Viaggio dalla dissidenza cecoslovacca durante lo stalinismo, sino alla “passione” dei cyber utenti, passando per un cinema porno.
di Alessandro Ingaria
«La scarpetta di cenerentola calza a pennello
Anche la mia fica
ma solo a qualcuno
Non però a uno solo
a te starebbe senz’altro bene
Le fiche si cuciono su misura
e al sarto gli si dice
Mi ci metta una fodera di seta
e non metta bottoni
Tanto la porterò slacciata
Si cuciono quindi così
come la biancheria da uomo».
“Le lettere all’amante” di Jana Černá, poetessa praghese dell’epoca comunista, ben rappresentano un esempio di sexting nell’epoca della carta stampata.
Nella sua attuale definizione, il sexting è una pratica nata con l’era della telefonia mobile, da sex e texting, cioè inviare messaggi sessualmente espliciti tramite sms o chat. Una definizione che si è estesa all’invio di immagini tramite i social network e i mezzi di comunicazione web.
Fotografie, video, testi che raccontano corpi nudi, genitali, accoppiamento o fellatio. Si tratta di un fenomeno che interessa maggiormente gli adolescenti, pur riguardando in generale tutte le fasce di età che utilizzano i nuovi strumenti comunicativi. Il sexting affonda le sue radici ben prima dell’avvento della telefonia mobile o del digitale diffuso. Viene spesso anche confuso con la pornografia, ovvero con il mercato cinematografico hardcore.
E’ possibile differenziare il concetto di sexting e di video pornografico in quanto quest’ultimo viene prodotto, confezionato e distribuito in direzione unilaterale. Una produzione cinematografica, per quanto spesso spacciata per amatoriale, e un’utenza che assiste allo “spettacolo”. In questo senso è particolarmente lucida l’intuizione di Beatriz Preciado, filosofa francese allieva di J. Derrida «Una pellicola pornografica propone essenzialmente pedagogia della sessualità. La pellicola porno non rappresenta la realtà del sesso ma opera come una macchina performativa. Essenzialmente produce “modelli di sessualità”. Ci dice esattamente come dobbiamo utilizzare gli organi sessuali, in che situazione, con chi, in che luoghi; stabilendo una suddivisione tra spazi pubblici e spazi privati». In altre parole, il campo d’azione della libertà e del desiderio è decisamente circoscritto assumendo più carattere normativo. Un’intenzione di assoggettare a regole di comportamento.
[blockquote align=”none”]E’ invece Sand Avidar-Walzer a proporre un’analisi freudiana del sexting. Lo studioso statunitense propone una lettura in termini di desiderio e di fantasia. Come analizza compiutamente lo stesso, spesso si confonde il concetto di fantasia con i termini calvinisti di essa: “la fantasia è una forma di pigrizia per le persone che vogliono soddisfazione senza sforzi. Se si vuole fare sesso, occorre investire tempo e fare in modo che questo accada.” Freud sovverte i termini classici. La fantasia non è solo un’esangue imitazione delle relazioni dell’individuo con il mondo reale. E’ una relazione completamente differente, per un mondo completamente differente.[/blockquote]
Quando Freud scrive che il principio di realtà indica quali oggetti del desiderio sono raggiungibili e quali no, – evidenzia Avidar-Walzer – egli lo intende in due modi distinti, in quanto, nel quadro della teoria psicoanalitica, ci sono due modi diversi in cui un oggetto può essere disponibile, due ordini distinti di appagamento del desiderio. Quando vige il principio di realtà asserisce che non si può fare sesso con i genitori a causa del divieto culturale contro l’incesto, sta facendo una affermazione fondamentalmente diversa rispetto a quando afferma che non si può fare sesso con un unicorno. Un oggetto può non essere disponibile perché non esiste nella realtà o un oggetto può non essere disponibile perché il desiderio è vietato. Nel caso dell’oggetto proibito il desiderio è frustrato. Nel caso dell’oggetto irreale è possibile fantasticare senza conseguenze. Se fantasticare di far sesso con la propria madre produce ansia, fantasticare di fare sesso con un unicorno produce un piacere libero da implicazioni morali derivanti da elementi realmente esistenti. Lo stesso vale per il sexting. L’utente è consapevole di utilizzare un nome falso e una realtà virtuale.
