A proposito di Davis

A proposito di Davis, di Joel e Ethan Cohen, con Ocar Isaac, Carey Mulligan, Justin Timberlake, John Goodman, Garrett Hedlund. Gran premio della Giuria al Festival di Cannes.

In uscita il 6 febbraio

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di Irene Merli

 

New York, 1961. C’era una volta il Greenwich Village, oggi tempio dei turisti e delle appassionate di Sex and the city, ma allora capitale indiscussa della musica folk piu genuina, il posto dove arrivò anche Bob Dylan e cambio’ tutto. Questo film inizia un po’ prima di quel boom, quando chi suonava il folk veniva con una chitarra dai sobborghi operai della città’ in cerca di una vita diversa da quella dei padri.

Llewin Davis è uno di loro, un musicista che ogni giorno cambia casa e divano perché dorme da amici, non ha un soldo e neppure un cappotto nel gelido inverno di New York (si riveda la copertina di The Freewheelin) . Davis è rimasto solo. Suonava in un duo ma il suo partner si è buttato da un ponte, ha registrato un disco che non compra quasi nessuno e ha anche messo incinta la moglie di un altro musicista, uno degli amici da cui dorme.

La sfortuna sembra perseguitarlo mentre viene e va cercando di arrabbattarsi, ma in buona parte quello che gli capita se lo cerca. Davis, come molti della sua generazione, aspira alla purezza artistica e non vuole vendere tanti dischi, il suo rapporto  con il successo è conflittuale e sta iniziando ad avere una tendenza all’autodistruzione.

L’unica consolazione di tanta solitudine  potrebbe essere un indimenticabile gatto rosso, che gli si appiccica alle gambe in una mattina post sbronza, per poi scappare da uno degli appartamenti non suoi. Ma il gattone guarda caso si chiama Ulisse e saprà ritrovare la strada di casa da solo.

 

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Girato con un’atmosfera e una fotografia da mezze stagioni, intonate alla filosofia del personaggio, A proposito di Davis è una ballata comica e struggente su uno dei looser più belli della filmografia dei Coen, che assomiglia a Barton Fink e al protagonista di A serious man, Larry Gopnik.

E’ la storia circolare di una settimana della vita di un antieroe che si trova a un bivio, e ha il suo cuore in una scena rivelatrice. Sul palco in penombra di un club di Chicago, seduto su uno sgabello e senz’altro appiglio che la sua chitarra, Davis canta una ballata per un  produttore che potrebbe cambiare le sue sorti. Noi proviamo un’emozione intensa, ma alla fine della canzone il boss guarda negli occhi il suo giovane interlocutore e sentenzia: “Con questa roba non si fanno i soldi”. Una frase che la dice tutta sull’arte, l’industria e quel che ne pensano i due registi.

 

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Davis, da parte sua, non sembra stupito. Lo sapeva, si aspettava questa risposta, prende la sua chitarra e torna al Greenwich a dormire da un divano all’altro. Non sarà lui a cambiare la musica folk. Mentre un uomo in giacca e cravatta lo pesta fuori da un locale, in un vicolo (è immagine da cui i Coen sono partiti per scrivere il film), dentro sta suonando un ragazzino dalla voce nasale con un nome lungo, Robert Allen Zimmerman…e una carriera che da lì in poi sarà lunghissima. Già, Llewin Davis ha sbagliato luogo e tempi per poco, come capita appunto ai malinconici perdenti.

 

P.s. A proposito di Davis è tratto in parte dal memoir del cantante folk Dave Van Rock, Manhattan Folk Story, edito dalla Bur Rizzoli, e la colonna sonora è già disponibile nei negozi discografici ( distribuita da Nonesuch) e online.

 

 



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