Lampedusa, sognando un altro Mediterraneo – fine

Sessanta computer collegati in un’assemblea on line per immaginare un altro Mediterraneo. Ci sono persone singole ma anche gruppi di quartiere, associazioni, centri sociali. Dopo le due puntate del reportage sul naufragio di ottobre, Q Code racconta i primi passi verso la “Carta di Lampedusa”.

 

testo e foto di Giulia Bondi – video di Melting Pot

 

14 dicembre 2013 – C’è chi, mentre interviene, viene interrotto dal figlio di sei o sette anni: “papà, ti devo dire una cosa”. C’è chi parla dall’automobile con una webcam di fortuna, mentre è in viaggio per andare a difendere in un processo amici militanti della Val di Susa. E c’è anche Q Code Magazine, ad ascoltare i tanti gruppi e associazioni che si sono incontrati, venerdì 29 novembre, in un’assemblea virtuale di oltre tre ore. L’invito all’azione lo aveva lanciato Melting Pot il 10 ottobre, pochi giorni dopo la tragedia che ha portato alla morte di 366 persone a poche centinaia di metri dalle coste di Lampedusa, riprendendo l’appello del sindaco dell’isola, Giusi Nicolini: promuovere, oltre all’abolizione della legge Bossi – Fini, un “cambiamento vero delle norme, della politica, dell’Europa intera”.

 

L'assemblea on line del 29 novembre per la Carta di Lampedusa

L’assemblea on line del 29 novembre per la Carta di Lampedusa

 

Due mesi dopo, gruppi e attivisti da Palermo a Brescia (qui l’elenco delle prime adesioni, ma sono già molte di più) concordano sulla necessità di unirsi per immaginare un Mediterraneo non militarizzato e un’Europa che smetta di essere una fortezza. Il prossimo appuntamento sarà un’altra assemblea virtuale, a inizio gennaio, in attesa di ritrovarsi dal vivo a Lampedusa, dal 31 gennaio al 2 febbraio 2014, per lavorare insieme alla “Carta di Lampedusa”.

“L’idea”, spiega Nicola Grigion della redazione di Melting Pot, “è creare una cornice, un patto tra le associazioni e le reti antirazziste per lavorare insieme, in uno spazio comune, mettendo insieme le tante diverse campagne nelle quali siamo impegnati: dalla cittadinanza alla cancellazione di Frontex, dall’abolizione dei Cie alle rivendicazioni di diritti dei lavoratori stranieri”.

Il nuovo “patto” dovrà nascere da un esperimento di scrittura collettiva on line, per il quale è stato attivato il Wiki blog La Carta di lampedusa. Registrandosi, associazioni e singoli potranno contribuire alla stesura del testo che poi sarà discusso nell’incontro di gennaio, insieme alle azioni per poterlo rendere operativo ed efficace.

L’ambizione è quella di creare, “una nuova fonte del diritto, nata dal basso”, come spiega Alessandra Sciurba, attivista palermitana, che ha studiato i centri di detenzione amministrativa e li ha raccontati in un libro e alcuni documentari. In assemblea, Alessandra ricorda che “i problema non sono solo le politiche e le norme, ma anche le prassi nei confronti dei migranti”. E da Catania Alfonso di Stefano, della rete anti-razzista, richiama gli episodi denunciati da alcuni richiedenti asilo, che raccontano di essere stati derubati di denaro e gioielli dai militari in servizio sulla nave Chimera, ora impegnata nell’operazione di pattugliamento “Mare nostrum”.

 

Il "cimitero delle barche" di Lampedusa

Il “cimitero delle barche” di Lampedusa

 

La strage del 3 ottobre ha risvegliato l’urgenza di coordinare i progetti e le azioni di tanti soggetti diversi per cercare di ottenere risultati concreti, unendo le forze.  “Sarà importante arrivare a fine gennaio con un canovaccio su cui discutere”, afferma Nicola Grigion, “per poter dedicare l’ultima giornata a decidere insieme le azioni necessarie per conquistare, nei fatti, i diritti che scriveremo a parole”.

La “Carta” non sarà un foglio, ma un “processo”,  puntualizza Paolo Cognini, avvocato del gruppo marchigiano Ambasciata dei diritti: “richiede capacità di azione, di perseguire obiettivi, di infrangere regole e dimensioni costruite in questi anni”. “Dobbiamo chiederci se vogliamo un’Europa dei diritti umani e delle libertà oppure un’Europa delle frontiere, dello sfruttamento, dello strapotere dei mercati finanziari”, aggiunge da Roma Giansandro Merli, dello sportello di tutela legale Infomigrante.

 

Nave militare al largo di Lampedusa (foto 2011)

Nave militare al largo di Lampedusa (foto 2011)

 

Cinzia Greco, che in assemblea rappresenta il coordinamento di organizzazioni non governative Cipsi, ricorda il ruolo ambivalente dell’Unione Europea: “a volte la sentiamo come nemica, altre volte ci rendiamo conto che è la Corte Europea, per esempio, che ci ha aiutato ad affermare una serie di diritti fondamentali” e suggerisce l’opportunità della “iniziativa di cittadinanza europea” come strumento per proporre a Bruxelles proposte legislative che vengono direttamente dai cittadini.

“L’immigrazione è rappresentata come una continua emergenza”, aggiunge Gabriele Bernardi dell’associazione bresciana Diritti per tutti: “la nostra proposta ribalta questo ordine del discorso e ha tra i suoi punti fondamentali l’abolizione della legge Bossi Fini”.

Del gruppo di lavoro fanno parte tanti giuristi e “potremo senz’altro produrre una proposta di modifica normativa all’altezza delle sfide che vogliamo affrontare”, riprende Nicola Grigion: “creare un testo che possa trasformarsi in una legge dello Stato, di iniziativa popolare o presentata attraverso un partito”.

 

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“La proposta da discutere sull’isola dovrà essere una una dichiarazione di ampio respiro, che guarda oltre le questioni specifiche, perché è impossibile segmentare le diverse dimensioni che hanno a che vedere con l’Europa e le sue frontiere”, si legge sul sito di Melting Pot:

“L’istituto del confine, il diritto d’asilo e le possibilità di circolare liberamente dentro e fuori l’Europa sono indissolubilmente legati ai diritti di cittadinanza, allo sfruttamento, alle discriminazioni che proprio all’interno dell’Europa si ripresentano come confini imposti nuovamente a chi li ha attraversati producendo una cittadinanza, per tutti, gerarchizzata e impoverita. Per questo a gennaio si discuterà di frontiere e della loro militarizzazione, di cooperazione ed accordi con gli “Stati Terzi”, di diritto d’asilo e di accoglienza, di circolazione europea (Shengen-Dublino-Direttiva/38) e detenzione dei migranti, di sfruttamento e discriminazioni, di Bossi Fini e di diritti di cittadinanza”.

I temi sul piatto sono tanti e la sfida fondamentale sarà la capacità di unire davvero le due sponde del Mediterraneo, invitando al dibattito movimenti e organizzazioni europee, ma soprattutto mediorientali e nordafricane, oltre alle tante associazioni nate dai migranti presenti da tempo sul territorio italiano.

 



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