Un documentario bulgaro. Siamo a Sofia e si narra la quotidianità e i pensieri di tre fratelli figli di tre padri diversi, con tre storie che si intrecciano a partire dalla tomba della madre. Un documentario riuscito e anche divertente.
da Amsterdam, Angelo Miotto
26 novembre 2013 – Siamo in un cimitero di Sofia, arrivano due uomini, passano da destra ed escono a sinistra, poi un secondo dopo arriva una vecchian ricoruva, accompagnata da un altro uomo. Lei è la nonna dei tre giovani uomini. Loro sono tre fratelli che accompagnano la nonna sulla tomba della loro madre, Lili.
Parte da qui il racconto di Svetoslav Draganov, il regista, suio Liliev brothers. Uno di loro è un prete ortodosso, l’altro ha la pelle scura e i capelli ricci, il terzo è gay e fa il parrucchiere. Sembrano caratterizzazioni da fiction, ma è tutto vero, la storia di una famiglia, in realtà dei tre fratelli e della madre nelle parole della nonna, che accompagna lo spettatore in momenti di vita quotidiana dei tre e in alcuni ragionamenti intimi di fronte alla macchina da presa, in macchina o seduti di fronte a una finestra.
Tre fratelli che, nonostante un’educazione criticata dalla nonnina sul sofà di casa, si ritrovano, parlano, scherzano. Il prete è perplesso dalla sua tonaca e vive nel dubbio fra strade differenti, Jimmy non riesce a sposarsi, non credenel matrimonio e finirà con lasciare Sofia, Alexandre è capace di ammaliare con i suoi balli e le sue movenze affettate e femminili metre partecipa ai concorsi per parrucchieri.
La quotidianità e i ricordi vengono fatti affiorare in un percorso che non stanca, i personaggi si presentano e si arricchiscono di particolari pian piano, ci sono dei momenti esilaranti, situazioni quasi grottesche. E dal coimitero iniziale si chiuderà di nuovo fra lapidi e croci, perché nel frattempo, mentre il documentario veniva girato, la vecchia nonna è passata a miglior vita.
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Alla fine della proiezione, prima assoluta qui ad Amsterdam, grandi applausi e ululati di saluto quando il regista ha presentato due dei tre fratelli in sala. Il terzo, il prete, non ce l’ha fatta a farsi accordare un permesso dal monastero per venire in quella in maniera sorniona il regista descrive come ‘una città peccaminosa come questa’.
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