PEPERONI: UNA CURA LUDOVICO DI MASSA

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Sono passati almeno 10 anni dall’uscita di ognuno dei film che rivisiteremo in questo spazio, eppure, nel bene o nel male, nulla pare essere cambiato. Pare che le tematiche siano più attuali del previsto. Dunque, si ripropongono, proprio come i peperoni. Speriamo solo di digerirli il prima possibile. [/note]

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/07/Schermata-2013-07-12-alle-14.20.02.png[/author_image] [author_info]Alice Bellini. Scrittrice, si laurea in cinematografia tra Londra e New York. Non è una critica di nulla, ma le piace dire la sua, sapendo che, comunque, la risposta a tutto è inevitabilmente 42.[/author_info] [/author]

22 gennaio 2014 – “L’uomo deve poter scegliere tra bene e male, anche se sceglie il male. Se gli viene tolta questa scelta egli non è più un uomo, ma un’arancia meccanica”. Lo disse Stanley Kubrick. Lo disse nel 1971. Lo disse parlando di una delle sue opere più grandi, più audaci e più insopportabili.

Arancia meccanica è, dopotutto e prima di tutto, un film soffocante. Vederlo richiede un certo tipo di coraggio, non tanto nel sorreggere scene di una violenza inaudita, quanto nel sentirsi, per almeno 131 minuti della propria vita, completamente soffocati, asfissiati, in qualche modo sottoposti, a nostra volta, alla cura Ludovico, perché privati della libertà di scelta, del bene o del male che essa sia.

Lo spettatore è così sottoposto a un flusso martellante e incessante di violenza e negatività, di crudeltà, sopruso e ripugnanza. Non c’è clemenza. Non c’è scampo. E quello che resta è solo un pesante voltastomaco. Si può decidere di spegnere lo schermo, azzittirlo, stopparlo. Ma questo significherebbe infilare la testa sotto la sabbia. Chiudere realmente il cervello. Significherebbe che la cura Ludovico ha avuto successo.

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Non sto giustificando le violenze di Alex e i suoi amici Drughi. Lungi da me difendere un maniaco, violento e stupratore e i suoi analoghi amici. Mi domando solo se la cura Ludovico sia il giusto metodo rieducativo e di guarigione, oppure se non abbia semplicemente anestetizzato quella sua goduria per l’ultraviolenza con ancora più violenza. Perché senza scelta, non può esserci un reale cambiamento, ma solo un forzato, deleterio e frustrante adeguamento.

Lasciare all’uomo la scelta di essere cattivo, qualunque cosa questo voglia dire, non significa non prendere provvedimenti nei confronti di quella cattiveria, abbandonare il tentativo di combatterla, smettere di cercare di risolverla e lasciare che essa dilaghi. Significa solo dimostrare che una scelta c’è, dargli la possibilità di essere buono veramente, qualunque cosa anche questo voglia dire. Opprimere un individuo, annullare la sua libertà di scelta, imporre una bontà, reale o presunta che sia, senza lasciare che quella stessa bontà venga abbracciata di spontaneamente, non è una risposta, ma solo una pericolosa tirannia. Per quella regola aurea secondo cui odio chiama odio e violenza, violenza. E, analogalmente, l’oppressione genera se stessa.

La cura Ludovico garantiva libertà immediata. Ma laddove non c’è più scelta, non c’è libertà che tenga.

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In Spagna presto si deciderà se l’aborto sarà da considerare nuovamente un reato, oppure se rimarrà, giustamente, un diritto. Anche negli Stati Uniti le possibilità di abortire sono sempre più limitate e le misure sempre più ostacolanti. In Inghilterra, nel frattempo, il governo di Cameron impone alle compagnie telefoniche che si occupano del traffico internet dei privati cittadini di far scegliere ai propri clienti se desiderano o meno rendere la loro rete sicura, ovvero protetta da materiale osceno e volgare, includendo, all’interno di questa categoria, portali dedicati all’omosessualità, all’educazione sessuale e affini. Anche loro sono ritenuti pornografici. Il tutto, per la salvaguardia dei più piccoli. Anche quelli che ancora non sono nati. Anche quelli che ancora non esistono.

Non si tratta di aborto. Non si tratta di educazione sessuale. Non si tratta di omosessualità. Non si tratta nemmeno di pornografia. Si tratta di libertà di scelta. Vietare ognuna di queste singole cose significa vietare la libertà di scegliere cosa è bene e cosa è male per se stessi. Significa operare, da un punto di vista legale e legalizzato, una cura Ludovico su scala globale, ma più grave. Perché a monte non c’è nessun reato.

Ché fin dove la propria libertà non viola quella altrui, impedire una qualsiasi azione pensiero parola è un atto violento, oppressivo e inequivocabilmente ingiusto. Il punto non è se ognuna delle suddette cose sia giusta o meno. Il punto è che ognuna deve essere possibile. Ogni individuo deve essere libero di scegliere tra esse e il loro opposto, secondo una personale scala di valori.

Qualora così non fosse, significherebbe che il mondo comincerà ad assomigliare sempre di più a un’enorme arancia meccanica, popolata da tanti Alex DeLarge post-cura Ludovico, o asfissiata come gli spettatori di questo magistrale cult cinematografico, in preda all’ultraviolenza, che non sarà quella applicata dai civili, ma quella esercitata dallo Stato.



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