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Sono passati almeno 10 anni dall’uscita di ognuno dei film che rivisiteremo in questo spazio, eppure, nel bene o nel male, nulla pare essere cambiato. Pare che le tematiche siano più attuali del previsto. Dunque, si ripropongono, proprio come i peperoni. Speriamo solo di digerirli il prima possibile. [/note]
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/07/Schermata-2013-07-12-alle-14.20.02.png[/author_image] [author_info]Alice Bellini. Scrittrice, si laurea in cinematografia tra Londra e New York. Non è una critica di nulla, ma le piace dire la sua, sapendo che, comunque, la risposta a tutto è inevitabilmente 42.[/author_info] [/author]
12 febbraio 2014 – “Voglio essere un grande, enorme, gigantesco elefante”. Lo dice Clementine mentre Joel la sta cancellando.
Eternal sunshine of the spotless mind (mi rifiuto di chiamarlo con il suo scandaloso titolo Italiano), che compie i suoi dieci anni proprio quest’anno, è la perfetta sintesi di due poeti del grande schermo, due surrealisti inarrivabili, che hanno riscritto la storia del sogno e dell’improbabile al cinema: Michel Gondry e Charlie Kaufman. Un’unione a dir poco perfetta. L’uno senza l’altro non saranno più la stessa cosa.
La potenza visiva di questo capolavoro moderno è oggettivamente indiscutibile. La trama è magistralmente orchestrata, senza lasciare nulla al caso, anzi. Ad ogni nuova visione, lo spettatore scoverà un particolare, un gesto, una parola, un’atmosfera, una sensazione sapientemente celata, che timida s’affaccia al gioco delle associazioni, più o meno libere, che infiammano la scintilla di sensazioni che si credevano perdute, ricordi che non si credeva di avere, di momenti inconsapevolmente vissuti, eppure ancora così vividi.
Questa pellicola mozzafiato tenta di dare la sua risposta a un quesito troppo personale per essere reso oggettivo: in nome di un presente troppo doloroso, cancellereste mai il passato, per smettere di ricordare e, dunque, smettere di soffrire?
Ognuno opta per la sua personalissima scelta, ma quello che viene veramente da chiedersi è se il passato si possa davvero cancellare. Se basta non ricordare, per cancellare. O se è proprio quello stesso ricordare a rappresentare l’unico vero modo per cancellare il passato, non nel senso di eliminarlo, ma nel senso di fare ammenda e dimostrare di aver imparato dai propri errori.
Dicono che gli elefanti si ricordino tutto. Date le loro gigantesche proporzioni e la grande somiglianza ai loro ancestrali progenitori, è un po’ come se fossero la memoria del mondo, come se risuonassero di tutta la storia che ha attraversato questa povera Terra. Il fatto che li stiano sterminando senza pietà è una metafora a dir poco eloquente.
Come Clementine che decide di cancellare Joel e Joel che decide di cancellare Clementine, illudendosi che questo possa bastare ad annullare una storia d’inevitabile amore, a vanificare una vita, ad eliminare un volto, un gesto, un attimo, una parola. Un’infanzia, una colpa, un errore, una storia, una civiltà, un mondo. Perché quando la mente è smemorata è ignorante e quando è ignorante allora eternamente scintilla. E senza più desideri e senza più preghiere, ogni desiderio e ogni preghiera sono esauditi.
Ma alla fine, davanti alla vuotezza della propria vita, davanti alla vuotezza del proprio presente, l’unica cosa che si finisce per volere veramente è quella di aspettare un attimo, anche solo uno, e diventare dei grandi, enormi, giganteschi elefanti. Per non dimenticare mai. Per non dimenticarsi mai.
Perché l’unico modo per cancellare il passato, dopotutto, è cambiare il presente. Cambiare la propria attitudine. Cambiare il proprio cuore, come dicono gli inglesi: cominciare ad amare. Così, ancora una volta come ogni altra volta, è solo una questione di scelte, di angolazioni da cui guardare la vita, di ciò che si preferisce ricordare e di quello che invece vogliamo far finta di non sapere e di non avere mai vissuto. Falsando il nostro precario presente, mentre facciamo finta di essere tanti Highlander senza passato. E il futuro non potrà essere da meno.
Qualche giorno fa è stata pubblicata la prima foto che Curiosità ha scattato da Marte al pianeta Terra. È un puntino minuscolo, perso nell’immensità di un universo inarrivabilmente infinito. E tutto quello che viene da chiedersi è: sul serio pensiamo di essere così centrali?
Eppure, rinnegando ormai senza ritegno le proprie origini minuscole e bestiali, identiche a quelle del più insignificante batterio, la popolazione megalomane ed egocentrica che popola questa sfera così minuscola continua a sterminare senza ritegno tutti i suoi elefanti. Mi chiedo se un giorno, nella posta, troveremo tutti un plico che ci svelerà che le cose sono diverse da quelle che pensiamo e che gli elefanti non sono esseri fantastici, nati dalle favole, ma monumenti di memoria che noi stessi abbiamo cancellato, insieme a tutto il resto, in nome di avori che da Marte neanche si vedono.