Il museo delle relazioni interrotte

 A Zagabria potete trovare pezzi di vita e di relazioni, custodite da coloro che non vogliono dimenticare un amore finito

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/08/IMG_4409.jpg[/author_image] [author_info]di Samuel Bregolin, da Zagabria. Diplomato come perito agrario, ha seguito letteratura contemporanea a Bologna. Si occupa di agricoltura biologica, reportage, poesia, giornalismo e viaggio. Ha viaggiato in Francia, Italia, Inghilterra, Spagna, Ex-Jugoslavia, Romania, Bulgaria, Turchia, Tunisia e Marocco. Ama raccogliere e raccontare storie dal basso e dalla strada. Ha collaborato con Il Reporter, Colonnarotta, Lindro e Turisti non a Caso. Collabora con Viaggiare i Balcani, OggiViaggi, Il circolo del Manifesto di Bologna, Articolo3, Il Reportage, Qcode Mag. [/author_info] [/author]

5 ottobre 2013 – L’amore, si sa, è effimero, e le storie d’amore nascono, finiscono, ricominciano e terminano. A mettere il dito nella piaga del dolore, ma anche ad offrire una valida terapia post-relazione, c’è Dražen Grubìsić: artista croato ideatore del Broken Relationships Museum, a Zagabria.

L’idea è venuta a Dražen qualche anno fa, quando si ritrovò da solo con un coniglio peluche in Iran. Il peluche era il protagonista di un progetto fotografico che stava portando avanti con la sua compagna e che avrebbe dovuto toccare tutti e cinque i continenti: ma raggiunta Teheran la coppia è esplosa.

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I due discuterono ancora per mesi: nessuno dei due si sentiva di conservare quel peluche bianco, struggente ricordo del periodo passato assieme. Ma anche gettarlo nella spazzatura sembrava una blasfemia. Ad un certo punto Dražen ebbe il lampo di genio: avrebbero potuto costruire al peluche una speciale dimora, né troppo vicino, né troppo lontano dal cuore di entrambi.

Il progetto al quale Dražen cominciò a lavorare è un museo che raccoglie gli oggetti, i feticci e i simboli delle relazioni d’amore concluse. Donati da chi, come lui e la sua compagna, non se la sentiva né di conservare né di gettare mesi o anni di appassionata relazione, e indelebilmente legati ad un oggetto.

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Dopo aver girato per quattro anni tra le capitali mondiali a raccogliere gli oggetti che cuori spezzati hanno deciso di donargli, Dražen torna a Zagabria, e installa il suo carico di ricordi in Ulica Cirilometodska 2. Dove l’esposizione permanente è tuttora aperta al pubblico.

Al museo delle relazioni interrotte ci sono ricordi di tutti i tipi, rigorosamente accompagnati da un messaggio del donatore.

Dal nano da giardino, chissà perché scelto come simbolo della relazione, allo specchietto retrovisore di un’automobile, il cui commento dice: “Passeggiavo in città di sera, vidi la sua macchina parcheggiata dove non avrebbe dovuto essere e la riempii di calci. A notte fonda quando tornò a casa lui mi raccontò una strana storia di vandali notturni che gli avevano distrutto la macchina, e io decisi di lasciarlo”.

Ogni oggetto presente al museo ha dietro incontri romantici, primi sguardi, parole imbarazzate, esplosioni d’amore e di passione, ma anche di collera o rabbia. Come la grande ascia appesa in fondo alla prima sala del museo, donata da una ragazza di Berlino, il cui commento dice: “Abitavo con la mia ragazza, poi lei un giorno incontrò un’altra e se ne andò. Allora io tornai a casa e con quest’ascia distrussi tutti i mobili che aveva comprato per me”. Oppure come la cintura in cuoio da uomo, il commento: “Venne a prendermi una sera, all’improvviso, andammo in macchina fino al bosco e lui mi disse -spogliati- corremmo assieme sull’erba e facemmo l’amore tra gli alberi. Poco dopo si rimise con la ex-moglie. Di lui oggi mi resta solo questa cintura”.

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Nell’esposizione si susseguono decine e centinaia di reliquie amorose, come: una bicicletta da corsa, un coltello per tagliare la frutta, un aragosta peluche, un paio di stivali da motociclista, un piccola valigia (commento: ho sempre saputo che una piccola valigia sarebbe bastata), un biglietto per un aereo mai preso, una cartina disegnata a mano dall’Italia alla Dalmazia (Mi promise che sarebbe ritornato con la sua Vespa e che mi avrebbe portata al mare, non sono mai più voluta uscire con un italiano in vita mia), una giarrettiera, una foto al lago con una freccia che indica una panchina in legno sul pontile (Quella mattina marinammo la scuola. La freccia indica il luogo dove per la prima volta vidi un pene al tramonto).

Due grossi seni finti in gomma (Quando cominciò a chiedermi di indossarli lo lasciai), delle mutandine fatte di caramelle (Lui diceva che regalare fiori è anacronistico), delle manette finte, una confezione di preservativi russi mai utilizzati, una ciocca di capelli, le mani di un manichino, un modellino di veliero, un paio di calzini colorati, la chiave per una porta antica, un rasoio da barba, un album fotografico matrimoniale, un orologio da parete, una confezione di sapone liquido per l’igiene intima maschile (Da quando lui se ne è andato mia madre lo usa per pulire le finestre, e dice che funziona benissimo), un pezzo di vetrata infranta (dopo anni sono esplose tutte le angosce represse, la vetrata del giardino ne fu la vittima).

Un vecchio telefono portatile Nokia (Mi regalò il suo cellulare, così sarebbe stato certo che non avrei potuto chiamarlo), un involucro di tessuto bianco e azzurro (Mi comprò questo campione di terreno deminato al Markale Market di Sarajevo).

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Ma non tutte le relazioni finiscono quando l’amore se ne va, e al museo delle relazioni interrotte c’è anche chi ha deciso di affidare il ricordo di un amante scomparso, portato via da una grave malattia, o da un incidente in macchina. C’è chi è stato diviso da una frontiera chiusa, o da altre invalicabili situazioni o coincidenze della vita.

Come il grosso paltò invernale, alla moda della Sarajevo inizio anni Novanta. Quella Sarajevo che usciva dalle Olimpiadi invernali e dove le etnie ancora convivevano pacificamente assieme. Un grosso paltò invernale che testimonia come in quegli anni l’amore e la passione tra un serbo e una mussulmana fosse ancora possibile. Almeno fino al giorno in cui lui non incontrò una ragazza croata.



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