Un’arma in meno per Madrid

La Corte europea per i diritti dell’Uomo ha rigettato il ricorso della Spagna nel caso sollevato da Ines del Rio, militante di Eta in carcere da ventotto anni, che, nel 2008, scontata la pena prevista dai tribunali spagnoli, si era vista allungare la carcerazione in virtù della cosiddetta Dottrina Parot.

di Angelo Miotto

Schermata 2013-10-21 alle 15.51.27

* La sentenza

* Il comunicato stampa della Corte

22 ottobre 2013 –La notizia attesa da diversi giorni, il cui segno era stato filtrato nei rumors di settimana scorsa, ha scatenato gioia nei Paesi baschi, perché sono decine i militanti in carcere che potranno ora invocare la propria liberazione, una volta demolito il meccanismo punitivo, creato nell’ambito di una politica carceraria come strumento di offesa nel conflitto basco.

[blockquote align=”none” cite=”~El Pais”]La dottrina Parot fu adottata dal Tribunale Supremo in una sentenza del 28 febbraio 2006, nei confronti di una richiesta di scarcerazione avanzata da Henry Parot, detenuto di ETA e modificò il meccanismo per l’applicazione della redenzione delle pene. L’adozione di questa dottrina implica che lo sconto di pena per benefici penitenziari venga computata sul totale di tutte le condanne che abbia il detenuto e non sul computo massimo di compimento della pena che stabilisce la legge, 30 anni nel Codice Penale del 1973 e 30 e 40 anni (nei casi di delitto di terrorismo o quando la persona sia stata condannata per due o più delitti e alcuni di essi siano puniti dalla legge con una pena detentiva superiore ai 20 anni)La dottrina Parot è stata applicata soprattutto a detenuti di ETA ma anche a altri detenuti per delitti comuni, permettendo allungare le loro condanne fino a 30 anni di compimento effettivo.[/blockquote]

La decisione dei giudici di Strasburgo ha provocato una presa di posizione da parte del governo spagnolo: i ministri di giustizia e interni hanno parlato in una conferenza stampa affermando che il messaggio di Strasburgo è per i giudici e non per il governo. Una posizione che proietta l’attenzione verso le decisioni che prenderà ora l’Audiencia Nacional, il tribunale speciale di origine franchista che non venne smantellato dopo la Transizione e che deve stabilire ora i tempi e i modi per la scarcerazione di Ines Del Rio e di tutti quelli che si appelleranno a una decisione che fa giurisprudenza.

Schermata 2013-10-21 alle 16.00.18
Nei giorni precedenti alla sentenza i principali mezzi di informazione spagnoli hanno riportato in prima pagina articoli e toni che non si vedevano da qualche tempo: reportage sull’efferatezza degli attentati di quei militanti di Eta che ora potranno uscire dal carcere, senza mai dire quanti anni abbiano scontato senza libertà. Reportage sul dolore dei familiari di questa o quella vittima, con un chiaro intento di riportare a galla emotività e sdegno sociale. In alcuni casi, come ha fatto Publico.es, si è parlato anche dei sette anni di carcerazione illegale che hanno dovuto subire in decine di prigionieri politici, anche perché i detenuti comuni che sono stati colpiti dalla dottrina Parot si possono contare sulle dita di una sola mano.

Politicamente, dove la politica e il mondo della ‘giustizia’ non sono mai separati in una Spagna che vede le toghe comunque dipendenti dai palazzi, la sentenza di Strasburgo è un fatto che dovrebbe causare seri problemi alla politica di Mariano Rajoy, che non ha mosso un prigioniero nonostante i due anni compiuti nelle scorse ore della tregua finale di Eta. Madrid, come Parigi, non hanno dato segnali in questi ventiquattro mesi di silenzio definitivo delle armi. Una politica precisa, con un messaggio che ha continuato a battere sempre sulla stessa frase: dissoluzione dell’organizzazione senza contropartita politica. E senza nemmeno un gesto nell’ambito della politica penitenziaria che vede le centinaia di prigionieri ancora in regime di dispersione, con familiari che devono affrontare lunghi viaggi e spesso soffrono incidenti – alcuni mortali – per approfittare di un’ora di vis à vis con i loro cari.
Se e quando i detenuti politici che ne hanno diritto torneranno a casa si aprirà il problema dei festeggiamenti, vietati dalle autorità di Madrid: i giornali spagnoli già sottolineavano come si sarebbe dato un guro di vite alla repressione di atti qualificati come ‘esaltazione del terrorismo’. Il quotidiano El Pais, nell’edizione di domenica 20 ottobre, presentava una cronaca particolareggiata che cercava di raccontare quali dinamiche si stessero vivendo all’interno della sinistra basca su un tema così delicato per le comunità che vogliono salutare chi torna a casa e viene considerato un gudari, cioè un partigiano.

Schermata 2013-10-21 alle 16.05.49

I timori, secondo alcuni analisti spagnoli, riguardano anche le reazioni dei settori più destrorsi del paese. Ma sono problemi elettorali del Partido popular, finito in una grande bufera di fondi neri e contabilità parallele a tutto vantaggio dei suoi leader. Il paradosso, ancora una volta, dice che una decisione di diritto e che riguarda i diritti umani di carcerati, che una volta espiata la pena dovrebbero essere rilasciati, viene presentata come un elemento di disturbo della politica interna e ostacolo per qualche segnale sul fronte di un processo di pace che a Madrid non è mai iniziato.

La sentenza di lunedì 21 ottobre da parte della Corte di Strasburgo ha messo a nudo di cosa sia capace la politica, attraverso la magistratura, per giocare le proprie strategie.



Lascia un commento