L’opposizione tra il sesso fisico e il sesso virtuale non è una contrapposizione tra il vero e il falso, tra un mondo reale e la sua imitazione. Si tratta di una contrapposizione tra l’essere in grado di fantasticare, di dirigere i propri desideri e non essere in grado di farlo, avendo i propri desideri limitati e vincolati da fattori esterni. Il correlato “libidico” della fantasia, il valore psichico del suo esaudimento, è la promessa di uno spazio in cui il desiderio è svincolato dalla realtà. La differenza tra la fantasia e la materialità non è il tipo di desiderio coinvolto, ma la sua direzione: il desiderio “reale” è diretto verso l’esterno, la fantasia è rivolta verso l’interno. Non si tratta di un mancato raggiungimento di una vera soddisfazione: è semplicemente orientata verso il sé. Non è quindi un insuccesso nell’individuazione di un partner disponibile; è la possibilità di ottenere un feedback sul desiderio. Il sexting, afferma Avidar-Walzer, non è un fallimento della ricerca della vera soddisfazione sessuale: è una soddisfazione sessuale di tipo differente. Il piacere sta proprio nella sua irrealtà; l’origine e la fine stanno nella fantasia. Non è un piacere che imita la sessualità “reale”, ma un piacere che ignora i vincoli e le condizioni alle quali l’attività sessuale “reale” è sottoposta. Trascende i limiti spaziali del sesso fisico: è difficile fare sesso con qualcuno in un altro paese, ma è abbastanza facile inviare in un altro paese la foto del proprio pene.
[blockquote align=”none”]Sand Avidar-Walzer sostiene quindi che è un errore immaginare il sesso virtuale come “una zona arida del sesso priva di sensualità”. Il sexting, come le altre forme di interazione virtuale, è l’opportunità di esplorare il proprio corpo e le proprie fantasie in maniera inosservata, inconsapevole. [/blockquote]
Ovviamente lo studioso è ben consapevole del rischio che gli atti “virtuali” creino ripercussioni nella vita “reale”. E, proprio come nel sesso “reale”, può diventare una fuga dalla realtà, più che un’alternativa alla stessa, così come creare dipendenza, al pari del gioco d’azzardo, dello shopping o dei fast food. Lo studioso riflette infine sul fatto che, come con la bassa autostima, i pericoli insiti nel sexting sono non tanto legati alla specificità dell’atto, quanto alle relazioni personali e sociali con il proprio corpo e i propri desideri. Elementi che prescindono dalla tecnologia e che perdureranno anche quando parlare di sexting sarà come parlare di telegrafo oggi.
Concludendo, è possibile trovare maggiori comunanze tra il sexting e la letteratura erotica, piuttosto che con la pornografia, in quanto l’uso della parola scritta riflette la fantasia, assumendo un tono poetico, un tono creativo. Un’evoluzione della fantasia che si accompagna all’evoluzione del mondo. Tutto ciò senza necessariamente ricadere nel patologico. Perché, classificandolo immediatamente patologico, senza ulteriori riflessioni, si corre il rischio di voler normare l’evoluzione delle condotte sessuali virtuali, assimilandole alla pornografia e non alla ricerca di libertà e fantasia. La pornografia consuma sé stesso in nome di una difesa derivante dalla mancanza di interazione. Nel sexting la difesa è parzialmente bandita in quanto l’Altro interagisce. L’Altro esiste, partecipando liberamente al tentativo di esplorare le nuove dimensioni della realtà e della fantasia. Dove il virtuale è un nuovo spazio, inteso come spazio di interazione da cui si genera un mondo virtuale che è entrato a far parte della mente umana, in quanto mente estesa. (“The Extended Mind” by Andy Clark and David Chalmers 1998).