[author] [author_image timthumb=’on’]http://www.buongiornoafrica.it/wp-content/uploads/2012/06/raffa01.jpg[/author_image] [author_info]di Raffaele Masto. Faccio il giornalista e lavoro nella redazione esteri di Radio Popolare. Nei miei oltre venti anni di carriera ho fatto essenzialmente l’inviato. In Medio Oriente, in America Latina ma soprattutto in Africa, continente nel quale viaggio in continuazione e sul quale ho scritto diversi libri dei quali riferisco in altri spazi del blog www.buongiornoafrica.it. Insomma, l’Africa e gli africani, in questi venti anni, mi hanno dato da vivere: mi sono pagato un mutuo, le vacanze e tutto ciò che serve per una vita di tutto rispetto in un paese come l’Italia.[/author_info] [/author]
Inizia un nuovo anno e l’Africa appare contraddittoria come forse non lo è mai stata. Ci sono due afriche: quella di una sorta di moderno cliché che parla di un continente miracoloso dal punto di vista economico, con paesi che crescono a livelli che ormai la Vecchia Europa può solo sognare. E quella antica, di un Africa percorsa da guerre, da conflitti etnici, da standard di benessere sotto il minimo.
Ad alimentare questo secondo cliché in questi ultimi mesi sono stati una serie di avvenimenti che hanno mostrato quanto ancora l’Africa sia fragile. Eco gli avvenimenti: la grande speranza Sud Sudan, ultimo paese delle indipendenze africane, si è trasformato in una grande delusione con i due principali leader del paese – il presidente Salva Kiir e il suo ex vice Riek Machar – che si confrontano in una spietata lotta per il potere, lanciando le loro etnie, i Dinka e i Nuer, in un feroce tentativo di pulizia etnica.
Ma quello del Sud Sudan è solo l’ultimo degli avvenimenti: c’è la Repubblica Centrafricana precipitata nel caos politico dopo il rovesciamento dell’impresentabile dittatore Francoise Bozizè. C’è il Mali che dopo l’occupazione da parte delle forze del Jihadismo Islamico non si è più risollevato e rischia in continuazione di precipitare nella guerra. E poi ci sono una serie, ancora troppo lunga, di paesi a rischio per motivi religiosi, o di potere, o per la corruzione dilagante: Nigeria con il conflitto religioso nel Nord e la surreale setta Boko Haram; Zimbabwe, schiacciato da una dittatura ferrea di un uomo d’altri tempi, Rober Mugabe; Eritrea, paese che fornisce migliaia di candidati all’annegamento nel Mediterraneo a causa di un regime feroce e spietato. Si potrebbe continuare perché questi sono solo gli aspetti più evidenti di un Africa ancora ferma al palo.
A fianco c’è invece un Africa che è una sorta di miracolo di opportunità per gli investitori internazionali e per le multinazionali bisognose di materie prime: Angola, Mozambico, Tanzania, Ghana, Etiopia…e, anche in questo caso, si potrebbe continuare.
Insomma l’Africa è, appunto, contraddittoria. Personalmente preferisco dire che l’Africa è una realtà complessa che decide giorno per giorno quale sarà (o quale vorrebbe che fosse) il suo futuro. Una cosa che però mi sembra valida quasi a livello universale e atemporale è il fatto che, come è stato nel passato e fino ai nostri giorni, a decidere il futuro dell’Africa non sono gli africano. O almeno lo sono in minima parte perché questo continente continua ad essere una sorta di serbatoio di ricchezze, minerarie e non, sulle quali ci interessi internazionali sono forti. Tanto forti da determinare, con la complicità degli ancora troppo numerosi dittatori, quale posto deve occupare l’Africa negli equilibri mondiali.