Parli arabo?

Ma perché molti occidentali che studiano arabo con dedizione e fatica, compresa la sottoscritta, finalmente si recano in Medio Oriente e non riescono a capire un’acca? Facile,  probabilmente perché hanno studiato l’arabo “sbagliato” 

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/11/FacebookHomescreenImage.jpg[/author_image] [author_info]di Susanna Allegra Azzaro. Amo definirmi “cittadina del Mediterraneo”. Le mie origini si perdono tra Sardegna, Genova, Sicilia e Nord Africa, ma è a Roma che sono (casualmente) nata. Lavorare nella cooperazione internazionale mi ha dato la possibilità di vivere un po’ in giro nel mondo; la curiosità, invece, mi ha spinta a cercare di imparare il più possibile dalle culture con cui sono venuta a contatto. Tra il 2008 e il 2009 il lavoro mi porta in Medio Oriente e da allora esso continua ad essere una presenza costante nella mia vita. Recentemente vi sono tornata per approfondire i miei studi della lingua araba colloquiale “levantina”.[/author_info] [/author]

30 gennaio 2014 – Questo post potrebbe essere particolarmente utile per quei poco sani di mente che stanno prendendo in considerazione l’idea di imparare l’arabo.  Ma non solo.

Per chiunque voglia capire un po’ più a fondo il Medio Oriente in generale, l’aspetto linguistico non è da sottovalutare.
Io personalmente ho deciso di studiare l’arabo perché mi incuriosivano gli strani suoni di questa lingua, ma anche perché avevo bisogno di una nuova sfida e volevo vedere fin dove sarei riuscita ad arrivare.
Sapevo che sarebbe stato un cammino lungo e tortuoso, ma non avendo nessuna scadenza da rispettare, mi sono concessa tutto il tempo del mondo per raggiungere l’obiettivo.

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Fu così che mi imbarcai in questa nuova avventura linguistica,  supportata da una brava e paziente insegnante siriana, e consapevole che una bella fetta del mio tempo libero  sarebbe stato impiegato sui libri.
Diversamente da quello che si pensa,  l’alfabeto non è poi così difficile da imparare e anche scrivere da destra a sinistra diventa automatico da subito.
Ciò che rappresenta la vera sfida per noi occidentali è la pronuncia.
La lingua araba ha delle lettere, e relativi suoni,  che non esistono nella lingua italiana, così come noi utilizziamo delle lettere, tipo la P e la C, che non esistono nell’alfabeto arabo.

Ma perché molti occidentali che studiano arabo con dedizione e fatica, compresa la sottoscritta, finalmente si recano in Medio Oriente e non riescono a capire un’acca? Facile,  probabilmente perché hanno studiato l’arabo “sbagliato”.

Negli ultimi anni in Italia si sono moltiplicati i corsi di arabo classico,  chiamato fusha, che per gli arabi rappresenta un po’ quello che per noi è il latino.
A differenza del latino, però, il fusha è ancora largamente utilizzato soprattutto dai  mezzi d’informazione e da una piccolissima percentuale di popolazione,  quella degli uomini e donne di una certa cultura.

La gran maggioranza della popolazione parla il cosiddetto “arabo colloquiale”, che cambia da paese a paese e che, in alcuni casi, del fusha utilizza un numero limitatissimo di parole.
Il Marocchino, per esempio, ha subito enormemente l’influenza della lingua berbera, cosa che lo rende incomprensibile al di fuori dei confini marocchini. Anche l’ Algerino si potrebbe definire una lingua assestante, mentre l’ “arabo levantino” è utilizzato in diversi paesi,  tipo Siria, Giordania, Libano e in Palestina.

Dopo mesi e mesi di duro lavoro sui libri, la scorsa estate ho deciso finalmente di passare all’azione e di comprare un biglietto per Amman, dove mi sono iscritta a un corso di arabo colloquiale.
Mi sentivo abbastanza sicura delle mie competenze linguistiche e, appena atterrata in Giordania, decisi di buttarmi  subito nella mischia.

Attaccai bottone con una delle mie compagne di viaggio impegnata, come me, a cercare la valigia sul nastro bagagli.
Difficilmente dimenticherò l’espressione di sorpresa e incredulità sul suo viso, ma soprattutto la sua poco discreta risata mentre mi chiedeva perché parlassi “come il Corano”.

Non contenta cominciò a chiamare i colleghi con cui viaggiava per farmi ripetere a loro, parola per parola, ciò  che innocentemente le avevo chiesto pochi minuti prima.
Tra l’ilarità e risa generali, la mia compagna di viaggio disse che mi avrebbe dato un passaggio in città e che DOVEVO assolutamente conoscere la sua famiglia.

Accettai volentieri l’offerta e, durante tutto il tragitto, lei e il suo gentile  consorte non fecero altro che chiedermi il nome, in fusha, di tutti gli oggetti che gli venivano in mente.
Ad ogni mia risposta i due scoppiavano in una risata esagerata,  mentre io mi maledivo per non aver scelto di studiare il mandarino.

Durante il test d’ingresso che dovetti sostenere nella scuola di arabo, tutti i miei sospetti furono tristemente confermati: avevo per mesi e mesi studiato una lingua che quasi nessuno capiva e, fatto ancora più drammatico, mi resi conto  di non essere in grado di capire una sola parola della lingua parlata.

Presa dallo sconforto, meditai di rifare immediatamente le valigie e darmi alla fuga, magari in qualche isola caraibica, ma per fortuna alla fine non lo feci e ricominciai a studiare tutto daccapo.
L’arabo colloquiale si rivelò molto piu’ semplice del fusha, oltre che più utile.
Se decideste di studiare arabo, vi consiglierei di non dedicare piu’ di qualche mese al fusha e di passare poi direttamente al dialetto a cui siete interessati.

Considerate che ultimamente l’egiziano sta prendendo sempre più piede a seguito dell’ invasione di programmi televisivi, soprattutto telenovelas, che spopolano in tutto il Medio Oriente. Cio’ ha fatto si che questo dialetto sia ormai compreso anche al di fuori dei confini nazionali.

Piccola curiosita’ invece che riguarda i numeri. In Italia, erroneamente, si pensa che i numeri che utilizziamo siano arabi. In realtà, questi provengono dall’India; agli arabi va solo il merito di averli importati.



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