Siamo abituati ormai alle grandi attese. Meglio, è consuetudine trasformare un giorno inutile e uguale agli altri in quello fatale. Lo chiamano il B-day. Ce ne sono stati tanti e altri ce ne saranno. Quello del voto in giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, sarà uno di quei giorni.
di Nicola Sessa, da Berlino
Mercoledì, la relazione del senatore Augello sarà bocciata e poi la palla passerà al Senato dove, giusto per non perdersi niente, si consumerà un altro dramma e un altro B-day. La decadenza di Berlusconi come senatore è diventata una questione cruciale per l’Italia.
Se all’estero le grandi testate, dal Nyt al Guardian, hanno liquidato la questione con una domanda (di cosa si discute se è stata pronunciata una sentenza ed è in vigore una legge?), in casa nostra la vicenda ha assunto dei significati quasi esoterici: messaggi trasversali, inviti alla responsabilità. Alla stabilità. Una chiamata alla pacificazione e alla comprensione. La vittima di queste operazioni di cabotaggio diplomatico ha un nome: Legalità.
Di fronte alla prepotenza, alla prevaricazione dell’orda guidata dalla Pitonessa Santanchè, le altre parti in causa si sono annichilite come fossero pecorelle. È passato il concetto che il capo di un partito non è un cittadino come gli altri, ma è al di sopra degli altri. È passato il concetto, perché ogni volta che è stato affermato questo che rischia di diventare un principio di fatto, nessuno ha mai opposto alcuna resistenza: dal mondo dell’informazione a quello politico c’è stato solo silenzio e pagine bianche. La Pitonessa (per gli appassionati di etimologia, la radice è il verbo greco putein “far imputridire”) ha conquistato la scena, è onnipresente, e ha ridotto il dibattito politico a un livello primitivo: la clava si è sostituita alle parole. Il dibattito è vuoto, cavo, putrido. La missione è salvare il leader con le buone o con le cattive.
Arroccato sul colle del Quirinale, Giorgio Napolitano è diventato (o, almeno, viene interpretato come tale) il massimo garante di Berlusconi: a qualsiasi costo il presidente della Repubblica vuol tenere in piedi un governo che non ha una spina dorsale né forza d’azione. A tutti i costi, anche sacrificando il principio di legalità. Siamo seri! Può un paese e il suo destino – che dal punto di vista economico è più che segnato – dipendere da un uomo e dalla sua strategia processuale? Siamo seriamente al punto di non poterci immaginare un’Italia senza Berlusconi? La Storia ha mangiato ben altri “uomini del destini” e un capitano responsabile – quale dovrebbe essere Napolitano – deve avere qualche volta il coraggio di puntare la prua della nave che comanda dritto verso la tempesta. Spesso, è quella la rotta più veloce per superare la tormenta, l’unica via per salvare il carico più prezioso che si chiama Legalità. Anche a rischio di gravi perdite.