Sud Sudan: colpo di stato sventato, o rinviato?

Il paese più giovane del mondo resta uno dei più instabili

tratto da ISPI online

18 dicembre 2013 – Il tentativo di colpo di stato sembra rientrato ma il Sud Sudan ha corso il rischio di trovarsi nuovamente sull’orlo della guerra civile. Tra domenica e lunedì, le strade della capitale Juba sono state interessate da incessanti combattimenti, che in alcune aree non sono ancora stati sedati.  Secondo quanto dichiarato nel pomeriggio di lunedì dal presidente Salva Kiir, dietro agli scontri a fuoco ci sarebbe il rivale storico, e suo ex «numero due»,  Riek Machar.

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Machar fu uno dei protagonisti della lotta armata per la secessione del Sud Sudan. A lungo in aperto contrasto con la fazione guidata da Salva Kiir, Machar  accettò di venire assorbito nei ranghi del governo in seguito all’indipendenza del paese, avvenuta il 9 luglio 2011 per mezzo di un referendum.  La sua presenza ai vertici del potere era da molti percepita come necessaria alla riconciliazione nazionale ma sempre osteggiata da parte di Kiir.

La decisione di innescare un colpo di stato con il supporto di fazioni dell’esercito a lui fedeli potrebbe essere la conseguenza della decisione presa a luglio dal presidente di allontanare Machar dal governo. Recentemente, infatti, l’ex vice presidente era tornato a parlare in pubblico annunciando l’intenzione di voler correre per le presidenziali del 2015 e accusando apertamente Kiir di coltivare tendenze dittatoriali.

A seguito dei combattimenti  i compound della missione Onu in Sud Sudan (Unmiss) sono stati presi d’assalto e circa 13 mila persone si sono rifugiate all’interno delle loro mura.

Ma sebbene per questa volta il peggio sembri ormai passato, i problemi del Sud Sudan restano palesi. Nel lungo periodo, osserva Marta Montanini, ISPI research assistant, né la storia di Salva Kiir, né la lunga lotta per l’indipendenza, e forse nemmeno le ingenti risorse petrolifere, renderanno giustificabili le tendenze autocratiche del presidente sud sudanese che inevitabilmente produrranno attriti con le altre fazioni del paese. La comunità internazionale, che ha in gran parte sostenuto la partizione del Sudan, non potrà esimersi dal richiamare la leadership di Juba agli impegni presi nei giorni dell’Indipendenza. La posta in gioco è l’ulteriore destabilizzazione di un’area geopolitica già molto fragile, e un destino del Sud Sudan che comincia ad assomigliare pericolosamente a quello dei suoi vicini: il Centrafrica e la Repubblica democratica del Congo.

Leggi anche: La progressiva militarizzazione del Sud Sudan, commentary di Marta Montanini, ISPI research assistant



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