Per farti scendere in strada, anzi per le strade di questo enorme e singolare Paese che è il Brasile. Perché questo blog è proprio un invito a scendere per strada
di Elena Esposto.
26 novembre 2013 – Non sarà facile tenere un blog che parli del Brasile, me lo dico e ripeto da quando ho accettato di farlo. Il Brasile è un luogo immenso (nel senso letterale della parola) pieno di sconcertanti contraddizioni, difficile da capire e da cogliere nella sua essenza, ammesso che ne abbia una sola, di essenza.
È vero, ci ho vissuto, l’ho studiato, ho viaggiato abbastanza per poter dire di averne visto una buona fetta ma conoscere il Brasile, bé quella è un’altra storia.
Per rendere l’idea: 8.514.877 km², 26 stati federati, 193.946.886 abitanti, quattro principali ceppi etnici (amerindi, europei, africani, asiatici), cinque diverse gradazioni di colore della pelle ufficialmente riconosciute dall’Instituto Brasileiro de Geografia e Estatística, dieci confessioni religiose presenti sul territorio.
Dati questi presupposti prometto che farò del mio meglio per cercare di raccontartelo, caro tu che stai leggendo, per farti scendere in strada, anzi per le strade di questo enorme e singolare Paese. Perché il titolo di questo blog è proprio un invito a scendere per strada.
Se hai seguito più da vicino le vicende brasiliane degli ultimi quattro mesi forse troverai un richiamo alle proteste per la Confederetion Cup, durante le quali #vemprarua era l’hashtag più utilizzato su Facebook e Twitter. Non è un titolo politico, né che si riferisce ad un momento preciso della storia recente del Paese, ma è un titolo che parla di uno dei modi migliori e più efficaci per conoscere questo mondo: uscire di casa, scendere per strada, lasciarsi trasportare dalla folla, dal traffico chiassoso e confuso, lasciarsi invadere e pervadere dai suoni, dai profumi, dagli odori e dai colori.
Il giornalista e saggista carioca Ruy Castro ama metterlo in luce parlando di Rio de Janeiro: Rua é a palavra chave. La maggior parte di quello che vale la pena di essere vissuto avviene per strada.
Lo aveva già affermato João do Rio, che tra il 1904 e il 1907 scriveva: Ora, a rua é mais do que isso, a rua é um fator da vida das cidades, a rua tem alma!. La strada è creatrice di vita, la strada ha un’anima…
Nei discorsi quotidiani di una grande città, come Rio ad esempio, la strada è un soggetto vivo, è la protagonista, è la prima donna.
Il carioca non “mangia fuori”, il carioca come na rua, e questa espressione va quasi sempre presa alla lettera, dato che la maggior parte dei locali e dei ristoranti, anche quelli di lusso, hanno sempre dei tavolini sulla strada. Il carioca non “è in giro” o “fuori casa”, il carioca è sempre inevitabilmente na rua, qualunque cosa questo significhi nel momento in cui questa frase viene pronunciata. A Rio non ci sono “barboni” o “clochard” ma ci sono moradores de rua. A Rio tutti concordano che la sfilata dei carri al Sambodromo è meravigliosa mas o verdadeiro Carnaval é o de rua.
È esattamente come dice Ruy Castro: Rua é a palavra chave.
In ogni caso non sarà un blog sulle strade, puoi stare tranquillo se l’urbanistica non è la tua materia preferita.
La strada sarà la metafora, il filo rosso conduttore attraverso il quale proverò a raccontarti questo Paese che amo. Non garantisco di riuscire a essere sempre obiettiva: a volte forse emergerà la Elena che si arrabbia di fronte alle cose che considera assurde, quella che si commuove, quella che critica aspramente o quella che indora tutto con il pennello traditore della saudade.
Dopo averci vissuto nove mesi raccontare la sua società in transizione, le sue tensioni, le sue contraddizioni, la sua economia galoppante, le sue difficoltà, i punti su cui arranca, l’ambientalismo, i diritti umani, la criminalità, le grandi sacche di povertà che ancora persistono è forse ancora più difficile.
Immersi profondamente in una realtà ci si accorge che non esiste bianco e nero, che i buoni e i cattivi sono categorie troppo blindate per essere vere, che in alcune occasioni avere un’opinione è la cosa più difficile, perché ogni opinione sembra inconfutabile, ogni parere legittimo, ogni idea fondata.
Il Brasile è un po’ così, ti confonde le idee, mette in discussione le tue convinzioni, ti fa interrogare su quello che a casa ti era sembrato futile e senza senso. Qui tutto ha un senso, ogni cosa è esagerata, ogni emozione amplificata, è un mondo che cambia alla velocità della luce ma è anche un mondo dove, in alcuni punti, la Storia sembra non essere passata.
Forse un giorno ti racconterò di luoghi, culture e tradizioni che non sono cambiate nei secoli, o dell’incredibile spinta tecnologica che ha portato il Brasile ad essere uno delle economie più solide del mondo, o del fatto che anche questa non è una verità assoluta.
Alcune volte lo troverai interessante, in altri momenti sconcertante, e forse ci saranno casi in cui ti sarà difficile credermi.
È tutto lì, in quella distesa infinita di terra e acqua che alcuni chiamano Gigante Sudamericano, altri la Colonna del Mercosul, altri ancora Uno dei Bric o il Paese del Carnevale e del Samba.
Ogni nome definisce un pezzetto di questo immenso Paese. Io per un periodo, e a volte mi capita ancora oggi, l’ho chiamato casa.
Magari tra un po’ gli sceglierai un nome anche tu.