La Marcia dei Beurs, trent’anni fa’

Partirono il15 ottobre da Marsiglia in dieci, a Lione erano mille, a Parigi il 3 dicembre furono accolti da circa centomila persone. La marcia per l’eguaglianza e contro il razzismo del 1983, comunemente chiamata la marcia dei beurs, ha aperto una nuova dimensione dei diritti civili e dei conflitti nella società e nella politica francese che dura tuttora.

di Bruno Giorgini

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4 dicembre 2013 – Sul piano istituzionale il presidente socialista Mitterand operò talchè nel giro di pochi anni alcuni milioni, tra sei e otto, di immigrati ottenesse la nazionalità francese, e fu uno scossone perchè rese la società francese sul serio multitenica in modo irreversibile. Nel contempo ci fu la reazione di molti franco francesi, monsieur Pierre per intenderci,  e il Fronte Nazionale di Jean Marie Le Pen, fino allora piccola organizzazione razzista e fascista, diventò uno dei protagonisti della vita politica balzando al 10%, con una furibonda campagna razzista e per una identità francese bianca e cristiana. Infine terzo protagonista, nacque, in reazione al Fronte Nazionale, il movimento SOS Racisme e Ne Touche Pas Mon Pote, non toccare il mio  amico, il mio compagnone, sottinteso arabo.Un adesivo che milioni di cittadini appiccicavano dappertutto, dagli zainetti dei ragazzini dodicenni, ai taxisti, agli autisti dell’autobus alle signore sulle borsette firmate, lo vedevi ovunque. E cominciò una lunga lotta per una società non solo multietnica ma multiculturale, che ancora non c’è, perchè la nazionalità  francese per i giovani beurs fino a oggi non significa un diritto di cittadinanza piena,e  la battaglia, il conflitto è lì in corso tutti i giorni, non a caso Marine Le Pen, sull’espulsione degli immigrati e sull’affermazione dell’identità franco francese costruisce le sue fortune.

[blockquote align=”none”]Va detto infine che mancò e manca una gamba alla politica socialista di integrazione, parola sbagliata ma va bene, il diritto di voto alle elezioni locali per gli immigrati, tante volte annunciato e mai messo in opera, ultimo a farne promessa in campagna elettorale per non mantenerla dopo, il Presidente Hollande. Presidente il quale, stando ai sondaggi, in un anno ha più che dimezzato il capitale di fiducia e credibilità di cui godeva, passando dal 60-65% al 24-27%, con uno sprofondo del 15% in un sondaggio novembrino dell’ Huffington Post, certamente il tasso più basso nella storia della V repubblica.[/blockquote]

Ora, senza dare i numeri, l’andamento è chiaro,  il Presidente socialista è ormai da mesi inchiodato sotto il 30%, adesso balla attorno al 25%, e se così continuasse potrebbe scendere stabilmente sotto il 20%, soglia statistica di non ritorno. Con sè egli trascina il governo, il PS, l’intera sinistra, e viceversa. Mentre il FN di Marine Le Pen, la vague bleu Marine come ormai si chiama abbandonando il nero di fascista memoria, viene dato in modo abbastanza unanime come possibile primo partito, almeno alle elezioni europee. Ora come è potuto accadere che un PS e una sinistra che non più di due anni fa hanno vinto tutte le elezioni, comunali, provinciali, regionali, politiche,  presidenziali , stia oggi sull’orlo di una crisi che potrebbe diventare catastrofica, è domanda capitale, non solo per i francesi. La Francia è infatti l’unico  grande paese europeo governato, a ogni livello istituzionale, da un partito socialista, in molti casi locali insieme al Front de Gauche e/o al PCF (Partito Comunista Francese). Uno dei nodi che strangola la sinistra è proprio quello dell’identità, cosa significa oggi essere francese. Identità che sembra presa in una tenaglia, da una parte la dimensione europea vista solo come limite alla sovranità nazionale, dall’altra la presenza socialmente sempre più importante degli immigrati e dei beurs, i figli degli immigrati di seconda generazione naturalizzati francesi, nell’intreccio anche religioso, la fede mussulmana essendo la seconda di Francia con circa sei milioni di credenti, i battezzati cristiani circa 47 milioni ma praticanti assai meno.

