Nelle rielaborazioni in chiave moderna dell’opera del pittore fiammingo Bosch emergono due ragazzi italiani
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/09/Ilaria_Brusadelli.jpg[/author_image] [author_info]Ilaria Brusadelli, classe 1986. Ha la testa fra le nuvole ma i piedi per terra. Giornalista, perché è una buona scusa per conoscere il mondo e fare domande[/author_info] [/author]
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/09/Marco_Besana.jpg[/author_image] [author_info]Marco Besana, classe 1983. Gran sognatore. Gran viaggiatore. Giornalista perché è più facile raccontare gli altri che se stesso[/author_info] [/author]
Ilaria e Marco sono tra i fondatori dell’associazione ¡NO MÁS!
4 ottobre 2013 – Matteo scrive, Claudia disegna. Un concentrato di creatività che, con il nome di We are Muesli, dall’arte indipendente di Milano è arrivato fino alle fasi finali di una competizione internazionale con la sola forza della fantasia e la convinzione che sia possibile creare cultura anche attraverso un videogioco.
Matteo e Claudia sono infatti tra i finalisti del Bosch Art Game, un contest lanciato dalla Fondazione Bosch per realizzare un gioco che riveli l’opera del celebre pittore fiammingo in modo nuovo e originale.
We are Muesli è l’unico collettivo in gara a non essere formato da game designer di professione: una “non competenza”, che Matteo e Claudia hanno saputo mutare in linfa vitale per la loro stessa creatività. È così che We are Muesli ha trasformato la scoperta di un incredibile artista in una storia da vivere sullo schermo, sopperendo alla mancanza di mezzi tecnici con una grafica pulita e accattivante e con la fantasia di testi che riescono a far “entrare” il giocatore nell’arte stessa del pittore olandese. Un esempio di creatività made in Italy lontana dai circuiti più famosi, ma che dimostra come – in un Paese in cui sulla cultura si investe sempre meno – la vitalità dell’arte sia tutt’altro che spenta.
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Il risultato è una visual novel ispirata dal trittico Le tentazioni di Sant’Antonio, l’opera più complessa e ambigua di Jheronimus Bosch. Una storia che parla di solitudine, tentazioni e che offre incredibili interpretazioni di uno degli artisti più controversi del XV-XVI secolo.
“Per iniziare il nostro lavoro” – spiegano Matteo e Claudia – “ci siamo chiesti: perché crediamo di poter trasformare l’arte di un pittore così emozionante, d’avanguardia e popolare in un gioco? L’interpretazione dell’arte è un’affascinante disciplina, eppure spesso rimane confinata in ambienti accademici e libri scolastici.
Abbiamo provato a rompere queste griglie, pensando che, se avessimo trovato una chiave di lettura interessante e anche “pop”, questo artista così misterioso e affascinante avrebbe conquistato anche un pubblico più ampio.
Siamo parte di una generazione che non ha memoria di un mondo senza videogiochi, e i giochi sono oggi la forma di espressione più emozionante, d’avanguardia e popolare in circolazione, soprattutto grazie ai bellissimi progetti indipendenti che popolano la rete e a strumenti gratuiti che permettono a chiunque di trasformare la propria idea in un gioco”.
Un lavoro in cui riecheggiano le parole del sociologo Marshall McLuhan: «Coloro che fanno distinzione fra intrattenimento ed educazione forse non sanno che l’educazione deve essere divertente e il divertimento deve essere educativo», una lezione che spesso si perde tra intrattenimenti demenziali e convegni polverosi.
La seconda domanda a cui Matteo e Claudia hanno dovuto trovare risposta è “Come l’arte di Bosch può diventare una visual novel?”
“Dal punto di vista grafico – spiega Claudia – “Abbiamo esplorato il dipinto in ogni sua dimensione e interpretazione e abbiamo deciso di lavorare per sottrazione: gli ossessivi dettagli di Bosch sono diventate icone, le sue sinuosità sono diventate linee e geometrie”.
“Nella visual novel – aggiunge Matteo – il giocatore si muove tra diverse interpretazioni del trittico, in un percorso che lo porta ora ad approfondire la vita di Sant’Antonio Abate, ora le tentazioni raccontate dal dipinto. È come se, nel corso dell’esperienza, il giocatore scegliesse via via il punto di vista con cui esplorare l’opera. Da qui il titolo CAVE! CAVE! DEUS VIDET, Attenzione! Attenzione, Dio Vede”.
Ad oggi, il gioco è un prototipo e permette due percorsi degli otto immaginati da Claudia e Matteo. Venerdì 11 ottobre, presso lo Stedelijk Museum di ‘s-Hertogenbosch (Olanda), paese natale del pittore, verrà decretato il vincitore tra i sei finalisti che diventerà un vero e proprio videogame patrocinato dalla Fondazione Jheronimus Bosch 500. Tutti i sei prototipi, poi, saranno in mostra in diversi angoli d’Europa. In Italia arriveranno a fine ottobre, l’appuntamento aperto al pubblico è il 26-27 ottobre al festival indipendente Playing The Game di Milano.
Dal sito di We are Muesli è possibile scaricare il prototipo e entrare nel vivo della storia che inizia il 17 gennaio (il giorno Sant’Antonio) in una questura di Lisbona. Un’insegnante è lì per denunciare la scomparsa di uno dei suoi studenti presso il Museo Nazionale della città dov’è custodito il Trittico. Davanti a quel quadro quattro ore prima si trova Hoodie, il 17enne protagonista del gioco. Un uomo strano e misterioso gli si avvicina e lo condurrà alla scoperta del quadro. Il giocatore accompagnerà Hoodie nella geniale follia dell’opera di Bosch, imparandone l’arte e, al tempo stesso, emozionandosi. E scoprendo come la creatività indipendente non aspetti altro che trovare canali giusti per potersi esprimere. Anche, e soprattutto, in Italia.