Bogotà, destituito il sindaco Gustavo Petro per irregolarità nella gestione rifiuti. Una parabola politica dalla guerriglia alla destituzione.
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/12/Sandro_Bozzolo.png[/author_image] [author_info] di Sandro Bozzolo. Nato nei giorni di Chernobyl, ma duemila km più in qua. Ciò nonostante, ha iniziato a viaggiare muovendo i primi passi proprio verso Est. Nel 2008 ha scoperto l’esistenza di un sindaco che ha sostituito i vigili urbani con i clowns, e si è trasferito in Colombia. Da lì in poi, una continua attrazione verso storie sconclusionate, “di sconfitta in sconfitta verso la vittoria finale”. Oggi realizza film documentari e fa il dottorando senza borsa in migrazioni e processi interculturali. Entrambe le cose confluiscono nella maschera di Geronimo Carbonò, www.geronimocarbono.org [/author_info] [/author]
6 gennaio 2014.– Se questo fosse il finale, non renderebbe giustizia alla figura politica di Gustavo Petro, il sindaco di Bogotá recentemente destituito per “cattiva gestione nel sistema di raccolta e gestione dei rifiuti”. Il 9 dicembre 2013, infatti, il Procuratore Generale Alejandro Ordóñez ha decretato lo scioglimento del consiglio comunale e l’interdizione dalle cariche politiche per 15 anni, per il sindaco. Le cause vanno ricercate nelle presunte irregolarità emerse durante il processo di assegnazione dei nuovi appalti per lo smaltimento dei rifiuti. Irregolarità che, secondo il Procuratore, non si limitano a vizi di forma, ma costituiscono “vero e proprio dolo”.
Se questo fosse il finale, dunque, sarebbe facile liquidare la destituzione di Petro come il solito episodio di corruzione in seno alla classe politica, fenomeno purtroppo parecchio diffuso un po’ ovunque, nella percezione con cui si tende a immaginare gli usi e costumi latini, in America come in Europa. Resta il fatto che questo finale risulta essere parecchio stonato con il resto della storia, soprattutto se si considera la traiettoria umana, sociale e politica del quasi ex-Sindaco Petro.
Studente e attivista fin dalla giovanissima età, Petro abbracciò presto la linea d’azione intrapresa dall’interessante gruppo “paralegale” del Movimiento 19 de Abril (abbreviato, M-19), attivo dal 1970, che si proponeva di fomentare il cambio sociale attraverso un approccio situazionista alla vita politica nazionale. Una “guerriglia d’opinione” che sorgeva proprio negli anni più duri del conflitto civile colombiano e che seppe conquistarsi uno spazio importante grazie ad alcuni atti simbolici di grande impatto mediatico – primo su tutti, il sensazionale furto della spada di Simon Bolivar al Museo di Santa Marta – ma che nel 1985 non riuscì ad evitare la violenza, in occasione della dissennata presa del Palazzo di Giustizia di Bogotà, nel corso della quale più di cento persone persero la vita, in seguito alla reazione dell’Esercito.
In seguito all’episodio, Petro ha preso le distanze con il suo passato, e si è impegnato nel processo di transizione del gruppo verso una dimensione politica da giocarsi in parlamento. Il suo nome ritorna nei diversi partiti progressisti che dal 1991 si sono avvicendati sulla scena politica nazionale, acquisendo, nel corso degli anni, un’autorevolezza che spesso gli è stata riconosciuta dagli stessi avversari, al punto che l’opinione pubblica aveva recentemente iniziato ad accreditarlo come il più credibile oppositore di Santos per le elezioni del 2014.
Il 30 ottobre 2011 Petro è stato eletto Sindaco della Capitale, in armonia con una tendenza elettorale che, da vent’anni a questa parte, si dimostra favorevole ai candidati estranei alle forze politiche maggioritarie al Governo nazionale. Al momento di passare ai fatti, però, il suo governo ha suscitato un’onda generalizzata di scontento, culminata con una notifica giudiziaria che ha colto di sorpresa un po’ tutti, in Colombia.
Le dichiarazioni rilasciate da Petro nelle convulse giornate successive alla sentenza hanno chiamato in causa il colpo di Stato e il ritorno a una stagione delle bombe. Ma sono numerose le voci che denunciano una diffusa inadeguatezza da parte del suo governo nella gestione di una metropoli complessa quale Bogotà (7,5 milioni di abitanti, di cui almeno la metà in condizioni di urbanizzazione informale, ubicati su un altipiano a 2.800 metri). L’ultima a essersi espressa, è proprio quella del Procuratore Ordóñez, che tra le sue 486 pagine di sentenza ha evidenziato una logica di “improvvisazione” nel nuovo regolamento municipale relativo ai rifiuti.
Entro il mese di gennaio 2014, dopo aver esaminato il ricorso presentato da Petro, i tribunali daranno il responso definitivo. Gli analisti politici colombiani, tuttavia, sono quasi certi che la sentenza non verrà annullata. Se questo dunque fosse il finale, non renderebbe giustizia alla figura politica di Gustavo Petro, per quanto si era visto fin qui. Rimarrebbero però aperte interessanti questioni relative al ruolo del potere giudiziario, che negli ultimi anni in Colombia ha acquisito una forza sempre maggiore, sulla spinta della storica bocciatura del referendum costituzionale che avrebbe portato a una terza elezione dell’ex-Presidente Uribe, avvenuta nell’autunno 2009. Se la Colombia si sta confermando come un Paese in marcia verso un’inedita stabilità politica e sociale, una parte importante di questo credito andrebbe cercata nelle aule dei tribunali, e non solo nei quartieri generali militari.