Insulti, minacce, populismo da strapazzo, sessismo, schiaffi, machismo della peggior risma. E sogni incatenati al suolo. Un rapporto di forza che deve provocare una reazione. Quale?
di Angelo Miotto
5 febbraio 2014 – Si chiama Ken Robinson e le sue teorie divergenti sull’educazione sono uno dei video più cliccati delle Ted Conference, se non le conoscete cliccate qui. Fra le cose che dice, credo di ricordare che raccontasse di come i primitivi dedicassero solo una parte residua della loro settimana alla caccia, cioè al lavoro, mentre per il resto del tempo si dedicavano a scoprire e decorare.
Poi diciamo: sei un primitivo! Magari.
Il rapporto di forza che scriviamo oggi è quello della Fantasia al potere, perché la realtà che scorre sotto i nostri occhi oggi è talmente fetida che non lascia spazio a nessun pensiero positivo. Passerà, in fondo mentre scrivo è lunedì e piove, e questo non aiuta.
In una pausa da un lavoro piuttosto meccanico, mi son fermato e ho decorato la mia caverna, basta cacciare. Ne è uscita una una lista imperfetta, di getto, che metto qui così come navigava nei miei pensieri.
Una legge elettorale nell’interesse dei cittadini che non mortifichi le minoranze
Una legge elettorale che sappia valorizzare anche le minoranze
Un nuovo concetto di produttività e un cordone di sano protezionismo a difendere una nuova maniera di vivere
Il reddito minimo garantito
Una nuova politica industriale
La nazionalizzazione di chi si fa i soldi sulla pelle degli aiuti di stato, per poi andare all’estero a fare profitto
Una patrimoniale secca
Una redifinizione delle imposte
L’abolizione dei vincoli imposti dai tecnocrati Ue
Una legge per definire il rapporto fra il salario del lavoratore e quello del suo Ceo
Una politica estera capace di mediare nei conflitti
Una politica estera europea per una nuova Unione, ma dal basso
Limitare il potere delle banche
Limitare il potere delle Assicurazioni
Taglio del budget militare a favore di istruzione e ricerca
Una nuova politica dell’istruzione, dove recuperare la creatività, non solo nozionismo
Beh, potrebbe andare avanti a lungo, ma il concetto base che ci sta sotto, mi accorgevo mentre scrivevo una riga dopo l’altra, è un’insofferenza per la condizione del reale imposto e la necessità di sperare, cioè di voler aprire un credito immaginario nella testa verso una vita in un Paese accartocciato, ma ricco di tante energie che non usa e marginalizza.
Magari le impiega dal punto di vista produttivistico, ma le uccide quando toglie aria e spazio ai sogni, alla visione, alla nostra natura umana che unisce la curiosità del primate alla comprensione delle cose, al sogno e la capacità di comunicare con le parole dette, scritte, filmate, drammatizzate, tristi, felici, paradossali e ironiche, organizzate in grumi di energia propositiva.
Questo blog nasce da un pranzo: tu cosa voteresti chiede G., e da un post di un collega di qcodemag che commentando Scopelliti e Grillo dice: mica lo so se vado a votare.
Grillo e Boldrini, grillini e accuse sessiste, grillini e gesti osceni, boia chi molla e via dicendo, tutto il repertorio. Scopelliti, Nuovo centro destra, che per individuare un sindaco dice: «Noi non vogliamo né uomini che non siano coraggiosi, né mezzi uomini, né uomini che sono innamorati di altri uomini. A noi piace l’idea di mettere in campo uomini che siano innamorati di donne, che amino il rapporto di coppia e che individuano nel rapporto di un matrimonio un uomo ed una donna. Quando faccio questo tipo di parallelo voglio dire che noi vogliamo uomini che siano innamorati della città». La bagarre disgustosa, la legge porcata, anni spesi inutilmente per arrivare a una legge che meglio non è, in nome del finto mito della governabilità e della conservazione della specie e che porta inevitabilmente a pensare come si potrà votare e, per molti, chi.
Votare, in sé è un’operazione semplice: carta e matita copiativa, una scatola e un cerimoniale piuttosto obsoleto, ma che resiste. Il voto è immateriale e si smaterializza da subito, cioè dopo che hai depositato la scheda nell’urna, 90 volte su 100 pensi che non andrà a finire bene, che non servirà forse a nulla e comunque che non hai potuto indicare altro se non un’adesione a cose che altri hanno deciso e che non sono nemmeno così capaci di garantirti coerenza sulle cose che hanno scritto.
Cosa ci rimane, allora. Sbuffo fuori quattro tiri di sigaretta e dopo un giro veloce di pensiero, ma circoscritto nei quattro tiri e conseguenti sbuffi, l’unica immagine che mi resta è, appunto, il fumo che se ne va in aria.
Se questo è il Palazzo, e lo è, ci vorrebbe una alternativa. In realtà ci resterebbe di puntare i piedi, organizzare e promuovere. Oppure, semplicemente, possiamo adottare un comportamento di vita o professionale per ribadire il nostro impegno, la nostra coerenza e perché no, simpatica sobrietà. Per fortuna è politica anche quella. Ma dai comportamenti, dall’etica verrebbe quasi da dire, prima o poi si dovrà costruire qualche cosa di sano, di coerente, immune non alla nobile arte del compromesso, ma al mercato delle vacche, al senso di superiorità, con un entusiasmo pari solo alla difficoltà che avremo a ricostruire un tessuto sociale distrutto, dove chi dice cultura viene guardato con sospetto, ritenuto uno snob.
Di invettive grilline, di schiaffi alla Dambruoso, un vero signore, dei macho alla Scopelliti, di fellatio e quant’altro non ne ho parlato? Siete proprio sicuri? Allora ricominciate a leggere dall’inizio. Perché l’unica certezza, non speranza, è che prima o poi si riesca a fare tabula rasa del vecchio e del presunto nuovo, che puzza a marcio.