Vince Gamonal, vince la lotta dei vecinos che hanno resistito per sette giorni e hanno mobilitato con il loro esempio molte città di Spagna. Il sindaco di Burgos Lacalle, Partido popular, ha annunciato che il boulevard là dove c’è ora Calle Vitoria non si farà, dopo che nella mattinata di venerdì il consiglio comunale controllato dalla destra del suo partito aveva votato per la ripresa dei lavori stessi.
di Angelo Miotto
Todos somos Gamonal. È uno degli slogan che nelle ore scorse è stato gridato e scritto sugli striscioni di tante città spagnole che hanno manifestato a favore del quartiere di Burgos diventato non solo famoso, ma un vero e proprio simbolo per la resistenza testarda dei suoi abitanti contro un’opera urbanistica faraonica imposta dal sindaco e realizzata dal potente costuttore ed editore che spadroneggia in città.
[sz-youtube url=”http://www.youtube.com/watch?v=PmW342W8AK8″ /]
In queste sette giorni di protesta, di scontri, di arrestati, di intossicazione mediatica e maldestri tentativi di depistaggi della politica, la storia di Gamonal, barrio operaio frutto di un’urbanizzazione scellerata, oggi colpito e unito dalla crisi, ha visto crescere in maniera esponenziale l’appoggio dal basso, ricevere adesioni e solidarietà sempre crescenti sulle reti sociali, nelle piazze di tante città spagnole, dove la polizia è intervenuta, quasi sempre e comunque nella maggioranza dei casi, a reprimere e caricare.
La notte di venerdì 17 gennaio – chissà se il sindaco Lacalle è superstizioso o lo sia diventato – è la notte di una vittoria popolare che ha un sapore particolare. Perché gli 8,5 milioni di euro che si volevano spendere a favore del palazzinaro di Burgos, quando l’asilo del quartiere sta per chiudere per mancanza di fondi, sono stati la famosa goccia che fa traboccare il vaso. I guai causati dalla corruzione in Castilla y Léon non sono solo storia di un passato recente, perché la corruzione per definizione viene scaricata sempre sul tessuto sociale del luogo in cui avviene.
E in questa crisi che ha disarticolato la classe media, spinto con violenza si chi stava sulla soglia di povertà verso una vita di stenti, si respirano segnali contradditori che hanno però un minimo comun denominatore; la forbice fra ricchi e poveri si sta allargando, dove i ricchi sono sempre più spesso anche i politici dei partiti e delle istituzioni che non solo non sono capaci di arginare la crisi, ma che hanno avallato la crisi stessa e accettato di buon grado la ricetta dell’austerity dettata dall’Unione europea, con lo stravolgimento del pareggio di bilancio cacciato a forza dentro le Costituzioni dei singoli stati membri.
Gamonal dice tante cose e rimarrà a lungo un simbolo, difficile dire se con un ruolo attivo o se si spegnerà dopo la vittoria ottenuta, perché una mobilitazione permanente segna nei corpi e nello spirito. Il nome del barrio è cucito sul cuore di chi vorrebbe avere una rivincita: corruzione, cemento, partiti che non ascoltano i cittadini, territorio espropriato, repressione, menzogna, galera e manopolazione informativa. Sono ingredienti piuttosto comuni, ormai. Ecco perché da Madrid ad Alicante, Valencia, Granada, Barcellona e altri centri anche più piccoli, sono arrivate le notizie di mobilitazione. In una Spagna che grazie anche ai movimenti del 15M non ha smesso di scendere per le strade, con un tasso di mobilitazione crescente per le riforme che hanno devastato il welfare: insegnanti e studenti, medici, dipendenti pubblici, cittadini pronti a denunciare la corruzione massiccia emersa nel partito di governo e non solo. E le spine nel fianco a sud, Catalunya con il referendum per l’indipendenza, e a Nord con un processo unilaterale di soluzione del conflitto basco in cui Madrid ha scelto non solo di non partecipare, ma di mettersi di traverso, adottando una strategia che risulta ormai poco comprensibile a livello nazionale ed europeo.
Gamonal e la solidarietàò diffusa raccontano una volta di più della repressione di polizia, i bastoni e i manganelli, e un sistema di utilizzo dei contemporanei robocop che ha dei tratti comuni in molte parti di Europa. La strategia è quella degli arresti preventivi, della continua provocazione in piazza, l’identificazione continua dei manifestanti, gli inseguimenti dentro gloi androni, nelle stazioni di metropolitana, con leggi sempre più permissive per le divise e sempre più ostili alla denuncia del cittadino che protesta, che esprime a vari livelli il suo dissenso.
È solo una coincidenza, ovviamente. E forse siamo ancora nella cabala del 17 e del venerdì, ma in poche ore, mentre in Italia a Milano la polizia caricava gli antifascisti permettendo invece a un ‘convegno’ nenazista di svolgersi al Politecnico, dalla Grecia arrivava la notizia che gli agenti che avrebbero potuto evitare l’omicidio da parte di Alba Dorata del rapper antifascista Pavlos Fyssas rimasero a guardare il 18 settembre scorso per ordini ricevuti via radio. E in Spagna dopo il comunicato del sindaco amante delle opere pubbliche di Burgos la polizia salutava un prossimo rientro alla normalità con arresti e manganelli. Il tema è quello della repressione, dove le uniche divise che si sono guadagnate sempre maggior rispetto sono quelle dei pompieri, i bomberos solidali che portavano uno striscione nelle ore scorse: salviamo persone, non le banche.
Gamonal come un benefico virus del ‘sì se puede’, benzina per chi ha sempre creduto che nell’unione delle rivendicaizoni sociali c’è una speranza di ottenere un risultato. È un importante punto messo a segno che potrà forse ricordare come erano le lotte sociali, e perché in molti Paesi si erano riuscite a ottenere delle garanzie e conquiste, prima che fossimo atomizzati, separati da turni di lavoro e da una precisa volontà di disarticolare un ingranaggio sempre pronto a mettersi in moto.
Quel sistema di parcellizzazione, di divide et impera, con la stessa crisi si è eroso, come dimostrano le storie di Burgos nel quartiere operaio, con dati di disoccupazione e di miseria che spiegano una nuova solidarietà sociale.
Quale sarà la prossima Gamonal?
.