Rappresentanza, coerenza, valori. Tre parole per descrivere quello che non ci aspetta in questo 2014, senza peccare di pessimismo e allo stesso tempo cercando i guardare il famoso bicchiere mezzo pieno, sempre che dentro non ci siano liquidi tossici.
di Angelo Miotto
Renzi e Letta. La sinistra scomparsa. La destra frammentata. Il grillismo Ma il pastone di Palazzo non fa che distrarre rispetto al nuovo anno che si è aperto, che vede l’obsolescenza delle forme di rappresentatività e un equilibrio sempre più precario legato a una crisi di valori all’interno delle iniziative programmatiche della forma partito, che rispecchiano e allo stesso tempo informano i comportamenti sociali.
Il Pd e il governo. Non c’è molto da scrivere, rispetto a quello che si può leggere sulle cronache quotidiane. C’è un nuovo segretario con una schiacciante maggioranza, con iniziative che molti guardano con curiosità, anche i più critici, per capire cosa davvero si nasconda dietro l’Italia che cambia verso. Un Pd giovane, ammesso che il dato anagrafico sia l’unico discrimine da considerare e così non è, mentre il governo di Enrico Letta sembra un morto che cammina, perché il giovane sindaco di Firenze vuole schiacciare sull’acceleratore e non potrà che trovarsi sempre più sulla sponda opposta del binomio Letta-Napolitano. I due, dopo Monti, nel nome della stabilità hanno battezzato il mostro a due teste fatto da una convivenza di scopo che non ha prodotto altro che confusione a livello del rivendicare le proprie radici (e siamo sempre senza una nuova legge elettorale, si inizia il 27 alla Camera, auguri!).
È il fattore Europa, quella delle élite che hanno scelto in questi ultimi anni di favorire le soluzioni dei tecnici in barba ai classici concetti della rappresentanza delgata da voto popolare, a tenere banco. Il rapporto deficit/Pil, le lettere di Bruxelles imposte e firmate da Silvio Berlusconi e le timidezze nel poter dire ‘no’, motivando, a una dottrina che ha prodotto dei veri e propri scempi sociali, distruggendo lo scheletro portante della classe media e andando a impoverire i ceti meno abbienti, oltre che un possibile patrimonio di speranze. Il pareggio di bilancio in Costituzione, come se fosse un concetto equiparabile all’antifascismo, all’eguaglianza, alla solidarietà. Per questo raccontare il 2014 italiano della politica, e anche della finanza ovviamente, rischia di essere un esercizio vano. Perché la precondizione è saltata.
Finita l’era dei grandi ideali viviamo nel contingente di pance in preda ai sondaggi elettorali, alle alchimie politiche di partiti che non hanno contorni precisi. Forse Matteo Renzi riuscirà a diffondere una visione forte, la sua, ma il punto non è tutto lì. Dietro c’è un corpaccione di un’entità mai davvero definita nell’unione di due grandi partiti di massa che hanno cercato in un viaggio al centro riformista la propria ragione di sopravvivenza.
A sinistra l’arrivo di Renzi avrebbe potuto aprire praterie da percorrere nel tentativo di recuperare un patrimonio disperso di voti e consensi. Uno stillicidio, emorragia continua con fughe laterali verso movimenti di protesta dal sapore populista, che rivendicano anche singoli temi di tradizione progressita, ma solo strumentalmente. Sel non può scomparire e adegua la sua politica. Sel è al lumicino, altri tentativi sono naufragati, ma anche qui si fa fatica – più nei dirigenti che negli elettori – a trovare delle chiavi di rinnovamento nel nome di valori classici che intercettino l’attenzione di una società profondamente cambiata rispetto all’entusiasmo che poteva infondere lo sventolare di una bella bandiera rossa. Chiedete a un ventenne e non vi raccontate che è cosa generale. In quel caso, chiedete ai giovani francesi che han fatto campagna per il Pcf, i comunisti francesi.
