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Sono passati almeno 10 anni dall’uscita di ognuno dei film che rivisiteremo in questo spazio, eppure, nel bene o nel male, nulla pare essere cambiato. Pare che le tematiche siano più attuali del previsto. Dunque, si ripropongono, proprio come i peperoni. Speriamo solo di digerirli il prima possibile. [/note]
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/07/Schermata-2013-07-12-alle-14.20.02.png[/author_image] [author_info]Alice Bellini. Scrittrice, si laurea in cinematografia tra Londra e New York. Non è una critica di nulla, ma le piace dire la sua, sapendo che, comunque, la risposta a tutto è inevitabilmente 42.[/author_info] [/author]
2 gennaio 2014 – Vorrei iniziare questo 2014 senza alcun altro buon proposito se non quello di condividere un buon film. Un film di cui aspettavo con ansia di poter parlare e che finalmente, compiendo 10 anni questo 2014, si apre al mondo dei Peperoni.
Lo aspettavo con ansia non fosse altro che per il fatto che si tratta di un film genuinamente bello e poetico, ma senza pretese. Scorrevole, senza perdere di profondità. In grado di lanciare messaggi forti, ma senza imporsi.
È un film che lascia liberi di scegliere, se rimanere passivi, a guardarlo dalla propria poltrona senza colpo ferire, o alzarsi e viaggiare, sapendo che, entro la fine, qualcosa sarà cambiato.
Datato, come ormai sarà chiaro, 2004, I diari della motocicletta, firmato Walter Salles, narra l’epico viaggio del Che, quando ancora era solo Ernesto Guervara, al massimo Fuser, e il suo fedele compagno, Alberto Granado. Attraverso tutta l’America Latina, in sella a una motocicletta, liberi di gestire il viaggio a proprio piacimento: un sogno.
Se si è disposti a viaggiare dentro di sé, allora questa pellicola riuscirà a dialogare con chi la guarda nel profondo. Come dice lo stesso Ernesto, “Non è questo il racconto di gesta impressionanti. È il segmento di due vite raccontate nel momento in cui hanno percorso insieme un determinato tratto, con la stessa identità di aspirazioni e sogni. Forse la nostra vista non è mai stata panoramica, ma sempre fugace e non sempre adeguatamente informata, e i giudizi sono troppo netti. Forse. Ma quel vagare senza meta per la nostra maiuscola America, mi ha cambiato più di quanto credessi. Io, non sono più io, perlomeno non si tratta dello stesso io interiore”. Ed è così che il film finirà anche per lo spettatore disposto a sognare, quello disposto a viaggiare.
Una riflessione, più delle altre, rimbomba poi sonante nei dubbi di questo Che ancora acerbo, ma non per questo meno visionario. E la stessa rimane nei dubbi di chi guarda, ascolta e viaggia con lui.
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“Come è possibile che una civiltà capace di costruire tutto questo, venga distrutta per costruire… questo?”
Come è possibile che, anno dopo anno, continuino a farsi scelte sempre più sbagliate, sempre più brutte, antiestetiche, oltre che antietiche. Quand’è che l’uomo ha cominciato a preferire la rovina? Quand’è che ha cominciato a preferire l’orrore? Quando la deturpazione? Del mondo e di se stesso al contempo, perché considerare le due cose come enti separati è sbagliato, oltre che impossibile.
La vera domanda è: quand’è che l’uomo ha smesso di ragionare? Quando ha deciso di diventare fondamentalmente stupido e volgare?
Nell’addentrarci, giorno dopo giorno, in questo 2014, il mio unico buon proposito è quello di condividere un buon film, sperando di condividere, al contempo, una buona riflessione. Che poi si sviluppi a sua volta in un buon proposito: quello di affrontare il nuovo anno con un briciolo di ragione in più, quanto basta per riappropriarsi della bellezza, quanto basta per smettere di essere volgari.