato un’offesa innaturale e può essere punito con sette anni o con l’ergastolo.
Tu sei mai stato imprigionato o picchiato dalla polizia?
Ho fatto dentro e fuori il commissariato tantissime volte e siamo picchiati spesso, soprattutto quando protestiamo se uno di noi viene arrestato.
UN FILM PER RICORDARE DAVID
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Il film che presenti a Firenze si chiama “Call me Kuchu”. Cosa significa Kuchu?
Kuchu significa omosessualità o Lgbti, nello slang ugandese.
Come è nato?
È il primo e unico film di due registe americane, Katherine Fairfax Wright e Malika Zouhali-Worrall. Nel 2010 vennero in Uganda per seguire il lavoro di Smug: volevano capire come potesse una piccola ong querelare la polizia per invasione della privacy e vincere la causa. Si interessarono subito al lavoro del mio collega David Kato. Lo seguivano mentre andava in prigione per le visite, il suo era un lavoro di assistenza. Ma alla fine del film David fu ucciso. Qualcuno entrò in casa sua con un martello e lo colpì alla testa ammazzandolo. Così decisero di focalizzarsi più su di lui. È un tributo a David, alla sua attività con Smug per i diritti Lgbti. Lui lavorava anche in difesa delle donne e dei bambini.
Nessun atto omofobico al suo funerale?
Sì, sorprendentemente il prete impazzì e iniziò a dire che l’omosessualità non va accettata, che è una brutta cosa. Uno dei miei amici gli ha rubato il microfono (ride, ndr) e ha finito lui la cerimonia. Ma non è tutto: due settimane fa intorno alla casa di David c’è stata un’altra dimostrazione di capi religiosi. Protestavano perché la gente visita la tomba: per loro significa promuovere l’omosessualità.
GLI OMOFOBI? IGNORANTI O RELIGIOSI
Quali sono le cause dell’omofobia in Uganda?
L’ignoranza: pensano che chi è omosessuale lo sia diventato per colpa dell’influenza dell’Occidente, per emulazione, e che non abbia a che fare con l’amore. Lo Stato poi ha totalmente fallito criminalizzando l’omosessualità, attaccando le donne lesbiche stuprate o facendo picchiare le persone per strada. Il resto lo fa la religione: l’Uganda è un Paese per l’85% circa cristiano e questo influenza tutto, anche il dibattito sull’omosessualità.
Nel novembre 2012 Papa Ratzinger benedisse la presidente del vostro Parlamento Rebecca Kadaga, sostenitrice della legge “kill the gays” e definì i matrimoni gay “una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace”. Cosa ti aspetti da Papa Bergoglio?
Oggi sempre più Paesi chiedono non solo gli stessi diritti per le persone Lgbti ma anche il matrimonio tra omosessuali. Penso che il Papa sia sì una figura religiosa, ma anche politica. Le sue esternazioni hanno un’influenza politica. Ha un compito gravoso davanti a sé. Personalmente non capisco un essere umano che si oppone a due che si amano.
COME FARE COMING OUT
Cosa diresti a un giovane che non riesce a fare coming out?
So che certi genitori sono conservatori, ma credo che ci si debba dichiarare. La cosa migliore è prenderla con calma e fare outing con qualcuno di cui ti fidi così tanto da sapere che ti amerà anche se sei diverso. Prova a dirgli: “Sai, sono sempre io, ma amo le persone dello stesso sesso”. La sua reazione ti darà un punto di partenza. L’altra cosa da fare, se ti chiedono se sei gay, è rispondere: “Oh sì, lo sono”. È il modo più facile di uscire allo scoperto. E chi lo chiede di solito non ha niente da aggiungere.
Come si combatte l’omofobia?
La maggior parte del nostro lavoro è di assistenza. In Uganda non sempre le persone Lgbti che vengono picchiate ricevono cure perché gli ospedali sono omofobi, lo stesso vale per le scuole: andiamo a parlare con gli insegnanti per fare accettare gli studenti. Non solo: l’omofobia impedisce alle persone Lgbti di divertirsi, di andare nelle discoteche, di avere spazi di interazione sociale senza fingere di essere ciò che non sono. Servono più spazi sociali: anche così più persone saranno accettate.
Vedi un lieto fine alla brutta storia dell’omofobia?
Guardo alla mia stessa vita: persone che non mi accettavano ora mi accettano. Le cose cambiano, è un processo: alcuni non cambiano idea, altri sì, alcuni ci mettono tanto tempo, altri meno. Sono molto ottimista, il cambiamento avverrà.