Quando Alexandre Dumas aveva completato ‘Il conte di Montecristo’, feuilletton che appassionò mezza Europa nella seconda parte del diciannovesimo secolo, nell’elvetica Losanna nasceva Felix Vallotton (1865-1925).
da Parigi, Alessandra Fava
10 dicembre 2013 – Gran parte della sua carriera si sviluppò a Parigi e poi nel sud della Francia a Cagnes, dove come tanti suoi colleghi dell’epoca scoprì la luce mediterranea e i suoi colori: così quei rossi e quei viola dei Nabis (movimento al quale aderisce), diventano caldi, terrigni, gialli come il sole.
Oggi la sua opera viene celebrata con una grande mostra monografica al Grand Palais di Parigi (fino al 20 gennaio), dal titolo ‘Le feu sous la glace”, il fuoco sotto il ghiaccio.
Organizzata dal Museo d’Orsay, la rete dei musei nazionali francesi, in collaborazione col museo Van Gogh di Amsterdam, la mostra raccoglie 170 opere del prolifico svizzero che ne dipinse almeno 1700. Quadri raramente esposti perchè arrivano da collezioni private svizzere o dagli Stati Uniti. C’è il ritratto della moglie, quello matronale di Gertrude Stein grande collezionista. Ci sono i suoi interni borghesi (il teatro, il bistrot, gli appartamenti), magnifici ritratti di donne, scene di seduzione e tradimento che attirano lo sguardo per quell’angoscia latente che li percorre. Perchè coi suoi quadri si entra in case, vite, ambienti e come dice la psicologa Marie Darrieussecq a proposito dell’erotismo di Vallotton, ”la messa in scena a mio gusto è un po’ troppo caricata, ma quando si guardano i suoi quadri, ti interroghi sulla gente ritratta”. E allora ecco le sue odalische per storto, la donna dormiente con accanto una nera che fuma (‘La bianca e la nera’ del 1917), nudi contro tappeti rossi e tappezzerie rosse percorsi da una vaga inquietudine.
Almeno metà della mostra è dedicata alla produzione del ventesimo secolo incentrata sulla guerra fra i sessi, quadri quasi psicopatici, come ‘Lo stupro” o ”Il bagno’ con torsi di donne deformi, oppure opere allegoriche dalle quali potrebbe aver attinto la Transavanguardia italiana o scene di bombardamenti come ‘Verdun’ sul primo conflitto mondiale. Ma, come analizza uno psicanalista francese, J.D. Nasio, ”Vallotton vuole essere antipatico e rompiscatole, si piazza davanti al cavalletto per battersi, trasformare le sue emozioni interne in immagini e vuole dire la sua, non dice sono triste: è l’angoscia diventa disegno. C’è il pittore riflessivo, quello che sa fare e quello che dipinge per impulso. Io penso che sia innocente, non è un perverso perchè non controlla quello che fa”
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La mostra, purtroppo, ignora quasi del tutto la vasta produzione di paesaggi dipinti nel sud della Francia, una fase molto interessante, che avvicina Vallotton ai nostri macchiaioli toscani.
Oltre ai quadri, la mostra del Grand Palais raccoglie 60 xilografie che mostrano l’influenza giapponese. L’evento è accompagnato dalla proeizione di film e cortometraggi
Per saperne di più:
http://www.dailymotion.com/video/x169p2h_presentation-de-l-exposition-felix-vallotton_creation
http://www.dailymotion.com/video/x15npnw_visite-guidee-felix-vallotton-au-grand-palais_creation