La commissione ministeriale per la legislazione dà l’ok all’occupazione finale dell’unico confine palestinese verso l’esterno. Ma Netanyahu potrebbe bloccarla
31 dicembre 2013 – Il 2014 non sembra portare niente di nuovo sotto il sole palestinese. Israele prosegue nella colonizzazione dei Territori Occupati e, come spesso accaduto in questi mesi di negoziato di pace, dà una botta al cerchio e una alla botte.
Oggi (30 dicembre) saranno liberati altri 26 prigionieri politici palestinesi, rilascio previsto nell’ambito del processo di pace con l’ANP ripreso a luglio con la benedizione statunitense. Mossa criticata duramente dagli alleati più nazionalisti del governo di ultradestra del premier Netanyahu, che va quindi bilanciata. Non solo con le colonie: ieri un gruppo di ministri israeliani riuniti nel comitato governativo per la legislazione ha dato il via libera al disegno di legge presentato alla Knesset giovedì dal parlamentare del Likud Regev e che prevede l’annessione della Valle del Giordano allo Stato di Israele. Otto voti a favore, tre contro (tra i contrari Tzipi Livni e il leader di Yesh Atid, Yair Lapid).
La proposta prevede l’applicazione del sistema legale e amministrativo alle colonie israeliane nella Valle del Giordano e alle strade di collegamento: nessuna restrizione potrà essere così applicata alla costruzione di nuove strutture o insediamenti.
L’intenzione è fare dell’area, unico possibile confine verso l’esterno per la Cisgiordania (e quindi per un eventuale Stato di Palestina) l’ultima frontiera israeliana. Secondo la stampa israeliana, il premier Netanyahu non intende far passare la legge, troppo pericolosa agli occhi della comunità internazionale. In ogni caso, appare chiaro il messaggio inviato dal Likud (e dal resto del governo) al primo ministro e al suo capo negoziatore: Israele non cederà di un metro, negoziato o non negoziato, con o senza l’appoggio dell’alleato statunitense.
Non è comunque un segreto che anche il premier voglia mettere le mani sull’area: poco tempo fa Bibi ha reiterato al segretario di Stato statunitense Kerry la proposta di mantenere una presenza militare israeliana nella Valle del Giordano, per evitare – questa la giustificazione – l’ingresso di armi e miliziani verso i Territori Occupati.
L’obiettivo reale è un altro: il progetto sionista – avviato alla fine dell”800 e tuttora in corso – ha come target finale uno Stato ebraico, all’interno del quale massimizzare la popolazione palestinese in spazi minimi. Enclavi, o bantustan, circondati dallo Stato di Israele e senza alcun tipo di collegamento tra loro. Pezzi di Cisgiordania, trasformati in cantoni come è oggi Gaza. In un simile progetto rientra il famigerato Progetto E1 (corridoio di collegamento tra Gerusalemme e il Mar Morto attraverso l’espansione della colonia di Ma’ale Adumim) e ora il disegno di legge di annessione definitiva della Valle del Giordano.
La proposta non piacerà all’amministrazione di Washington, che cerca di mettere pezze agli strappi israeliani. E non piace nemmeno all’ala più moderata del governo Netanyahu: la capo negoziatrice Livni ha già espresso la sua disapprovazione per una mozione che metterebbe in serio pericolo un negoziato di pace che già ora non sta portando ad alcun risultato concreto.
Sorridono invece i membri di Casa Ebraica (che in passato aveva presentato un disegno di legge simile), estremamente critici verso la decisione di rilasciare 104 prigionieri palestinesi, dietro le sbarre di una prigione israeliana da prima della firma degli Accordi di Oslo nel 1994. Domani è prevista la terza fase della liberazione: 26 detenuti saranno scarcerati. Ma se con una mano Israele apre le porte delle celle, con l’altra firma progetti per la costruzione di 1.400 nuove unità abitative per coloni nei Territori Occupati e a Gerusalemme Est.
L’Unione Europea, pochi giorni fa, era stata chiara: non accetteremo – avevano detto i ministri degli Esteri dei 28 Stati membri – l’annuncio di nuove colonie dopo la liberazione dei detenuti politici palestinesi. Netanyahu ha “rispettato” il diktat, burlando la UE: l’annuncio è stato dato prima del rilascio. Un altro schiaffo in faccia alla diplomazia internazionale, ma soprattutto al già martoriato popolo palestinese.