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Il fatto è che la società è diventata multietnica ma non multiculturale, anzi le diverse culture spesso si maledicono e scontrano a vicenda. Non basta il concetto di laicità repubblicana per far fronte a questa molteplicità di culture, usanze, costumi, nonchè all’esclusione della cultura beurs e maghrebina da una piena cittadinanza. Pur formalmente avendo Mohamed gli stessi diritti di Pierre nei corridoi del metrò i controlli d’identità guarda caso sono dieci a uno, in superficie le cose non cambiano, semmai peggiorano. E la sinistra non è indenne anzi, sinistra che prima di abbandonare l’ipotesi coloniale in Algeria ci mise parecchio. Mitterand – dopo essere stato ministro degli interni “colonialista”negli anni ’50 – fu l’unico politico francese che partecipò, con grande scandalo di socialisti e comunisti. negli anni ’60 a una manifestazione  per l’Algeria libera e a favore del FLN nel quartiere latino, dove di lì a non molto esploderà la rivolta studentesca del ’68.

Forse per comprendere lo stato dell’arte conviene raccontare una storia che sta facendo il giro del web, quella di Hanifa Taguelmint, una di quei dieci che cominciarono da Marsiglia a camminare verso Parigi. Hanifa, nata in Algeria al tempo coloniale, arrivata a Marsiglia bimbette di quattro anni nel 1966, vive e cresce nei quartieri Nord dove si raggruma la parte più povera e più esclusa della popolazione.  Hanifa parla  lo chaouia, un dialetto berbero, quindi impara il francese, va a scuola frequenta il liceo ormai si sente di casa in Francia, seppure ogni tre mesi debba andare alla Maison de l’étranger per far timbrare il suo permesso di soggiorno. Poi nel 1980  proprio sotto le sue finestre Lahouari Ben Mohamed muore del tutto inerme e innocente, sparato da un poliziotto durante un controllo d’identità, e Hanifa con altri vicini decide di andare in modo pubblico, un piccolo corteo, a portare le condoglianze alla famiglia. Senza che quello sparuto primo gruppo di protesta e cordoglio lo sappiao, comincia così un percorso intessuto di azioni, manifestazioni, discorsi e organizzazione che culminerà tre anni più tardi nella marcia per l’uguaglianza e contro il razzismo.

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Ma i lutti di origine razzista non sono finiti. Il 21 febbraio del 1981  suo fratello Zahir di 17 anni uscito in strada dopo cena, viene ucciso a colpi di fucile da un vicino disturbato forse dal rumore, certamente anche dalla pelle troppo bruna del giovane. Al processo la famiglia si costituisce parte civile patrocinata da un giovane avvocato noto per il suo impegno antifascista Gilbert Collard, che oggi si pavoneggia al fianco di Marine Le Pen, tutt’altro che un caso isolato, forse invece emblematico. Questo dolore per l’omicidio di Zahir, e la delusione per l’ in/giustizia francese – l’assassino se la cavò a buon mercato – rafforza l’impegno politico di Hanifa che diventa in breve una delle militanti antirazziste più attive sulla scena pubblica prima marsigliese, poi con la marcia,  nazionale. Tutti pensano per lei a un brillante futuro in politica, dopotutto Harlem Desir leader di SOS Racisme movimento nato sull’onda dell marcia dei Beurs, arriva fino a oggi segretario nazionale del PS, ma Hanifa invece  dopo il trionfale arrivo a Parigi, lascia la scena pubblica, tornando alla vita di semplice cittadina. Fin quando, otto mesi or sono, decide di riprendere la parola, dopo che suo nipote Yassin è stato ucciso da un poliziotto ubriaco, una storia che si ripete con impressionante regolarità nella Francia repubblicana, sia essa con la guida a destra o a sinistra.

[blockquote align=”none”]Ecco, il problema sta tutto qui, i beurs hanno il diritto di voto ma non di parola, l’obbligo di rispettare le leggi e non quello di essere rispettati, Pierre passa i posti di blocco al massimo con un buffetto e Mohamed viene sbattuto contro il muro, se non gli sparano, e ovunque nella società franco francese funziona l’implicita discriminazione che qualcuno chiama “le delit de facies “ il delitto d’aspetto, cioè valutato secondo l’apparenza, il nome e cognome, il colore della pelle, i capelli lisci o crespi, col metro di un rinato Lombroso razzista, che abita anche la casa socialista.[/blockquote]

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Eppure se la sinistra vuole avere un futuro, non può evitare di misurarsi col problema di costruire una società dell’eguaglianza multiculturale, pena la vittoria di Marine Le Pen che sta subito dietro l’angolo, nonchè una “ guerra civile larvale” già in corso, che può diventare dispiegata molto prima di quanto si creda. Nè basterà il “duro”alfiere poliziesco del governo e del PS, il Ministro degli Interni Manuel Valls dal fermo sopracciglio, a impedirla, non più di quanto Sarkozy sia riuscito a evitare la rivolta delle banlieues.



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