#GeziPark

Coordinate di una rivolta

di Christian Elia

6 febbraio 2014 – Giugno dello scorso anno, a Istanbul e in molte altre città della Turchia, è esplosa la rabbia. La narrazione che, per anni, è stata fatta del Paese era quasi univoca: la Turchia di Erdogan, quella del miracolo economico, quella dell’orgoglio islamista, quella nel neottomanesimo in politica estera.

Mancavano pezzi, molti pezzi. Li abbiamo ritrovati, di colpo, d’improvviso, attorno a un piccolo parco. Il parco Gezi, appunto, vicino piazza Taksim. Un libro, oggi, tra i più interessanti letti sulla vicenda, ricostruisce le fitte trame di una protesta che è stata molto di più. #GeziPark – Coordinate di una rivolta, Alegre editore, è una raccolta di saggi, lucidi e interessanti.

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Fazila Mat, corrispondente di Osservatorio Balcani Caucaso da Istanbul e giornalista freelance, ricostruisce quei giorni rabbiosi, dalla fine di maggio a metà giugno, mentre il ricercatore Fabio Salomoni si occupa di un’analisi profonda delle varie anime della piazza. Lea Nocera, ricercatrice a Napoli, rende un quadro chiaro del contesto che ha portato a Gezi, passando per i contributi di Moira Bernardoni  sulla riconquista dello spazio urbano e Piero Maestri e Fabio Ruggiero che tentano, nel saggio meno solido, un parallelo tra Gezi e le proteste in Brasile, Usa, Medio Oriente.

Un testo prezioso, che aiuta in primo luogo a uscire da una dicotomia (come spesso accade) errata: i laicisti contro gli islamisti. Gezi è stato, e continua a essere, perché il movimento nato da quell’esperienza di lotta non è affatto esaurito, ha visto fianco a fianco religiosi, ultras del calcio, partiti e sindacati, movimenti per i beni comuni, studenti, operai, minoranze religiose.

Un movimento che ha tentato, con i mezzi del presente, di contare e di decidere. Un gruppo di cittadini, che vogliono smettere di essere sudditi. Di un sistema parlamentare che in Turchia come altrove mostra ormai la sua stanchezza. Passare dalla rappresentanza alla partecipazione, riconcepire lo spazio urbano come spazio pubblico, riconquistato alla speculazione edilizia, all’utilizzo politico delle città, per riportare la cittadinanza a un ruolo attivo e decisivo.

Un libro che racconta, tra l’altro, la durissima repressione che questi cittadini hanno pagato in prima persona. Una repressione che si abbatte brutale anche sui media indipendenti, costringendo quelli complici ad aprire gli occhi. Una repressione che non riguarda solo gli attivisti turchi, ma riguarda tutti noi.

Perché, come dice David Harvey, “la prossima rivoluzione sarà urbana, o non sarà”. Questo insegna Gezi, questo ha da raccontare l’esperienza della Turchia. La partecipazione è la prossima frontiera, da recuperare, da riconquistare. Tutti assieme.



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