A destra il crepuscolo berlusconiano, con uomini nuovi per riformare Forza Italia, ma la mummia con il cagnolino è simulacro di un sistema corrotto e marcio di potere da basso impero che si è sfaldato. Certo, potrebbe dare un fremito e un sussulto, ma storicamente ha esaurito tutto il potenziale destrutturante che ha voluto e saputo esprimere in questi cinque lunghi lustri. Il Nuovo centro destra – vedi dichiarazioni di Alfano di ieri sui matrimoni gay e altro – ha poco di nuovo se non il loro senso di liberazione dal tiranno.
Il centro è indeciso, come sempre, né carne né pesce nel tentativo, che sa di naftalina dopo le iperbole volute dalla stampa borghese, si sarebbe detto una volta, di essere ago della bilancia.
Il gioco è quello dell’indovino, per punti;
Avremo una nuova legge elettorale.
Una crisi di governo, uno scontro Letta-Renzi.
Forse un ricambio al Quirinale.
Un anno di crisi, nonostante i falsi annunci di ripresa.
Disoccupati, disperati e nuove povertà.
Ci saranno i mondiali, le vacanze e tornerà l’autunno e il campionato.
Il sindacato dovrà cambiare passo e struttura, con Renzi al potere non farà tandem.
La politica estera sarà come al solito ininfluente.
Le battaglie sui diritti, ius soli, reato di tortura, numeri identificativi sui caschi, un dibattito sull’ordine pubblico, saranno oggetto di continua denuncia, ma senza soluzione.
Il bilancio della Difesa rimarrà lo specchio dello spreco dell’intelligenza di fronte alle carenze del welfare.
Si potrebbe continuare, si potrebbe anche dire che c’è tristezza e pessimismo, anche fastidio in tutto questo salmodiare un anno davvero poco avvincente.
Ma siamo realistici, nelle previsioni, e idealisti nel nostro agire politico. Coi sono miriadi di iniziative quotidiane di vera politica, che avrebbero solo bisogno di essere raccontate e valorizzate.
Lo iato fra i reali bisogni di una società disidratata di valori e ideali, gonfiata di informazione inutile e format dannosi dalla tv al web, atomizzata e che può riscoprire aspetti di solidarietà solo grazie alle mazzate della crisi, con l’impoverimento costante della classe media e una pressione fiscale sul lavoro autonomo – e chi assume più se trovi lavoro? – che fa spavento, questo iato che separa i cittadini dalla politica partitica è enorme.
Guardate all’Europa che va a destra, estrema, e capirete ancora meglio cosa sia la retorica del disumano, per dirla con le parole di Marco Revelli.
Per cambiare questa agenda c’è la speranza di novità dal basso, di qualcosa che scuota davvero le fondamenta, non che lo prometta solo dietro l’abile guida di animali da palcoscenico. Il conflitto genera energia, quando non è becero come quello strumentalizzato dei forconi. Sparito, strano e inquietante, che ha però favorito un certo dibattito interessante e riproposto molte domande, oltre a darci evidenze di dove siamo, dove viviamo.
Accettando l’assioma che l’unica forma possibile sia quella della democrazia rappresentativa ci sarà sempre e comunque una precondizione da radere al suolo. La esprime in maniera particolarmente intensa il professor Luciano Gallino in una intervista a il manifesto, realizzata per lanciare il suo libro, “Il colpo di stato di banche e governi” per i tipi di Einaudi.
La maggior parte dei nostri governanti ha assorbito l’ideologia neoliberale per cui i cittadini non devono pronunciarsi, perché danno fastidio, si mettono a discutere di cose che non capiscono, intervengono su decisioni che riguardano la loro vita, ma se si prendono alla spiccia è meglio, senza interferenze. La democrazia è un intralcio quando si devono prendere decisioni economiche e finanziarie in modo veloce. Angela Merkel al suo parlamento ha detto che viviamo in un sistema democratico e quindi è corretto che il parlamento esamini le leggi a condizioni che si arrivi a decisioni conformi al mercato. La direttrice dell’Fmi Christine Lagarde sostiene la stessa cosa. Quello che queste due signore auspicano è già avvenuto. I parlamenti non decidono nulla.
Ecco, non dovrà essere un anno di passività e la passione non dovrà essere tifo, ma partecipazione informata. Senza una tabula rasa prima ancora intellettuale, cognitiva, che pratica della servitù cui siamo stati relegati l’agibilità politica di questo 2014 sarà nulla.