La colonna destra dei siti mainstream italiani è il trionfo dei click e la morte del contenuto in rete. Dai castori che ballano alle anatomie dei corpi esibiti in finti servizi rubati.
Q Code Mag affronta la sonnolenza postprandiale che caratterizza alcune date clou di queste feste, o il senso dilatato delle giornate natalizie e di inizio anno, con una carrellata di consigli fra lettura, video, cinema, facezie o spunti per svuotare la scatola cranica. O riempirla di contenuti di quel bellissimo concetto dei nostri avi, che veneravano l’otium come occasione di crescita personale.
di Irene Merli
23 dicembre 2013 – Il primo dei miei consigli per il periodo di relax natalizio vi farà purtroppo alzare dal divano. E peggio ancora, vi condurrà ad entrare (e ad attraversare) una di quelle gigantesche multisale che ormai sono troppo simili ai famigerati centri commerciali americani. Ma vi assicuro che per apprezzare in pieno il secondo episodio della saga dello Hobbit – La desolazione di Smaug – ne varrà la pena. Perché questo lungo, ricco ed appassionante film va visto nelle condizioni tecnologicamente migliori: in HFR 3D (cercate, i quotidiani riportano queste sigle)o, se possibile in Imax.
Condizioni che si trovano solo nelle multisale oceaniche e di solito periferiche. Detto questo, e programmata la spedizione, state certi di trovarvi davanti a 240 minuti di film in cui entrerete letteralmente dentro Bosco Atro e le sue striscianti insidie, le caverne della Montagna solitaria dove alberga Smaug, lo spaventoso drago custode dell’immenso tesoro del Regno perduto di Erebor, palazzi fortificati degli Elfi della Foresta, l’agghiacciante torre diroccata dove Gandalf sfida il Male assoluto che sta mobilitando enormi schiere dei più orridi e perfidi orchi esistenti. Il tutto in un crescendo di avventure al cardiopalma in cui si cacciano gli antenati dei protagonisti della Trilogia: la Compagnia di tredici Nani più Bilbo Baggins, infatti, cercano di andare verso Est, verso l’antico e leggendario regno dei Nani, ma incontreranno una serie senza sosta di spettacolari ostacoli e/o nemici. Memorabili l’attacco di frotte di ragni giganti, nel Bosco Atro, e il combattimento nella montagna stile gatto e topo tra i superstiti della Compagnia e il Drago dalla testa grande come un autobus, con nanetti che scivolano a velocità supersonica su chili e chili di monete e Smaug che finisce sotto una colata di oro fuso e ne esce ridotto come una vittima di Goldfinger. Insomma, La desolazione di Smaug e’ imperdibile, anche se non vi piace il fantasy. Tolkien e’ ben altro, Lo Hobbit (diviso in tre episodi dal solito Jackson) è più giocoso della celeberrima opera posteriore, e se nelle fiabe quando si trova il tesoro va a finire tutto bene, qui non andrà’ proprio così… Ma lo vedremo nel prossimo film.
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Ora ritorniamo sul divano perché è il momento dei consigli di lettura, tipica attività da otium natalizio. Qui vi suggerisco il libro che mi ha più divertito, scritto da un ragazzone emiliano autodidatta. Cristiano Cavina, infatti, e’ nato nel paesino di Casola Valsenio nel 1974, in un caseggiato di case popolari con le cantine piene di uccelli da richiamo per i cacciatori e un magnifico albero nel cortile. Cavina nei suoi libri ama raccontare cose che conosce da vicino: la sua infanzia, l’epopea di una nonna, la vicenda di figlio senza padre… Ma con uno stile ironico e verace, che tutto provoca fuorché’ la noia. Nell’ultimo Inutile Tentare Imprigionare Sogni (Marcos y Marcos) narra la sua personale condanna a 5 anni di ITIS ad Imola, scuola tecnica che tocca a molti indecisi ed è nota per una quasi assoluta carenza di ragazze (chiedete in giro e vi sarà confermato).
Un istituto,quello descritto, dove un ingegnere insegna sdraiato su un lettino da campo per un prosaico problema di emorroidi, un altro fotografa l’uscita d’emergenza intasata a bella posta da scorie e detriti delle saldature e poi manda la polaroid al comando dei vigili, e il protagonista, bravo solo in italiano, sfida ore e ore di materie tecniche astruse dotato di un vecchio tascapane da scout invece di uno zainetto Invicta. E forse qualcuno si ricorda cosa voleva dire andare a scuola o in viaggio senza un Invicta, specie per i maschi.
Insomma, Cavina è un cantastorie dallo sguardo sempre ridente, che trasforma una scuola di provincia in una giungla piena di strani animali, ma giura quello che racconta è quasi tutto vero, tanto che ha dovuto chiedere ii permessi ai suoi vecchi professori. E ora gira nelle scuole superiori a raccontare “nanetti” e a certificare con la sua storia che se uno ha un sogno, come quello non da poco di scrivere, deve temere solo se stesso e non ostacoli esterni. Come da titolo.
Preferite un classico? Sarà stato un caso, ma mi è subito caduto l’occhio su un libro “cult” della mia epoca del liceo: La lingua salvata, di Elias Canetti, premio Nobel nel 1891, un formidabile romanzo di formazione personale di un ragazzino nato in Bulgaria da una famiglia ebraica di origine spagnola che si troverà a vivere a Manchester, Vienna, Zurigo… Sia l’attacco che l’ultima frase sono di una bellezza folgorante, come poche altre volte nella letteratura. Vi lascio intuire il resto: vette difficili da superare.
In ultimo un piccolissimo consiglio musicale, da “consumare”ovunque, in casa, in auto e fuori. Quest’estate ho sentito spesso alla radio una bellissima canzone, You will never know, interpretata da una voce scura, calda, soul ma non solo, vicina come tonalità a Tracy Chapman ma con qualcosa di più amaro e profondo. Beh, la cantante in questione in arte si chiama Ymany, che in swahili significa “fede”, e’ un ex saltatrice in alto e una ex famosa modella nata vicino a Marsiglia da genitori delle Comore. Ymany a una certo punto della sua ottima carriera nella moda, stanca di sentirsi un manichino su cui appendere abiti di lusso, si è trasferita dagli Stati Uniti a Parigi e ha iniziato a girare con un demo nei vari studi dei discografici. il risultato, qualche tempo dopo, e’ stato un cd, The Shape of a broken heart, un esordio piacevolissimo per chi ama le felici contaminazioni e sentiva la nostalgia di una voce nera significativa, africana e non afroamericana, fortemente identitaria. Particolare importante, in termini di colore e coerenza, Imany si esibisce sempre con un turbante sui capelli. Sia ai concerti che nei video. E con buona pace della omologazione di mercato, You will never know e’ stato uno dei successi dell’estate. Buon ascolto!
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