[note color=”000000″]In occasione del 27 gennaio, Giorno della Memoria, Q Code inaugura una nuova sezione, “Storia e memoria”. Ogni mese, in questo spazio, racconteremo “storie nella storia”: storie di vita che incrociano, in uno o più momenti, la Storia con la S maiuscola. Parleremo anche di memoria, intesa come memoria storica, collettiva, personale, memoria costruita o decostruita, per indagare le diverse sfumature di un processo che è tutto tranne che neutro.[/note]
I nazisti e la persecuzione degli LGBT, una mostra e un film raccontano
a cura di Francesca Rolandi
Uno sterminio del quale solo da qualche anno si è iniziato a parlare, quello degli omosessuali nella Germania nazista, è al centro della mostra “Omocausto” promossa da Arcigay, che gira da alcuni anni grandi e piccole città italiane. Con un intento divulgativo la mostra porta il visitatore a toccare con mano la distruzione che la salita al potere del nazismo in Germania provocò sulla nascente consapevolezza LGTB tedesca, che aveva il suo epicentro a Berlino. La persecuzione diretta fu la sua naturale conseguenza con le prime deportazioni nei campi di sterminio, che datano al 1933. Contrassegnati da un triangolo rosa, gli internati omosessuali furono vittime di aberranti esperimenti, torture, furono eliminati con lavori forzati e camere a gas. E i pochi sopravvissuti, nella Germania liberata dagli alleati, passarono spesso dal lager al carcere per scontare quella pena rimaneva connessa al reato di omosessualità. La mostra dedica una sezione anche alle persecuzioni subite da gay e lesbiche in Italia sotto il fascismo, vittime di pestaggi, condanne al confino, licenziamenti .
Undici storie di gay e lesbiche vittime delle persecuzioni naziste sono ripercorse attraverso la matita di diciannove giovani disegnatori nella mostra “Rosa cenere” prodotta dal Cassero LGBT Center di Bologna.
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La storia di Pierre Seel, perseguitato che, a più di trent’anni dai fatti, denunciò il vero motivo per cui era stato internato, ingaggiando una battaglia con lo Stato francese per il riconoscimento dello status di “rifugiato omosessuale”, ha ispirato il regista Giovanni Coda nel suo film sperimentale “Il rosa nudo”.