Messina, L’Aquila, Caserta. Tre storie italiane a testa in giù
da Berlino, Nicola Sessa
Succede che il sindaco di Messina citi l’articolo 11 della Costituzione e il miglior Presidente della Repubblica che l’Italia abbia avuto, e che per questo due generali delle forze armate abbandonino – indignati – le celebrazioni del 4 novembre. Per Gianpiero D’Alia – ‘nominato’ deputato per successione e gentile concessione del padre Salvatore – il sindaco Renato Accorinti dovrebbe scusarsi con la cittadinanza per “la demenziale e inopportuna provocazione”.
Ricordare l’articolo 11 della Costituzione, che l’Italia ripudia la guerra, è demenziale. Citare le parole del Presidente Sandro Pertini – “svuotate gli arsenali, colmate i granai” – è inopportuno. Sarebbe stato bello se il Presidente Napolitano avesse abbracciato il coraggioso sindaco di Messina. Così non è stato. Silenzio. La Costituzione è stata mortificata, la memoria di Pertini calpestata, il senso di appartenenza tradito.
Succede che l’inviato dell’Unione Europea, Søren Bo Søndergaard venga a L’Aquila per constatare lo stato di avanzamento della ricostruzione, per capire come siano stati spesi i contributi dell’Ue e che presenti un rapporto a dir poco imbarazzante. I 494 milioni di euro stanziati dal fondo di solidaritetà sono stati spesi male e gestiti peggio. La relazione di Søndergaard rileva come nella fase di costruzione dei Map – i moduli abibtativi provvisori – siano stati utilizzati dei materiali scadenti e pericolosi: i ripetuti incendi causati da impanti elettrici difettosi sono la più palese evidenza.
Ancora: “La prima visita dell’inviato si è avuta il 7-8 ottobre 2010. Nell’agosto del 2013 la situazione del centro storico è pressocché rimasta invariata”. Una fotografia umiliante che ritrae l’inettitudine, l’incapacità e l’incoscienza di una intera classe politica che pretende di governare il paese. Ma il punto più grave e disonorevole lo si trova a pagina 9 del rapporto, alla voce “Crimine organizzato”.
I dubbi di infiltrazione criminale di stampo mafioso sono supportati da elementi di prova molto concreti: attività date in subappalto oltre il limite del 30 percento; latitanti assunti dalla società appaltante Edimo; casi di frodi e prezzi gonfiati; assenza di certificati Antimafia per diverse ditte appaltatrici; presenza di ditte “direttamente o indirettamente collegate al crimine organizzato”. Sarebbe stato importante un vibrante intervento del nostro sommo Garante, un controllo particolare su quei figli, gli aquilani, più sfortunati di altri. Così non è stato. Silenzio. Seguiamo imperterriti l’impoverimento del senso civico, l’abbrutimento delle nostre consuetudini, l’assuefazione al crimine. Il tradimento del genio italiano.
Succede che l’audizione del collaboratore di giustizia Carmine Schiavone venga declassificata, cioè che venga tolto il segreto di Stato. Carmine Schiavone ex ‘amministratore delegato’ del clan dei Casalesi fu ascoltato nell’ottobre del 1997 dalla commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Le dichiarazioni del boss lasciano attoniti; il silenzio e l’inattivismo delle istituzioni lunghi sedici anni, sono scioccanti.
Schiavone diceva: “gli abitanti rischiano di morire tutti di tumore entro venti anni; non credo, infatti, che si salveranno” […] “Alcuni (rifiuti radioattivi, ndr) dovrebbero trovarsi in un terreno sul quale oggi vi sono i bufali e non cresce più erba” […] “In tutti i 106 comuni della provincia di Caserta, ‘facevamo’ noi i sindaci” […] “La mafia, la cammorra non potevano esistere se non era lo Stato… Se le istituzioni non avessere voluto l’esistenza del clan, questo avrebbe forse potuto esistere?”.
Schiavone parla, parla, parla. Ma è come parlare in un buco nero. Racconta di terreni contaminati in Campania e in Puglia, nel Salento; di sversamenti nel lago Lucrino e Averno (ma i primi controlli si faranno a partire solo dal 6 novembre 2013). Fa i nomi delle ditte coinvolte, presenta le liste dei camion con le relative targhe impegnati nei trasporti. È reticente solo sui nomi ‘alti’ della politica e della massoneria. Forse ha paura?: […] “Perché non lasciamo da parte i politici?” […] “Non fanno più politica, ammazare i morti è inutile”.
Dopo molte insistenze del presidente Scalia, Schiavone: “[…] De Lorenzo, Gava, Scotti, Santoanastaso. De Mita (fa ancora il politico eletto al parlamento europeo, ndr). Non è che fossero dei clan, che fossero dei mafiosi; purtroppo ognuno ha un solo voto e per raccogliere tanti voti, soprattutto in certe zone, ci vogliono tante amicizie”.
L’assoluzione che Schiavone dà ai politici non è convincente: chi è amico dei mafiosi, è mafioso. Chi viene eletto con i voti dei mafiosi, è mafioso. E se dice che anche De Mita godeva di certe amicizie…
Quello che non si capisce è perché una testimonianza così preziosa non sia stata resa pubblica immediatamente. Il segreto di Stato, in Italia, ormai si sa, significa semplicemente due cose: 1. Non facciamo nulla, perché non sappiamo cosa fare o non vogliamo fare; 2. Proteggere delle persone (personalità, meglio) coinvolte in crimini contro cittadini.
Perché non è stato fatto nulla in questi sedici anni? Perché non è stata data la possibilità, la scelta a quelle persone che vivono nella Terra dei Fuochi di scappare, di andare via per mettere in salvo la vita dei propri bambini? Perché l’esercito non è stato mandato lì anziché in Afghanistan o in Iraq? Perché ancora adesso si tace? Perché tace il nostro Garante? E se Schiavone non avesse rilasciato un’intervista a Skytg24 in un desolante agosto italiano raccontando i contenuti di quest’audizione, il segreto sarebbe rimasto?
Il silenzio è complicità. La complicità è tradimento. Il tradimento è assassinio.