Le candele d’Algeria

Ogni 10 ottobre, da sette anni, si accende una candela per un Gay Pride silenzioso e sentito

di Christian Elia

11 ottobre 2013 – In Algeria, ogni 10 ottobre, di candele ne vengono accese tante, in silenzio. Da sette anni. Come un monito silenzioso, per festeggiare il Gay Pride meno appariscente del mondo. Ma non per questo meno importante e partecipato.

Una fitta rete di attivisti, coordinati dalle associazioni Alouen e Abu Nawas, sul web, organizzano una manifestazione che di visibile ha solo una candela, sul davanzale della finestra, accesa ed esposta alle 20.

La manifestazione si chiama Ten Ten, per il 10 ottobre, data scelta in onore di Selim I (1470-1520), sultano ottomano che non lesinò nei diari della sua vita i dettagli della sua omosessualità.

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“La candela accesa serve ad illuminare il buio nel quale viviamo, in un contesto dove l’omosessualità è condannata dalla morale, dalla religione, dalla società e dalla legge”, raccontano Alouen e Abu Nawas. Nella totale clandestinità.

“Quest’anno, la giornata ha come tema la ‘condivisione’: accendere una candela per solidarietà significa rischiarare l’ombroso contesto nel quale viviamo”, scrive anonimo un membro della Alouen, associazione promotrice di questa nuova edizione.

Ombroso è un eufemismo. In Algeria, infatti, l’omosessualità è condannata ai sensi dell’art. 338 del Codice penale, che la definisce “un crimine contro le buone maniere”, punendo i “colpevoli” con la detenzione da due mesi a due anni e il pagamento di una multa dai 500 ai 2000 dinar algerini.

All’inizio di settembre, su molti mezzi d’informazione in lingua francese, è stato pubblicato un appello dell’attivista blogger algerino Zak Ostmane: un vero e proprio manifesto che chiedeva la depenalizzazione dell’omosessualità nel suo paese.

Zak ha deciso di firmarsi, per prendere posizione pubblicamente firmandolo con nome e cognome e suscitando un vivace dibattito anche sui social network, rilanciando il sito gayalgerie.net. “In Algeria ciascuno combatte la sua lotta – ha scritto Zak – e io sono solidale con tutti: militanti per i diritti dell’uomo, per le cause femministe, per le libertà democratiche. Tuttavia queste persone non hanno mai mostrato la loro solidarietà nei miei confronti, per i miei diritti e per la mia richiesta di depenalizzare l’omosessualità”.

La pressione, certo, non manca. Pochi giorni dopo essere finita sotto i riflettori, la pagina dedicata all’iniziativa di Facebook è scomparsa. “Ho cancellato io stesso la pagina, perché sono costretto in casa”, ha spiegato Zac. “Ho ricevuto serie minacce di morte e il regime dittatoriale degli islamisti mi sta facendo pressione indirettamente. Ma la cosa ancora più dura è l’essere isolato. Ma non mi fermo: sono venuto allo scoperto per dare ad altri il coraggio di solidarizzare con me”.