Architettura delle Cuevas

A Granada vivono nelle grotte: luoghi abitati dagli tzigani del XVI secolo e dagli hippies itineranti per l’Europa.

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/12/Sandro_Bozzolo.png[/author_image] [author_info] di Sandro Bozzolo. Nato nei giorni di Chernobyl, ma duemila km più in qua. Ciò nonostante, ha iniziato a viaggiare muovendo i primi passi proprio verso Est. Nel 2008 ha scoperto l’esistenza di un sindaco che ha sostituito i vigili urbani con i clowns, e si è trasferito in Colombia. Da lì in poi, una continua attrazione verso storie sconclusionate, “di sconfitta in sconfitta verso la vittoria finale”. Oggi realizza film documentari e fa il dottorando senza borsa in migrazioni e processi interculturali. Entrambe le cose confluiscono nella maschera di Geronimo Carbonò, www.geronimocarbono.org  [/author_info] [/author]

 

Risalgo la collina nell’ultima luce del pomeriggio, un soffuso arancione che contribuisce a rendere ancora più netta la trasformazione da ambiente urbano a spazio primordiale che si sperimenta superando il confine del Sacromonte.

Queste sono le montagne più vecchie d’Europa, mi dico. Sono più vecchie del concetto stesso di Europa. Queste sono le montagne dove tutto cambiava forma, dove le lingue si fondevano in suoni comuni, dove tra una battaglia e l’altra rimanevano spazi di decenni per altri popoli in cammino.

La città di Granada, storicamente, ha rappresentato l’avamposto di confine tra due civiltà in conflitto. Il monumentale complesso della Alhambra ne è testimone fedele, con i suoi meravigliosi palazzi ereditati da 800 anni di dominio arabo, e la caduta di stile firmata da Carlo V, che proprio nel centro decise di erigere un palazzo palesemente fuori luogo – la leggenda dice che finì per pentirsene in punto di morte, osservando la mutilazione architettonica perpetrata alla Alhambra da lontano, dal Sacromonte appunto.

 

GranadaArde_10

 

Le montagne intorno alla città – Alpuharra che si fonde nella Sierra Nevada – sono i monumenti invisibili rimasti a testimonianza della stessa frontiera, archeologia dei poveri che parallela racconta una stessa storia, da prospettive diverse.  Si tratta di una terra ricca di anfratti, grotte, cunicoli naturali, che da sempre risultano essere abitati dall’essere umano, grazie alle caratteristiche climatiche ottimali (che garantiscono ambiente fresco d’estate, e caldo d’inverno), alla posizione strategica (per gli arabi e gli ebrei cacciati dalla Reconquista, rappresentavano essere ottimi nascondigli in cui intraprendere una nuova vita), per la particolare gestione comunitaria, che da sempre si è adagiata su un concetto di usufrutto costante, senza necessità di identificare una proprietà privata per ogni Cueva [grotta].

 

 GranadaArde_11

 

La storia delle Cuevas di Granada si riempie di colore nel secolo XVI, quando alcune comunità gitane, alla fine simbolica di un secolare pellegrinaggio che le portò verso i confini ultimi dell’Europa, decisero di insediarsi stabilmente nelle grotte. La peculiarità dell’ambiente tzigano balzarono agli occhi dei primi esploratori romantici inglesi, che nel XIX Secolo, raggiunta Granada, ispirarono il mito di una città circondata da comunità di viaggiatori, artisti di strada, fuggitivi e avventurieri.

La collina del Sacromonte, oggi, pare conservare intatta buona parte della sua espressione di “alterità”. Le amministrazioni urbane si sono susseguite nei loro ordini politici, senza che nessuna riuscisse a ottenere la registrazione al catasto delle cuevas. I sentieri che si diramano tra arbusti e piante grasse attraversano una comunità popolata da individui biondi, palesemente nordici, artisti di strada slovacchi, ragazze con i dreadlocks in testa e immigati nordafricani. Eppure la maggior parte degli abitanti delle cuevas continua a essere autoctona, composta da signori adulti che parlano uno spagnolo quasi incomprensibile tanto forte è l’accento andaluso, o ragazzi di Granada che hanno scelto di sistemarsi una propria cueva, e trasferirsi lì.

Un cane si scaglia verso di me, e subito attira l’attenzione di altri colleghi, un branco di guardia. Un signore magrissimo, vestito di verde, si alza dal ceppo di legno su cui era seduto, e mi guarda con interesse. Vuole una mia presentazione: da queste parti, la reazione immediata verso chi arriva dal Mondo di Sotto è fatta di aperta ostilità. Gli racconto la verità. Ricordo di aver passato una serata particolarmente suggestiva, l’anno scorso, tra queste cuevas. Un ragazzo conosciuto per caso, Cosmin, aveva organizzato una pizza nella sua cueva, che era una delle poche ad essere dotate di un forno a legna perfettamente funzionante. Cosmin era uno scultore romeno in viaggio da vent’anni almeno, tra i sentieri di una vita caratterizzata dalla strada e dalla dipendenza dall’alcol. La sua cueva sorgeva pochi metri più in basso del cimitero municipale, e con i resti di lapidi e tombe trovati qua e là aveva costruito il suo forno a legna.

 

 

GranadaArde_6

 

Cosmin non abita qui, mi dice quest’uomo che si presenta come Pepe, di sessant’anni almeno, mentre la moglie mi osserva curiosa e sorridente dall’interno di un recinto per galline costruito con reti metalliche per materasso. E’ partito nella scorsa primavera, ha detto che sarebbe stato per qualche tempo in Romania, ma nessuno potrebbe dire quando e come tornerà. La sua cueva l’ha lasciata a un paio di amici che prima vivevano più in basso; adesso è casa loro.

Pepe si propone di accompagnarmi, e a chi lo saluta lungo il cammino mi presenta come “un amico di Cosmin”. Lo scultore romeno evidentemente ha lasciato un buon ricordo tra questa comunità mutante, e una coppia di catalani che trasportano un barile di acqua potabile sulla carriola mi spiegano che i nuovi abitanti della cueva di Cosmin sono stati fortunati, perché lui l’ha abbandonata senza chiedere nulla a cambio.

E’ un discorso dolente, il “mercato immobiliare informale” che negli ultimi anni si è sviluppato intorno alle occupazioni delle grotte. Il secolare sistema di utilizzo temporaneo con conseguente ordinaria manutenzione si è progressivamente trasformato in una compravendita economica che riproduce il modello della Città di Sotto, con gli annessi sovrapprezzi applicati a chi arriva da lontano, e non parla lo spagnolo.

I più anziani abitanti della collina del Sacromonte non nascondono la loro rabbia. Qua è sempre andata in un certo modo, dicono. Siamo sempre riusciti a resistere. E adesso, oggi che Granada è una meta privilegiata nei circuiti sotterranei che muovono centinaia di artisti di strada e nuovi hippies in giro per l’Europa, qualcuno sta svendendo un vero e proprio sistema di vita.

 

GranadaArde_15

 

Scende la luce del crepuscolo, e la Alhambra si illumina di arancione, di fronte al Sacromonte. Un sentiero di pietre e spine mi riporta verso la città degli altri, mentre i cani dal pelo impolverato mi accompagnano fuori dalla realtà di una Granada che tenta di rimanere immobile, in un tempo che cambia.

 

Foto a cura di Juano Groissman

 

 



Lascia un commento